Primo Maggio: la questione salariale in Italia resta un tema aperto

Giovedì, 1 Maggio, 2025

Secondo l’ultimo rapporto ISTAT, nel 2024 il 23,1% della popolazione italiana è a rischio di povertà o esclusione sociale, con un lavoratore su dieci in condizione di povertà lavorativa, mentre negli ultimi 10 anni i lavoratori in povertà relativa lavoratori a bassa retribuzione sono aumentati del 55%, passando dal 4,9% al 7,6% sul totale occupazionale, secondo una ricerca dell’IREF, l’Istituto di ricerca delle Aclirealizzata grazie ai dati di circa 800 mila dichiarazioni anonime dei redditi fornite dal CafAcli. È assodato che il lavoro povero aumenta le diseguaglianze di genere, territoriali e intergenerazionali.

I dati della ricerca IREF evidenziano che la diseguaglianza retributiva e i lavori a basso reddito sono due fenomeni strettamente correlati, con una tendenza in crescita negli ultimi 15 anni. Allo stesso tempo, i dati evidenziano ancora un’elevata disuguaglianza salariale di genere, laddove le donne con lavoro a basso reddito sono il 54% in più rispetto agli uomini. D’altronde, le diseguagliane, oltre che di genere, sono anche tra le generazioni, laddove gli under 30 con un lavoro povero sono il 70% in più rispetto agli under 50. Inoltre, resta un forte divario tra Nord e Sud anche a livello di salario: per esempio, la probabilità di firmare un contratto a bassa retribuzione in Basilicata è tre volte più alta che firmarlo in Lombardia; allo stesso modo, questa differenza può diventare ancora più significativa se da un’area urbana ci si sposta verso le aree interne.

Il Direttore Scientifico dell’IREF, Gianfranco Zucca, ribadisce che «i dati che abbiamo analizzato mettono in luce disuguaglianze economiche e sociali che attraversano il Paese, riflettendo una realtà che riguarda non solo il livello di reddito ma anche l’accesso a servizi fondamentali come la sanità, i trasporti, l’istruzione». Non a caso, «le spese sanitarie dei lavoratori più ricchi del nostro campioni sono quasi il doppio rispetto a quelli che si avvicinano alla soglia di povertà relativa di bassa retribuzione nel lavoro e questo significa che la sanità è universale solo per una fetta della popolazione».

Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, osserva che sebbene «si registrano oggi, in questo periodo, segnali incoraggianti sui livelli di occupazione, permangono, d’altro lato, aspetti di preoccupazione sui livelli salariali, come segnalano i dati statistici e anche l’ultimo Rapporto mondiale 2024-2025 dell’Organizzazione internazionale del lavoro». Infatti, tale rapporto delinea un’Italia che «si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo, con salari reali inferiori a quelli del 2008», nonostante lripresa in corso dal 2024 e la crescita della produttività dal 2022. Infatti, egli ricorda «come le questioni salariali siano fondamentali per ridurre le disuguaglianze, per un equo godimento dei frutti offerti dall’innovazione, dal progresso», laddove «salari inadeguati sono un grande problema, una grande questione per l’Italia».

I vescovi italiani, poinel loro messaggio per la Festa dei Lavoratori del 1° maggio 2025, ricordano che «se il dato statistico sulla disoccupazione, in forte calo, potrebbe spingere all’ottimismo, sappiamo invece che dietro persone formalmente occupate c’è un lavoro povero». Però, essi osservano che «esistono tuttavia segni di speranza da alimentare per essere generativi e per far nascere e promuovere lavoro degno ma, come sempre, essi richiedono la nostra partecipazione attiva per proseguire l’opera della Creazione»Tra questi, «un segno di speranza è il riconoscimento nei contratti di lavoro nazionali dell’importanza della formazione permanente e della riqualificazione durante gli anni di lavoro», laddove è necessario valorizzare «lo strumento degli stessi contratti per impiegare le risorse a disposizione anche in forme di welfare e di assicurazione attenti alle emergenze sanitarie e familiari»Un altro segno di speranza risiede nella «creazione di relazioni virtuose tra datori di lavoro e lavoratori, dove il dialogo, la riconoscenza, i meccanismi di partecipazione, alimentano fiducia e cooperazione mettendo in moto le motivazioni più profonde della persona e facendo crescere la forza dell’impresa e la qualità del lavoro»

Infatti, «come Chiesa abbiamo sentito, in questi anni, la responsabilità di impegnarci su questo fronte, non solo assicurando vicinanza e conforto a chi è in difficoltà, ma contribuendo a creare “un’alleanza sociale per la speranza che sia inclusiva e non ideologica” (Spes non confundit, 9)». Del resto, è opportuno fare appello alla responsabilità di ciascuno di noi, perché «l’economia e le leggi di mercato non devono passare sopra le nostre teste lasciandoci impotenti»Difatti, «il mercato siamo noi: sia quando siamo imprenditori e lavoratori, sia quando promuoviamo e viviamo un consumo critico».

Una bella iniziativa è quella che sta mettendo in campo l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) con l’avvio di un progetto nazionale dedicato ai giovani tra i 18 e i 34 anni che, attraverso un portale dedicato e una sezione specifica dell’app, potranno accedere a servizi su misura, tutorial, guide e strumenti per orientarsi tra le opportunità previste, nel solco della collaborazione dell’INPS con il Ministero del Lavoro nella gestione della piattaforma SIISL, per garantire un matching efficace tra domanda e offerta di lavoro.

Secondo Gabriele FavaPresidente dell’INPS, «il Primo Maggio non è solo un anniversario, ma un’occasione per riaffermare con forza il valore fondativo del lavoro nella nostra società, il momento in cui le istituzioni devono ricordare, con gesti concreti, che sono al fianco di chi lavora, di chi cerca un’occasione, di chi fatica a rialzarsi»D’altronde, «con il modello del welfare generativo stiamo ricostruendo un legame diretto tra cittadini e servizi: ogni persona deve riconoscersi nelle tutele che riceve, ogni lavoratore deve sentire che lo Stato lo vede e lo ascolta».Nella convinzione che «il futuro si costruisce includendo, accompagnare i giovani significa scommettere sulla loro autonomia, sulla loro possibilità di progettare una vita piena, libera, fondata sul lavoro»Del resto, «l’unica strada possibile è allargare la base occupazionale: più persone al lavoro significa più forza, più coesione, più speranza».