Per consentire alla politica di uscire dalla crisi, occorrono scelte serie, il più possibile condivise, superando la tentazione strumentale di colpi ad effetto.
Per questo la proposta, del Movimento 5stelle, di dimezzare l’indennità dei parlamentari e di ridurne ulteriormente la diaria, rischia di essere fuorviante rispetto il problema del costo della politica.
È giusto e opportuno, in una fase in cui la crisi economica ha impoverito estese fasce della popolazione, porre il problema dei costi della politica, intervenire in questo campo ha tra l’altro un valore simbolico, un ricondurre le istituzioni ad uno stile di sobrietà, un doveroso atteggiamento solidale con il Paese. La strada scelta dai 5stelle però non è quella giusta e, anzi, risulta pericolosa perché rischia di produrre un ulteriore danno alla credibilità della politica.
A ben vedere infatti, non si tratta di concentrarsi sul costo dei parlamentari (su cui si deve intervenire), bensì sui costi complessivi. Di questi una misura minima è costituita dalle indennità degli eletti; vi sono poi numerosi altri centri di spesa, distribuiti sul territorio: a Roma come nelle regioni e nei comuni dove si sono moltiplicate le strutture, le società partecipate, a volte poco visibili; è anche in questa direzione, tra costi, consulenze, gettoni, ecc. che vanno ricercati i fattori che fanno crescere in maniera esponenziale la spesa per la politica. Il tema quindi è come evitare sprechi e realizzare economie nella complessa macchina politico-burocratica.
La democrazia ha un costo ed è giusto che sia così, per questa via infatti si assicura la possibilità egualitaria di concorrere ai posti di rappresentanza e, aspetto da non trascurare, si rende possibile anche che vi concorrano persone di qualità, per competenza e professionalità, che diano la disponibilità per un periodo di tempo (questo si da circoscrivere), a fare politica nelle istituzioni. Ne guadagnerebbe la qualità del ceto politico e di governo e quindi il Paese. Una retribuzione equa è garanzia di indipendenza politica. Niente di nuovo: già Pericle, ad Atene, aveva previsto un emolumento (misthos) per consentire la partecipazione alla vita pubblica.
Non si può assecondare pertanto chi cavalca, per facili consensi, il tema dei costi della politica in maniera demagogica, disorientando l’opinione pubblica e alimentandone le spinte qualunquistiche.
Intervenire sui costi della politica è giusto e urgente, ma va fatto in un quadro d’insieme e con la finalità chiara di riaccreditare la politica tra la gente, non assecondando o alimentando il discredito sociale che già oggi fa considerare i politici nel loro complesso come privilegiati. C’è un senso di responsabilità che dobbiamo avere, di rispetto profondo per chi vive oggi in condizioni di indigenza e di povertà e che non può essere illuso né strumentalizzato. I benefici sono possibili attraverso una buona politica. Si avverte, anche in questo frangente, l’eclissi di un equilibrato riformismo cristiano, capace di individuare le cause di un problema affrontandolo, senza cavalcare o eccitare il disagio sociale.
La strada in definitiva è quella di una riforma seria della politica e dei suoi costi: non ci possiamo permettere di cadere in una spirale autodistruttiva. Ciò comporta evitare, a tutti i livelli, i toni demagogici, magari consigliati dalla comunicazione. Dobbiamo invece chiederci qual è il lavoro che si svolge all’interno delle istituzioni e ciò che è necessario per mettere in condizione gli eletti di svolgere la loro funzione. In questo quadro possono essere riconsiderati, come lo sono stati negli ultimi tempi, gli oneri riferiti ai parlamentari e quelli riferiti, in termini di servizi e spese indirette, alla loro funzione. Nella scorsa legislatura sono stati aboliti i vitalizi per i parlamentari e interventi analoghi sono stati fatti nelle regioni. La Camera presentando il bilancio dello scorso anno, ha evidenziato 300 milioni di risparmio rispetto l’esercizio precedente e con una legge, in questa legislatura, sono stati aboliti 468 milioni di rimborsi ai partiti. Lo stesso Quirinale ha operato tagli incisivi.
Sono segnali di una strada intrapresa, che va continuata. Molte proposte sul tappeto possono essere vagliate. Sullo sfondo sta il tema vero su cui sarebbe auspicabile una larga convergenza, questa si trasversale: dare credibilità alle istituzioni, riavvicinare i cittadini alla politica, favorire una partecipazione che ha bisogno anche dei partiti e delle forme organizzate, cui assicurare, nella massima trasparenza un adeguato sostegno. Perseguire obiettivi giusti e ragionevoli è necessario e urgente; la demagogia, viceversa, rischia di scardinare le fondamenta della casa comune. È una responsabilità che dobbiamo sentire.