L’onda di Greta Thunberg e dei suoi fratelli e delle sue sorelle di mezzo mondo torna e s’irrobustisce anche in Italia, coinvolgendo adolescenti e giovani, ma anche adulti accomunati dalla preoccupazione per le sorti della casa comune. Un’onda forte, carica di senso e significato che si gonfia dal basso, portando la questione climatica a una dimensione popolare e di significativo dibattito pubblico. Nelle maglie di questo movimento è possibile scorgere alcuni elementi importanti di riflessione. Un primo aspetto, controcorrente rispetto a una indifferenza generalizzata degli ultimi anni, che acquista un senso politico alquanto nobile, è la voglia di manifestare, di scendere in piazza, di tornare a quel 'volantinaggio' tipico di certi anni recenti, ma questa volta non per vendere prodotti o invitare ad ammiccanti party, ma per convocare, spronare a un impegno e inchiodare a responsabilità. Il secondo aspetto è che siamo di fronte a un movimento che nasce e si alimenta attraverso le nuove generazioni, che sensibilmente riflettono sul 'futuro': una parola che sfugge a troppa politica, impaurisce tanti adulti, ma che adolescenti e giovani affrontano a viso aperto. Il terzo aspetto è il luogo dove questa sensibilità sembra maturare: la scuola per nulla indifferente al fenomeno e anzi attenta ad una educazione ambientale e sostenibile. E non potrebbe essere altrimenti se è vero, come dovrebbe, che a scuola si scrive il futuro ma si è anche pienamente dentro la realtà. La scuola luogo/tempo presente, complesso e potenzialmente entusiasmante, grande istituzione che può proporsi come snodo educativo ed edificativo di una coscienza ecologica che superi il momento della manifestazione, dello sciopero, della protesta e sostenga i ragazzi nell’interrogarsi criticamente, in maniera sistematica, sull’incidenza dei propri stili di vita sull’inquinamento e sui cambiamenti climatici e renda questa coscienza credibile e condivisibile. In altri termini un accompagnamento a un esame critico dei propri comportamenti che riguardano tanto adulti che giovani e giovanissimi: uso smodato delle tecnologie, spreco di cibo, spreco di acqua, eccessivo utilizzo di mezzi privati… solo piccoli e pochi esempi per capire quanto responsabilità ci sia nelle azioni quotidiane di ciascuno. È ovviamente inimmaginabile che ciò possa avvenire solo nella scuola, sarebbe ingiusto caricarla di responsabilità e di un eccesso di delega rispetto a quelli che sono i doveri dei genitori: educazione e istruzione viaggiano di pari passo, scuola e famiglia insieme corresponsabili per un progetto educativo comune. E con accanto la Chiesa, impegnata con non mai da papa Francesco con la Laudato si’ a offrire orizzonte e anima a tale sforzo.
Non sembri questo un ritornello retorico vista la supplenza che sin troppe volte la scuola, nonostante limiti infrastrutturali e strutturali (tante scuole italiane tanto sostenibili non sono), logistici, di personale, di organico si trova a operare nei confronti di genitori assenti, cercando di alleviare una dilagante povertà educativa e culturale che mina il diritto allo studio soprattutto delle fasce sociali più deboli. Quella dell’emergenza climatica, nell’ottica di una ecologia integrale, più di ogni altra può essere il terreno di confronto, di prova, di fruttuoso dialogo intergenerazionale. La scuola potrebbe essere il modello di quello che papa Francesco definisce nel lancio per il Patto educativo del 12 settembre 2019 'villaggio educativo'. «In un simile villaggio è più facile trovare la convergenza globale per un’educazione che sappia farsi portatrice di un’alleanza tra tutte le componenti della persona: tra lo studio e la vita; tra le generazioni; tra i docenti, gli studenti, le famiglie e la società civile con le sue espressioni intellettuali, scientifiche, artistiche, sportive, politiche, imprenditoriali e solidali. Un’alleanza tra gli abitanti della Terra e la 'casa comune', alla quale dobbiamo cura e rispetto …». Come creare questa alleanza? Con una conversione culturale da maturarsi all’interno delle istituzioni fondamentali, che aiutino a generare una coscienza politica e collettiva tale da trasformare sé stessi e le strutture nelle quali si vive.
Le manifestazioni di questi giorni avranno un senso nuovo e diverso se al grido di allarme si unirà l’azione responsabile, se uscendo dalla classe, chi ha manifestato in questi giorni la lascerà pulita accertandosi di aver ben differenziato, di aver spento le luci e tornerà a casa a piedi, prenderà un mezzo pubblico, chiederà ai genitori di non acquistare acqua in plastica, non getterà mozziconi di sigaretta a terra ecc. Se avremo rispettato quelle regole di sostenibilità umana ed ecologica a cui famiglie e scuola insieme reciprocamente si rieducano. Se gli studenti riconosceranno il valore della scuola come luogo di idee e di educazione e se adulti e docenti sapranno mettersi in discussione guardando negli occhi i propri figli e i propri alunni. E se insieme, noi adulti, sapremo fuggire ogni tentazione ideologica e strumentale che fenomeni del genere possono generare.