L'autosospensione dell'on. Lotti

L’autosospensione decisa dall’on. Lotti in relazione al suo coinvolgimento nella vicenda del CSM segna un passaggio certamente drammatico, per i toni aspramente polemici che l’hanno accompagnata, ma al tempo stesso rappresenta un primo gesto di chiarezza che permette di esprimere una valutazione politica. È infatti quest’ultimo, il piano politico, quello che fino ad ora è mancato e che al contrario rappresenta lo spazio nel quale si deve leggere, comprendere e risolvere un complesso di pratiche, scelte e rapporti che toccano istituzioni cruciali per il funzionamento della nostra democrazia repubblicana. 

Quello che più preoccupa non è la pur grave presenza, là dove venga accertata, di casi di corruzione e violazione delle leggi. Il vulnus che questa vicenda determina risiede infatti nella constatazione dell’esistenza di una prassi di gestione dell’ordinario funzionamento del CSM che unisce l’assenza di qualsiasi valutazione dei meriti, delle competenze e delle capacità dei magistrati ad una completa insensibilità istituzionale. Il quadro che emerge, come ricordato anche dal procuratore generale della Cassazione, dimostra una preoccupante immaturità sul piano della responsabilità pubblica da parte di chi, politici o magistrati, dovrebbe sempre ricordare che il servizio nelle istituzioni comporta l’accettazione di limiti e prassi di comportamento che sono sostanziali perché da essi dipende la tutela delle libertà di tutti i cittadini.

Il Presidente della Repubblica, che si conferma punto di riferimento qualificato del sistema istituzionale, con le sue scelte, volte a salvaguardare la tenuta delle istituzioni repubblicane, richiama anche la politica alla sua responsabilità. Essa deve farsi carico, nelle sedi legislative, di una riforma del funzionamento del CSM che lo restituisca pienamente alla sua funzione di garante dell’indipendenza della magistratura e dunque di essenziale parte del sistema di garanzie costituzionali della Repubblica. Esistono già una serie di proposte, elaborate anche dal PD, che vanno in questa direzione e che sono un’utile base di partenza, sapendo che nella scelta non va sminuita l’importanza dei meriti dei magistrati. Partendo di qui occorre che il Parlamento e le forze politiche in esso rappresentate recuperino la loro funzione e aiutino la magistratura italiana a riguadagnare quella trasparenza che è essenziale per l’alto compito cui è chiamata.