Diritti umani, situazione carceraria e una visione di giustizia riparativa IV° Rapporto (2016-2017)

“Ero carcerato e siete venuti a trovarmi"

(Mt 25,36)

 

Ormai per il quarto anno l’Associazione “Argomenti2000” promuove, in occasione delle prossime festività, nei giorni da Natale a Capodanno, la visita di alcuni parlamentari presso gli istituti di pena di varie province italiane.

Con l’iniziativa si intende richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e degli stessi parlamentari sulla situazione carceraria, che può essere considerata tra le emergenze del Paese. Recarsi in visita in un carcere significa compiere un gesto di concreta vicinanza verso quella parte della popolazione, fatta di uomini e donne che, pur scontando una pena, rimangono a pieno titolo cittadini, conservano la dignità della condizione umana e chiedono di essere aiutati ad un reinserimento nella società così come è giusto e come previsto dalla Costituzione.

In questo rapporto presentiamo alcuni dati aggiornati sulla situazione del sistema carcerario e vorremmo evidenziare, accanto ad alcuni risultati raggiunti, con iniziative legislative, i punti di criticità che permangono e alcune considerazioni sulla linea che occorrerebbe seguire intervenendo in maniera organica sulla materia.

Come è noto, in tempi recenti, dopo la sentenza della Corte europea, il Parlamento è intervenuto a più riprese sulla situazione carceraria, in particolare per risolvere il problema del sovraffollamento; non possiamo dire che il problema sia stato risolto. Molto resta da fare, a fronte di una condizione di vera emergenza e alla necessità di un ripensamento profondo del sistema penale e detentivo e del concetto stesso di pena.

Vorremmo sottolineare in proposito come l’insistenza posta da più parti sul tema dei diritti umani, se riferita alla questione carceraria non si possa porre unicamente con riferimento alle condizioni con cui la pena viene scontata, bensì investa un aspetto più complessivo: una concezione differente di giustizia. Una molteplicità di studi vanno rilevando come sia necessario porre in essere una giustizia diversa, una giustizia di carattere riparativo, restaurativo, riconciliativo.

Una giustizia intesa non già a remunerare, secondo il criterio del corrispettivo, ma, nel senso letterale del termine, a giustificare, cioè a rendere nuovamente giusti rapporti segnati da prevaricazioni, fratture, odio; e per questa strada, a fare giustizia.

Nella consapevolezza - drammatica - che il male commesso non può essere cancellato, e dunque del fatto che ogni ritorsione costi­tuisce, inesorabilmente, non una compensazione, ma un raddoppio del male. Ma anche del fatto che, almeno in certe forme e in certa misura, si può dare una riparazione del male, e che, comunque – come è stato notato –, su quel male, ove lo si riconosca, si può ricostruire: per sanare l’umiliazione, nella sua dignità, di chi sia stato vittima di un sopruso, ma anche quella patita da chi, nonostante la sua dignità, abbia agito secondo il male. (L. Eusebi)

Una giustizia pertanto, nient’affatto passiva rispetto al male, ben­sì mirante a fare verità su di esso, ad azzerare i benefìci materiali del­ia sua commissione, a evidenziare le corresponsabilità, a sollecitare l’impegno sodale per il contrasto dei fattori che lo favoriscono, a progettare percorsi di riparazione e responsabilizzazione con riguar­do al male commesso che, sebbene impegnativi, non siano caratteriz­zai dal reagire al negativo con il negativo.

 

Riteniamo importante riflettere su questi argomenti, messi in luce tra l’altro, in un recente saggio da Luciano Eusebi, in quanto è proprio in questa direzione che si manifesta una potenzialità nuova che va incontro, molto più di quanto possa apparire alle esigenze di sicurezza oltre che di giustizia che stanno a cuore all’intera società.

