Il 25 aprile 2024 vede la celebrazione dei 79 anni della Liberazione dell’Italia alla fine della II guerra mondiale, mentre il contesto internazionale registra una serie di gravissime crisi che possono rappresentare seri pericoli per il futuro dell’umanità. La guerra di aggressione della Russia all’Ucraina, l’attentato terroristico a Israele del 7 ottobre scorso e la guerra a Gaza e in Palestina, l’incendio scatenato nel Medio Oriente dall’Iran e dalle milizie ad esso collegate, i numerosi conflitti che – nel disinteresse generale e con la complicità di nuove e vecchie potenze e dei relativi interessi – infiammano il continente africano e altre parti del mondo, stanno modificando profondamente gli assetti geopolitici, in violazione di ogni diritto internazionale.
Sempre meno riconosciuto il diritto dei popoli ad avere una propria patria e dei cittadini a non essere usati come scudi umani nei conflitti, la titolarità del diritto di ogni persona alla libertà e al riconoscimento della propria inviolabile dignità. Anche a questo dovrebbe richiamare una ricorrenza che tutti gli Italiani hanno l’obbligo di ricordare per riconoscere il successo della lotta di liberazione che ci ha conquistato una patria libera, indipendente, repubblicana.
La Resistenza ha dato vita alla Costituzione repubblicana, sintesi dei diritti e dei doveri per una nazione capace di autodeterminarsi e indirizzare la propria sovranità al ripudio della guerra e di ogni discriminazione.
Il 25 aprile 2024 cade alla vigilia di una importante convocazione elettorale per eleggere il Parlamento europeo. Una coincidenza che dovrebbe ricordare chi ha combattuto per la libertà sognando patrie in pace in una Europa in pace. Un modello che dovrebbe sostenere la partecipazione al voto.
In merito al significato del 25 aprile in Italia si registrano molti distinguo da parte di vari esponenti della maggioranza di governo. Quanto è stabilito da una legge dello Stato (promossa dal governo De Gasperi) per definire una data simbolica per l’unità nazionale e istituire una festa che dovrebbe unire il popolo italiano nazionale. Quella data segna la fine di un’epoca dominata dal totalitarismo e dalla dittatura. A ricordarcelo le deportazioni degli ebrei nei campi di sterminio, le stragi di Marzabotto, di Sant'Anna di Stazzema, delle Fosse Ardeatine, la carcerazione, le torture e le esecuzioni sommarie degli oppositori. Fatti le cui responsabilità non possono essere messe in discussione. Così come quella data costituisce la cesura che ha definito il ritorno dell’Italia e dell’Europa alla libertà e alla democrazia.
Che oggi il fascismo non possa avere una formazione politica di riferimento è sancito dalla XII disposizione transitoria della Costituzione. Ma stanno riprendendo vigore atteggiamenti culturali e politici basati sull’intolleranza e la censura, la restrizione dei diritti civili, la negazione di molti principi alla base della convivenza pacifica. Un portato di questi atteggiamenti è il crescente nazionalismo populista che ci indebolisce di fronte alle sfide che il Paese e l’Europa hanno di fronte, in un contesto globale sempre più inquieto e multipolare, che mette a rischio la pace e perfino la nostra sicurezza.
Dobbiamo mettere la verità al riparo della ragione piuttosto che dell'odio, dell'ideologia o dell'indifferenza, che sono componenti volatili e tossiche della storia.
Conviene sempre aver presente il monito di Primo Levi: «Meditate che questo è stato». Più che una frase è un’epigrafe, che riflette tutto il valore e l'importanza della memoria. Non solo affinché ciò che è stato non si ripeta, ma anche e soprattutto perché l'impossibilità della rassegnazione all'orrore e alla sua realtà continui a restare custodita nel tempo di chi sopravvive.
Risulta sempre complicato ridare vita a una memoria offuscata, per il rischio di soffocarla con le celebrazioni e con la retorica. Nondimeno però, mai come oggi è vero che celebrare il passato vuol dire guardare dentro di noi, confrontare il presente e fare un esame di coscienza.
Ecco che allora la celebrazione del 25 aprile non può isolarsi dall'attuale contesto internazionale che pare integri la prospettiva di nuovi equilibri mondiali (e, come ha detto – senza essere smentito – Papa Francesco, di una terza guerra mondiale in atto). Così come non può isolarsi dalla difesa del lavoro, dalla lotta alla precarietà, alle discriminazioni, all'indifferenza, all'intolleranza, alla costruzione di muri, al terrorismo, alla mafiosità, alla corruzione politica e burocratica, all'usurpazione della sovranità, all'omologazione, allo spreco, all'oblio, alla paura.
Maurizio Gentilini - Argomenti2000 Roma