A proposito della breccia di Porta Pia

20 settembre 2020. Da ieri Porta Pia a Roma, la Porta della storica Breccia, ha una nuova illuminazione... molto italiana.
Ne sono passati di anni da quell’episodio che determinò la fine dello Stato pontificio e una nuova Capitale per l’Italia unita. Un simbolo divisivo per lungo tempo, ma nel bilancio tirato dalla Chiesa dopo cento anni quell’episodio verrà considerato un fatto provvidenziale che, non solo non aveva impedito al Papa di esercitare il suo ministero, ma aveva aiutato la Chiesa, pur con un atto violento che andava contro il diritto internazionale, ad andare sempre più alla radice della sua presenza e a comprendersi e ad essere percepita non come potere terreno ma come “Luce per le genti”, come dirà il Vaticano II.
Alllora tutto a posto? Direi di no. A fronte di un atteggiamento di rispetto e di ascolto della Chiesa, forme di laicismo sopravvivono talvolta folcloristiche e scomposte, in altri casi meno percepibili ma per questo più pericolose. Non abbiamo più un anticlericalismo becero, ma si diffondono sui social dottrine, in apparenza aperte e volte a tutelare diritti, spesso espressione di forme ideologiche riduttive della persona umana. Un laicismo nuovo, che si copre dietro affermazioni che vorrebbero essere scientifiche ma che tali non sono e con cui non è facile dialogare. Un laicismo che in sostanza vorrebbe ridurre la fede a fatto privato e la religione a religione di stato.
Di contro, la verità riconosciuta da Paolo VI, il senso profondo di quel fatto storico e la visione conciliare del rapporto chiesa-mondo non sono sempre condivisi e vissuti. Risorgono forme di intransigentismo inspiegabili in questo contesto storico e c’è chi è portato a considerare la Chiesa come una realtà (un potere?) tra gli altri, che pertanto dovrebbe trattare per ottenere qualcosa su determinati temi.
Argomenti appena accennati, ma che meritano la nostra attenzione.
Il tricolore su Porta Pia ci ricorda che ancora c’è parecchio cammino da fare, come cittadini e come credenti.
Di Ernesto Preziosi