Da un punto di vista culturale, prima ancora che di fede, non possiamo non notare come la stessa visione cristiana di giustizia vada nella direzione di una giustizia che non si limita a punire. Si pensi alle parole di papa Francesco, che propone «una giustizia che sia umanizzatrice, genuinamente riconciliatrice»: una giustizia che – con specifico riguardo all’ambito penale – «porti il delinquente, attraverso un cammino educativo e di coraggiosa penitenza, alla riabilitazione e al totale reinserimento nella comunità»[1].

 

 

Le politiche di deflazione carceraria nei lavori parlamentari della XVII legislatura

 

Il sovraffollamento carcerario: i numeri di inizio legislatura

La XVII legislatura ha preso avvio il 15 marzo 2013. A quella data erano presenti nelle carceri italiane 65.906 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 44.041 unità. Vi erano dunque 18.865 detenuti in eccedenza rispetto ai posti previsti (+ 42,8%). Ben 25.136 reclusi erano in custodia cautelare (il 38% dei presenti in carcere).

Tali numeri, peraltro, non rappresentavano una novità per il nostro Paese. Basti pensare che nel giugno del 2006, alla vigilia della legge che avrebbe poi concesso l'indulto, erano presenti in carcere 61.264 detenuti (seppure con una capienza regolamentare di 43.219), con una percentuale di sovraffollamento del 42%.

All'indomani dell'indulto del 2006 la popolazione carceraria era scesa a 39.005 detenuti (31 dicembre 2006). Negli anni seguenti, tuttavia, si è registrato un rapido ritorno alla situazione pre-indulto: le presenze al 31/12/2007 erano già 48.693; a fine 2008 58.127, a fine 2009 64.791, a fine 2010 67.961. Alla fine del 2012, a poche settimane dall'avvio della legislatura, la popolazione carceraria si attesta a65.701 unità.

È bene ricordare che, a poche settimane prima dell'avvio della legislatura, l'8 gennaio 2013, il tema del sovraffollamento delle carceri italiane era stato affrontato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, con la pronuncia Torreggiani e altri contro l'Italia, con la quale la Corte aveva condannato l'Italia,  intimandola a superare, entro il 24 maggio 2014, il problema del malfunzionamento cronico del sistema penitenziario, accertato nell’ambito della sentenza pilota, la violazione dell'art. 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo. Tale norma pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati.

 

Le misure adottate per ridurre la tensione carceraria

La XVII legislatura inizia, dunque, almeno per quanto riguarda la Giustizia, con un primo grande obiettivo: ridurre il sovraffollamento carcerario, così da superare l'esame del Consiglio d'Europa. Un esame importante non solo dal punto di vista politico - per evitare al Paese l'onta di una condanna per violazione dei diritti umani - ma anche dal punto di vista economico - per evitare l'esborso derivante dalle condanne di Strasburgo. E per realizzare questo obiettivo si sono mosse in sinergia tutte le istituzioni del Paese: dal Governo, che è sovente intervenuto con provvedimenti d'urgenza, al Parlamento, che non solo ha "aggiustato" in sede di conversione molti di quei decreti, ma che si è fatto anche promotore di autonome riforme, alla Presidenza della Repubblica, che ha dedicato al sovraffollamento carcerario il primo - e al momento unico – messaggio alle Camere.

 

I provvedimenti d'urgenza del Governo Letta

Ad avvio legislatura il primo intervento d'urgenza è del Governo Letta, e del Ministro della giustizia Cancellieri, che emanano, nel mese di luglio, il decreto-legge n. 78 del 2013, Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena.

Alzati i limiti di pena per la custodia cautelare:

-          Il provvedimento innalza da 4 a 5 anni il limite della pena che consente l'applicazione della custodia cautelare in carcere (che può dunque essere disposta solo per reati per i quali è prevista una pena non inferiore nel massimo a 5 anni, oltre che per i reati concernenti il finanziamento illecito dei partiti).

