Da anni le organizzazioni più tradizionali stanno progressivamente perdendo la capacità di svolgere il ruolo di intermediari di fiducia. I partiti, i sindacati, le organizzazioni religiose, i corpi intermedi, le imprese, le fondazioni, persino la pubblica amministrazione (lo Stato) intercettano, coinvolgono e convincono un numero sempre più ristretto di persone. Lo stesso si può dire, in parte, peri media tradizionali (carta stampata e tv generalista)». È a partire da questa constatazione problematica che Rena http://www.progetto-rena.it - associazione di ispirazione civica e indipendente - ha dato vita al Progetto Trust in Progress, che ha coinvolto in una discussione pubblica, con un questionario online, 200 persone e organizzazioni. Le domande proposte: che senso ha occuparsi di fiducia oggi? Se i soggetti più tradizionali sembrano fare più fatica, chi sta ricoprendo il loro ruolo, oggi? Chi sono i nuovi intermediari di fiducia? In quale modo riescono a farlo?
Questioni non secondarie, anzi. La fiducia, infatti, è uno degli elementi alla base della creazione di capitale sociale (riserva collettiva di legami, di coesione e di obiettivi comuni); capitale sociale che, a sua volta, è all’origine di qualsiasi processo di sviluppo economico, politico e umano. I punti divista espressi sono stati elaborati e presentati in un Rapporto disponibile sul sito di Rena. Alcuni elementi emersi sono particolarmente interessanti. Sono innanzitutto emerse quattro principali cause della crisi di fiducia: l’incapacità delle istituzioni di dare risposte politiche ai cambiamenti sodo-economici e politici contemporanei; l’assenza di un sistema meritocratico, l’individualismo dilagante e un sistema economico improntato al solo profitto. Interessante poi il fatto che mentre il 35% degli intervistati ritiene che la responsabilità dei meccanismi alla base della creazione di fiducia sia in capo alle istituzioni e alla politica, il 53% ritiene invece che sia «più importante partire dal basso, facendo leva sulla consapevolezza dei cittadini e sulla cura delle relazioni alla base della società, favorendo un investimento prima di tutto culturale, capace di risvegliare un senso di responsabilità verso se stessi, gli altri e i beni comuni».
Non meraviglia perciò che la stragrande maggioranza delle risposte individui i nuovi intermediari di fiducia in soggetti singoli o collettivi (associazioni, realtà civiche, gruppi di acquisto solidale...) che costruiscono la propria funzione partendo dalla relazione con l’altro, costruttori vari di coesione, capaci di avere e proporre «visioni». Rena conclude il suo lavoro scrivendo: «Da questo sforzo potrebbero germogliare tante cose diverse: percorsi di ricerca accademici, inchieste giornalistiche, iniziative artistiche e culturali, campagne di pressione, documentari, percorsi di formazione. Il nostro è un invito aperto ad attivarsi e sperimentare, attorno ad un tema di forte rilevanza pubblica». Un’occasione da non perdere.