Nei giorni scorsi l’associazione è intervenuta con una nota affidata a Riccardo Saccenti (La dignità della persona e i diritti da tutelare: note laiche sul DDL Zan) il dibattito sul tema ha raccolto in queste settimane numerosi interventi che hanno messo in luce, per un verso la necessità dell’intervento legislativo e peraltro le imprecisioni e le ambiguità contenute nel testo. Lunedì è intervenuto sul tema il presidente della CEI, card. Bassetti, offrendo alcune semplici considerazioni di buon senso che mi paiono del tutto condivisibili. Non vi è dubbio che vadano difese le persone omosessuali; in secondo luogo si può dubitare della necessità di questo Disegno di Legge «perché c’è già tutta una legislazione sufficiente a tutelare le persone contro le discriminazioni e le violenze»; in terzo luogo se il Disegno di Legge deve andare avanti approvando una legge specifica contro l’omofobia «il testo dev’essere scritto in modo semplice e chiaro. Così com’è ora, è un testo che si presta ad essere interpretato in varie maniere e può sfociare in altre tematiche che nulla hanno a che vedere con l’omofobia, gli insulti o le violenze».
Rispetto alle osservazioni di Bassetti e alla richiesta di un supplemento di esame del testo, il dibattito attorno al DDL appare avvitato in un’estenuata alternativa fra opposte rigidità, che spesso esula dal merito della legge e finisce per confondere rispetto alla strada prioritaria che dovrebbe essere percorsa. Trattandosi di un DDL, infatti, dovrebbe essere cosa normale per il Parlamento discutere, mediare, emendare ed approvare, con la maggioranza più larga possibile, il testo modificato. Non è forse questo il senso del procedimento legislativo? Se invece ci si vuole attardare in discussioni spesso senza capo ne cosa, che riducono la politica al livello del talk show, si dovrebbe comprendere che in tal modo non solo non si risolveranno i problemi ma si aumenteranno le divisioni. Dispiace che partiti di una certa consistenza e tradizione non colgano l’occasione per mettere in campo una proposta che sia di “mediazione”: dove questo termine non significa compromesso ma capacità di costruire attorno al punto medio dei diritti e della cura della dignità della persona politiche efficaci che mobilitino le energie della società. Rispetto a questo, che è il compito della politica in una democrazia, si preferisce lo schierarsi dietro posizioni qualificate con un “senza se e senza ma”, ulteriore segno di una deriva tardo-ideologica che porta a sostituire una cultura politica con un sentire libertario. Chissà se a qualcuno è venuto il dubbio che anche questo percorso indebolisce l’identità di un partito e che nel caso specifico si finisce per “regalare” spazio politico a una destra che, al di là del merito, è ben contenta di cavalcare un’improbabile difesa dei valori.
di Ernesto Preziosi