 

Sul fronte del diritto penitenziario, nell'ottica della riduzione del sovraffollamento, il provvedimento ha inoltre introdotto ulteriori modifiche e previsto possibilità quali ad es empi quelle per cui per i detenuti e gli internati di partecipare, a titolo volontario e gratuito, all'esecuzione di progetti di pubblica utilità;

 

Eliminate le preclusioni per i recidivi

Inoltre, il decreto-legge 78/2013 è intervenuto sull'articolo 73 del TU stupefacenti, per consentire al condannato tossicodipendente di essere ammesso al lavoro di pubblica utilità, anche in caso di commissione di reati diversi da quelli di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope. Il provvedimento ha, infine, sostenuto il reinserimento lavorativo degli ex detenuti ampliando la durata del periodo successivo allo stato di detenzione nel quale sono concessi gli sgravi contributivi e concedendo un credito di imposta alle imprese che assumono detenuti.

Alla fine dell'anno, il Governo emana il decreto-legge n. 146 del 2013, Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria.

Il provvedimento d'urgenza, a seguito delle modifiche del Parlamento, prevede:

come regola generale, l'imposizione, nell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, del c.d. braccialetto elettronico; è inoltre previsto nell'applicazione della detenzione domiciliare,  nonché più ampie garanzie per i soggetti reclusi nel procedimento di reclamo in via amministrativa e in quello davanti alla magistratura di sorveglianza; e da altre misure analoghe tra cui:

-          l'estensione dell'ambito applicativo dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione, prevista dal testo unico immigrazione, insieme con uno snellimento delle procedure di identificazione e la istituzione, presso il Ministero della giustizia, del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.

Già a seguito di questi provvedimenti, i dati sulle presenze in carcere migliorano. Ad un anno dall'avvio della legislatura sono infatti presenti nelle carceri 60.868 detenuti, a fonte di una capienza regolamentare di 47.857 unità. Vi erano dunque 13.011 detenuti in eccedenza rispetto ai posti previsti (+ 27,8%). I reclusi in custodia cautelare erano 22.240 (il 36,5% dei presenti in carcere).

 

Il secondo anno della legislatura (Governo Renzi)

Con il passaggio dal Governo Letta al Governo Renzi inizia, a febbraio 2014, il secondo anno della legislatura. .

 

Ripristinata la distinzione tra droghe pesanti e leggere

Sempre con riferimento alle politiche carcerarie, va ricordata

 la sentenza della Corte costituzionale del 12 febbraio 2014, n. 32, con la quale la Consulta dichiara l'illegittimità della c.d. legge "Fini Giovanardi", ripristinando la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Tale distinzione, oltre che ripercuotersi sulle fattispecie penali contenute nel TU stupefacenti, ha un ‘effetto di   diminuzione della popolazione carceraria. Si badi che  le statistiche penitenziarie dimostrano, infatti, come i detenuti (condannati o in custodia cautelare) per violazione degli artt. 73 e 74 del TU rappresentino storicamente circa 1/3 del totale.

Con il decreto-legge n. 36 del 2014  Governo e Parlamento danno seguito alla sentenza della Corte, aggiustando le tabelle allegate al TU stupefacenti (D.P.R. n. 309 del 1990).

A poche settimane di distanza, nel mese di aprile 2014, il Parlamento si fa promotore di un'ampia riforma del sistema delle pene e del sistema penale con l'approvazione della legge n. 67 del 2014.

 

Delega (inattuata) per la riforma del sistema delle pene

La legge, anzitutto, delega il Governo ad introdurre pene detentive non carcerarie prevedendo che il Governo debba, entro gennaio 2015 (termine scaduto), riformare il sistema delle pene, eliminando l'attuale pena dell'arresto e introducendo nel codice penale, e nella normativa complementare, pene detentive non carcerarie (reclusione presso il domicilio e arresto presso il domicilio), di durata continuativa o per singoli giorni settimanali o fasce orarie, da scontare presso l'abitazione.

