Se pensiamo al Natale

Domenica, 24 Dicembre, 2017

Natale 2017 sarà un Natale come gli altri. Questo giorno ricorda un avvenimento storico, che non muta nel tempo: la nascita di Gesù di Nazareth e, per chi crede, l’incarnazione del figlio di Dio.

Ciò che invece oggi registra un cambiamento notevole, è la percezione di questo fatto nella vita delle persone. Come è vissuto il Natale nella nostra società secolarizzata? Non è stato cancellato, né rimosso; anzi il mercato e la pubblicità l’annunciano con largo anticipo. Ma a ben vedere, per tanti, questo giorno è come se fosse svuotato del suo significato. È come se fosse una festa tra tante altre, un’occasione in più per spendere, per fare acquisti e regali. E ciò non è vero solo per quanti sono dichiaratamente estranei alla fede, o se ne sono allontanati pur conservandone una lontana radice. Purtroppo è vero, almeno in parte, per ciascuno di noi. È un dato di fatto la secolarizzazione non risparmia nessuno, contagia tutti.

IL NATALE RIMOSSO

La scomparsa del sacro preoccupa e non soltanto gli uomini di fede. Il Financial Times, nel presentare la mostra al British Museum “Living with gods”, mostra che racconta 40 mila anni di storia dell’umanità attraverso gli oggetti religiosi, ne parla come dell’“ultimo tentativo di mostrare a una società secolarizzata la profondità e la ricchezza di tutto quello di cui si sta sbarazzando”.

Massimo Cacciari, in un’intervista, denuncia come oggi “l'indifferenza regna sovrana e avvolge un po' tutti: i laici e i cattolici” e come lo stesso Natale sia stato in qualche modo rimosso anche dai cristiani: “la scuola che abolisce il presepe nel segno del politicamente corretto, il parroco che ha paura di celebrare la messa di mezzanotte, la comunità che rinuncia ai canti tradizionali per non urtare l'altrui sensibilità”, e conclude: “Sono i cristiani i primi ad aver abolito il Natale”. Parole paradossali ma che rendono l’idea di come, anche sul piano culturale, il Natale rischia di non avere più il peso avuto nella storia della civiltà: “La nostra società è anestetizzata, il Natale è diventato una favoletta, una specie di raccontino edificante che spegne le inquietudini”, scrive Cacciari mettendo a tema la necessità, per ogni civiltà, di coltivare al suo interno la dimensione spirituale e religiosa.

Il problema, lo sappiamo, non è solo culturale; la religione cristiana non va difesa solo perché contiene le radici della civiltà occidentale, questo argomento, anzi, si presta ad un uso strumentale. Il Natale infatti ci parla di un Dio che ama la terra, che è sceso dal cielo per amore di tutti gli essere umani e si fa trovare da chiunque lo cerca e lo invoca. Non si può usare il mistero cristiano per alzare steccati, per difendere la civiltà occidentale: come se la nostra fede non fosse nata ad Oriente e, più ancora, come se la luce del Natale non illuminasse tutto il mondo in cui viviamo, chiedendoci di cambiare la sua ingiustizia globale, l’intolleranza verso i poveri e gli stranieri.

È tema attualissimo: anche di fronte alle tante paure, le religioni non possono essere usate per contrapporle tra loro, va invece promosso il dialogo interreligioso.

PER UN NATALE CRISTIANO

Ciò che tiene viva la religione è la fede; la fede viva. Tanti frequentano la chiesa, partecipano alla liturgia domenicale; dovremmo partire di lì, vivendo e animando una liturgia capace di rendere presente il festeggiato: il Cristo. La liturgia attua “l’opera della nostra redenzione”; apre il cuore verso il vero bene.

Sappiamo dal Concilio che la liturgia «mentre ogni giorno edifica quelli che sono nella Chiesa per farne un tempio santo nel Signore, un'abitazione di Dio nello Spirito, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo, nello stesso tempo (…) fortifica le loro energie perché possano predicare il Cristo» (SC 2). Una liturgia che tocca in profondo la nostra vita e, insieme, fonda l’azione missionaria.

Credere, in fondo, è un gesto semplice, un gesto che matura nel cuore e ci fa riconoscere Gesù come Signore, ricco di amore verso tutti. Nella fede che nasce dall’amore cambia anche lo sguardo verso il mondo e verso chi lo abita: “se il tuo occhio è semplice anche il tuo corpo è tutto nella luce” (Mt 6,22). Il Natale ci richiama a questa semplicità e ci chiede di interrogarci su cosa manca alla nostra vita, così come ci chiede di cercare e invocare il Signore.

Dovremo tornare alla semplicità di Francesco d’Assisi, che prende l’iniziativa a Greccio di rappresentare il Natale: un modo per rendere presente nella vita delle persone quel fatto storico ormai lontano. Sa che quella nascita è attesa. È la nostra stessa vita che cerca, non sempre in modo consapevole. Con il presepe, Francesco ha saputo parlare all’umanità del suo tempo di un Dio che viene a noi per la nostra gioia e per una gioia piena (Cfr. 1Gv 1,1-3).

Di quella nascita c’è un grande bisogno, anche in questo tempo, nella società, e prima ancora, nella vita di ciascuno di noi.

Santo Natale 2017

“Signore, non ti chiedo di avere quello che gli altri hanno; essi non sanno il caldo lume di questa povertà.

Nulla è il loro possesso di fronte alla nostra pena d’esser spogli”.

Davide M. Turoldo

Con i più cari auguri per il prossimo Natale e il nuovo anno!