Dalla difesa armata alla Difesa Popolare Nonviolenta - verso esperienze concrete

Mercoledì, 12 Aprile, 2023

Tutti siamo alla ricerca di alternative credibili alla guerra e ai conflitti armati; ma se siamo attaccati come possiamo reagire?

Anche chi sostiene la possibilità di utilizzare la nonviolenza nei conflitti fra le persone singole o per difendere i diritti all’interno di una comunità rimane perplesso di fronte alla proposta di usare la nonviolenza, la difesa civile non armata nelle lotte fra le nazioni, nelle guerre.

Eppure in passato questa forma di resistenza è stata usata anche durante i conflitti e anche nei confronti dell’occupazione nazista - giusto per fare un esempio.

Non solo ci sono esempi storici, ma sono stati fatti anche sforzi nella direzione di studi teorici su come prepararsi ad una difesa delle istituzioni e dei valori di una nazione con metodi nonviolenti.

Partendo dalla “tesina” su questo tema che avevo predisposto per l’esame di maturità al Liceo scientifico più di quaranta anni fà, ho redatto un breve saggio sulla Difesa Popolare Nonviolenta; ho integrato questo primo scritto con alcuni riferimenti alla pace e la nonviolenza nella dottrina sociale della chiesa cattolica; infine ho cercato di rendere attuale il tema anche per le generazioni di oggi con la descrizione della odierna situazione del servizio civile.

Per fare un ragionamento di lungo periodo sono partito da una analogia; la proposta nasce dalla osservazione di come si è evoluto  il percorso che le istituzioni ed i cittadini italiani hanno fanno nel campo della protezione civile: si è passati da un concezione in cui era lo stato a dover soccorrere le popolazioni alla situazione attuale in cui sono le istituzioni decentrate (regioni e comuni) le prime autorità di protezione civile; ad oggi non ci sono solo gli enti istituzionali ad effettuare sia il soccorso sia le azioni di prevenzione ma sono presenti e coinvolte dal punto di vista istituzionale anche le associazioni di volontariato; e si arriva fino al singolo cittadino che, imparando i corretti comportamenti da tenere preventivamente e durante gli eventi critici, è lui stesso  in grado di fronteggiare emergenze ed eventi calamitosi; visto che è difficile gestire un soccorso improvvisando cosa bisogna fare durante l’evento (il terremoto, l’alluvione....), occorre fare scelte per essere “pronti il giorno prima”; sulla base di questa pianificazione quindi il “sistema” della protezione civile è cresciuto, ha dato spazio alle autonomie locali (non è più un compito solo dello Stato ma anche i Presidenti delle Regioni ed i sindaci sono “autorità” di protezione civile), ha coinvolto i cittadini e le associazioni di volontariato.

Anche in tema di difesa cerchiamo di fare un passaggio di transizione - ma una transizione vera:  il significato corretto di questo temine è quello di “passaggio” da una condizione ad un’altra, (che è cosa diversa da “una via di mezzo fra una condizione ed un’altra”); per operare una transizione dobbiamo avere ben presente quale è l’obiettivo ultimo che vogliamo raggiungere e - con la consapevolezza che non possiamo ottenere immediatamente quel risultato - dobbiamo trovare le condizioni praticabili oggi per andare in direzione della meta individuata.

Partiamo da cosa è possibile fare già oggi cioè  un servizio civile volontario, aperto a tutti i giovani (uomini e donne); quello che non tutti sanno è che fare il servizio civile vuol dire proprio praticare la difesa nonviolenta; nel sito internet del Governo, alle pagine del Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale viene riportato cosa è ufficialmente in Italia il S.C.U.:

“Il Servizio civile universale è la scelta volontaria di dedicare alcuni mesi della propria vita al servizio di difesa, non armata e non violenta, della Patria, all’educazione, alla pace tra i popoli e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica italiana, attraverso azioni per le comunità e per il territorio.

Il Servizio civile universale rappresenta una importante occasione di formazione e di crescita personale e professionale per i giovani, che sono un’indispensabile e vitale risorsa per il progresso culturale, sociale ed economico del Paese.”

La strada è già aperta e percorribile; le associazioni di volontariato hanno una grande responsabilità, quella di dare gambe a questa opportunità, di costruire dal basso una rete che crede nel servizio e nella nonviolenza, che sviluppa gli studi teorici su questo tema, che fa formazione ai giovani, che sperimenta e addestra i cittadini a pensare a questo modo di risolvere i conflitti.

I giovani possono impegnarsi a percorrere questa strada; non pensiamo che occorra modificare le leggi o le istituzioni per vedere dei cambiamenti.

Volendo andare ancora di più nel concreto: perchè non cerchiamo di sperimentare - a livello locale - la costituzione di gruppi di persone formate, preparate o meglio addestrate a far funzionare questa forma di difesa? Può essere un modo per passare dagli slogan (se vuoi la pace prepara la pace) alla pratica.

 

Su questi temi potete trovare spunti di riflessione ed approfondimento nel testo “Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?” (libro ed e-book).