Contestualmente, il Governo è delegato anche a disciplinare la non punibilità per tenuità del fatto, da applicare a tutte le condotte punite con la sola pena pecuniaria (ammenda o multa) o con pene detentive non superiori nel massimo a 5 anni, nelle ipotesi di particolare tenuità dell'offesa e di non abitualità del comportamento. Il Governo ha attuato la delega con l'emanazione del decreto legislativo n. 28 del 2015. Il decreto legislativo prevede la rapida definizione, tramite archiviazione o proscioglimento, dei procedimenti penali iniziati nei confronti di soggetti che abbiano commesso illeciti caratterizzati da una scarsa gravità. Si intende così evitare l'avvio o il proseguimento di giudizi penali - con conseguenti risparmi in termini di economia processuale - laddove la sanzione penale non risulti necessaria. Per le persone offese dal reato resta ferma la possibilità di rivalersi in sede civile dei danni comunque subiti. La nuova disciplina non prevede alcun automatismo nella concessione della causa di non punibilità: spetta comunque al giudice valutare se nel caso concreto ricorrano le condizioni che giustificano l'archiviazione o il proscioglimento.

La legge n. 67 del 2014, poi, oltre a riformare la disciplina della sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili, eliminando ogni riferimento all'istituto della contumacia, disciplina, anche nel processo penale ordinario, la sospensione del procedimento penale con messa alla prova dell'imputato.

La legge ha inserito, tra le cause estintive del reato, questo particolare procedimento che consente all'imputato - nei procedimenti per reati puniti con pena pecuniaria, ovvero con reclusione fino a 4 anni, ovvero per uno dei reati in relazione ai quali l'articolo 550, comma 2, c.p.p. prevede la citazione diretta a giudizio - di chiedere la sospensione del processo con messa alla prova. La misura consiste in condotte riparatorie volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ove possibile in misure risarcitorie del danno, nell'affidamento dell'imputato al servizio sociale e nella prestazione di lavoro di pubblica utilità.

Effetti delle misure approvate. Alla data del 30 settembre 2016 risultano 10.999 le indagini per messa alla prova e 8.487 i provvedimenti di messa alla prova adottati.

Prima dell'estate, il Governo emana anche il decreto-legge n. 92 del 2014, Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile, volto a dare definitiva risposta alle richieste del Consiglio d'Europa.

 

Limiti alla custodia cautelare in carcere

Il provvedimento, a seguito della conversione in legge, modifica l'art. 275 del codice di procedura penale, sui criteri di scelta delle misure cautelari, in modo da limitare ulteriormente il ricorso alla custodia cautelare in carcere. In particolare, in base al nuovo comma 2-bis:

-          è esteso anche agli arresti domiciliari il divieto di disporre la custodia cautelare in carcere nel caso in cui il giudice ritenga che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena;

-          è introdotto il divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a 3 anni. Specifiche deroghe a questo principio sono introdotte in relazione a delitti di particolare allarme sociale (associazione mafiosa, terrorismo, sequestro di persona a scopo di estorsione, reati associativi finalizzati al traffico di droga o di tabacchi, riduzione in schiavitù, tratta di persone, omicidio, prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, violenza sessuale semplice e di gruppo, atti sessuali con minorenni, incendio boschivo, maltrattamenti in famiglia, stalking, furto in abitazione e furto con strappo).

