La situazione creatasi oggi in Parlamento - con il tentativo della maggioranza parlamentare di imporre unilateralmente l'elezione di un giudice costituzionale, pur a fronte della necessità di raggiungere la maggioranza dei tre quinti - è questionabile anzitutto dal punto di vista della sua razionalità rispetto allo scopo. Non sanno fare i conti? Se sapevano di non avere i numeri, che risultato speravano di ottenere: davvero credono all'argomento per cui l'opposizione non ha un diritto di veto (o addirittura non deve salire sull'Aventino: evitiamo paragoni simili, please!), proprio su un atto - l'elezione dei giudici costituzionali - sul quale la maggioranza qualificata le riconosce tale potere?
Inoltre: anche ammesso che si possa riconoscere al centro-destra una legittima aspettativa a indicare il nome di un giudice costituzionale, davvero si può pensare che lo si possa imporre con un pugno sul tavolo? Ci sono precedenti - anche assai illustri, a cominciare dalle candidature comuniste di Vezio Crisafulli e Lelio Basso - che dimostrano che ciò non ha mai funzionato, neanche quando fu l'opposizione a giocare su candidature secche.
Non entro nel merito della candidatura specifica, anche perché conosco (e stimo intellettualmente, anche se un po' meno accademicamente e politicamente) il candidato, ma davvero si può pensare che il consigliere giuridico della presidente del Consiglio - chiamato ad essere necessariamente di parte al massimo possibile - non possa sollevare legittime obiezioni da parte di chi non fa parte della maggioranza?
Detto tutto ciò - ovvero: il centro-destra dovrebbe ripassare l'abc della prassi costituzionale - mi paiono evidenti due cose.
La prima è che il centro-destra vanta una legittima aspettativa ad un riequilibrio dei rapporti tra posizioni culturali e politiche all'interno della Corte, muovendo dall'idea che i giudici eletti dal Parlamento sono sempre stati politicamente targati. Del resto, i tre giudici eletti nel 2015 dal Parlamento - e in scadenza a dicembre - erano stati scelti - tutti! - nel centro-sinistra allargato, così come la giudice che dovrebbe essere sostituita sin da ora (in una fase il cui il centro-destra era in piena disgregazione).
In secondo luogo occorre negoziare e un negoziato corretto dovrebbe tenere conto di questo dato. L'ideale sarebbe far emergere non solo una soluzione sui giudici da eleggere ora (saranno ben 4 prima di fine anno), ma una convenzione simile al 2 dc, 1 pci, 1 psi, 1 laici minori, che si era ad un certo punto stabilizzata nella repubblica dei partiti ante 1993. Magari tenendo anche conto che pure i cinque giudici nominati dal Presidente della Repubblica erano (sanamente, direi) lottizzati ai tempi della repubblica proporzionalistica, mentre oggi le scelte presidenziali sono guidate da criteri assai oscuri, anche se neppur lì è assente la politicità. Per non parlare di quelli scelti dai giudici supremi, in competizioni opache decise... a cena.
Una cosa, però, deve essere chiara: non ci sono vergini in questa partita, non ci sono super partes, non ci sono uomini (o donne) della Costituzione e basta, ma tutti hanno una storia culturale e almeno lato sensu politica e la Corte deve essere un mix equilibrato delle principali tendenze presenti nella società italiana. Sapendo una cosa: non esistono gli apolitici. ('Non voglio aver nulla a che fare con l'acqua', disse il pesce rosso - Era un perfetto apolitico)