Ripensare a Domenico Rosati, scomparso a 95 anni, significa soprattutto fare riferimento alle due fondamentali fedeltà che hanno guidato la sua intensa vita: il mondo del lavoro e il cattolicesimo italiano. Ricordando infatti (nel 1993) l’itinerario di un cinquantennio dell’associazionismo aclista, mediante il suo libro ‘L’incudine e la croce, mezzo secolo di ACLI’, citava una pubblicazione del 1956 (il ‘Libro del militante aclista’) in cui si leggeva che la meta delle Acli, “corrisponde a quella di tutto il movimento operaio…ma ciò che le specifica e che dà loro originale funzione è la particolare ideologia che fanno propria. Il genere prossimo è il movimento operaio, la qualificazione specifica è quella cristiana”. Queste due fedeltà, al movimento operaio - e, in generale ai problemi specifici del mondo del lavoro -, così come quella alla ‘qualificazione cristiana’ sono state le note fondanti la stessa vita quotidiana di Rosati, il quale, dopo la scomparsa anzitempo del suo predecessore alla presidenza aclista - Marino Carboni – ne aveva assunto la responsabilità apicale dal 1976 ricostruendo un cammino che negli anni precedenti era stato particolarmente difficoltoso e contraddittorio, in quanto l’Associazione, sganciandosi dal collateralismo con la DC agli inizi degli anni ’70, correva però il rischio di cadere in un altro collateralismo più o meno condiviso, come nel periodo della cosiddetta ‘scelta socialista’ con il conseguente ritiro degli assistenti ecclesiastici da parte della Santa Sede, ma anche con le diverse scissioni alla sua ‘destra’ dopo gli esperimenti politici di Labor (con l’Acpol prima, e l’MPL poi), dopo che questi aveva lasciato la presidenza a Gabaglio. Rosati seppe ‘ricucire’ lo strappo anche con la Gerarchia, con intelligenza e progressività e specialmente recuperare all’Associazione dei lavoratori, ulteriori adesioni militanti entrando decisamente negli specifici e urgenti problemi del mondo del lavoro e assistendo anche ad una crescita oltre che culturale, di nuovi iscritti e nella condivisione delle attività dei sindacati che proprio in questo periodo avranno un forte seguito non solo operaio ma nella attenzione dell’opinione pubblica generale per le loro rivendicazioni non solo salariali, ma soprattutto dei diritti della società civile. Ed in questa prospettiva operò Domenico Rosati con le sue ACLI, anche con la collaborazione nella Pastorale sociale e del lavoro della CEI. Il lavoro costante e certamente faticoso di Rosati e del suo staff apicale in undici anni di presidenza ebbe un riconoscimento unanime sul piano di una rivitalizzazione anche organizzativa dei circoli acli. Rosati non abdicò mai alla sua laicità cristiana e questa caratteristica del suo essere ed agire da credente, sarà sempre costante, in particolare nel periodo in cui esercitò, con grande lucidità di pensiero, il suo impegno politico, nel tempo in cui operò in qualità di senatore della Repubblica, sia pur per una sola legislatura, sostenendo costantemente i diritti civili, la pace e, ovviamente il lavoro. Rosati ebbe sempre come riferimento, quasi una stella polare - le indicazioni conciliari e si rammaricava specialmente negli ultimi anni della sua lunga esistenza, per un certo stallo della cattolicità italiana, confidando apertamente una certa delusione verso una chiesa (degli anni ’90), che spesso aveva emarginato, anche con un certo astio, alcuni cattolici, ed in particolare i cattolici democratici, mentre altri, sembravano affidarsi acriticamente alle grandi adunate e al…pre-concilio, con un effettivo rigurgito di evidente clericalismo. Ma ecco la novità, che Rosati coglie con chiarezza: “con Francesco – come scrisse esattamente dieci anni fa – all’improvviso è venuta invece una spinta: uscire dal ristagno, mettersi in cammino, scoprire nuovi tracciati, progettare un ‘che fare’ che non fosse un ricalco ma una scoperta. E lo fosse sia per la missione della Chiesa sia per l’azione dei credenti nella città dell’uomo” (D. Rosati, ‘I cattolici e la politica. Potere e servizio nello spazio pubblico’, EDB, Bologna 2014). Rosati era un uomo di grande fede e di grande speranza.