 

Rimedi risarcitori per trattamenti detentivi inumani

Il decreto-legge n. 92/2014 ha inoltre inserito nell'ordinamento penitenziario l'articolo 35-ter attraverso il quale si attivano a favore di detenuti e internati rimedi risarcitori per la violazione dell'art. 3 della Convenzione EDU. Se è accertato che la detenzione ha avuto luogo in condizioni inumane o degradanti, il magistrato di sorveglianza, su istanza dell'interessato, "compensa" il detenuto con l'abbuono di un giorno di pena residua per ciascun periodo di 10 giorni durante i quali vi è stata la violazione. Inoltre, il magistrato di sorveglianza liquida il richiedente con una somma di 8 euro per ogni giorno trascorso in carcere in "condizioni inumane e degradanti" nei seguenti casi:

-          il residuo di pena da espiare non permette l'attuazione integrale della citata detrazione percentuale (perché, ad esempio, sono più numerosi i giorni da "abbuonare" a titolo di risarcimento che quelli residui da scontare);

-          quando il periodo detentivo trascorso in violazione dell'art. 3 CEDU sia stato inferiore a 15 giorni.

Analogo risarcimento di 8 euro al giorno è previsto in favore di chi abbia subito il pregiudizio di cui all'art. 3 CEDU in custodia cautelare non computabile nella determinazione della pena, ovvero abbia ormai espiato la pena della detenzione. L'azione relativa va proposta entro 6 mesi (dalla cessazione della custodia o della detenzione) davanti al tribunale del distretto di residenza, che decide in composizione monocratica in camera di consiglio con decreto non reclamabile.

Effetti delle misure approvate. Alla luce di queste riforme, l'Italia si presenta all'esame del Consiglio d'Europa (statistiche del 31 maggio 2014) con 58.861 detenuti presenti a fronte di una capienza regolamentare di 49.588 unità. L'eccedenza è dunque di 9.273 detenuti (18,7%).

Questi sono i numeri che ha di fronte, il 6 giugno 2014, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, chiamato a valutare l'ottemperanza del nostro Paese alla sentenza pilota Torreggiani c. Italia.

Il Comitato osserva che le statistiche sulla popolazione carceraria mostrano trends positivi ed incoraggianti; l'introduzione di un rimedio preventivo (reclamo giurisdizionale introdotto dal decreto-legge n. 146/2013) prima della scadenza fissata in sentenza, è stato inoltre valutato come un passo fondamentale. Alla luce di questi dati, il Comitato ha deciso di rinviare l'esame del caso alla riunione del giugno 2015, onde poter valutare gli ulteriori progressi fatti dallo Stato italiano.

 

Il terzo anno della legislatura

Il terzo anno della XVII legislatura (da marzo 2015 a marzo 2016) si apre con l'approvazione, nell'aprile 2015 e all'esito di un complesso iter parlamentare, della legge n. 47 del 2015, che delimita ulteriormente l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere, circoscrivendo i presupposti per l'applicazione della misura e modificando il procedimento per la sua impugnazione.

Si ricorda, infatti, che sempre nella pronuncia Torreggiani e altri contro l'Italia, la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva tra l'altro affermato che «l'applicazione della custodia cautelare e la sua durata dovrebbero essere ridotte al minimo compatibile con gli interessi della giustizia. Gli Stati membri dovrebbero, al riguardo, assicurarsi che la loro legislazione e la loro prassi siano conformi alle disposizioni pertinenti della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo ed alla giurisprudenza dei suoi organi di controllo e lasciarsi guidare dai principi enunciati nella Raccomandazione n. R (80) 11 in materia di custodia cautelare per quanto riguarda, in particolare, i motivi che consentono l'applicazione della custodia cautelare».

La CEDU ritiene «opportuno fare un uso più ampio possibile delle alternative alla custodia cautelare quali ad esempio l'obbligo, per l'indagato, di risiedere ad un indirizzo specificato, il divieto di lasciare o di raggiungere un luogo senza autorizzazione, la scarcerazione su cauzione, o il controllo e il sostegno di un organismo specificato dall'autorità giudiziaria. A tale proposito è opportuno valutare attentamente la possibilità di controllare tramite sistemi di sorveglianza elettronici l'obbligo di dimorare nel luogo precisato. Per sostenere il ricorso efficace e umano alla custodia cautelare, è necessario impegnare le risorse economiche e umane necessarie e, eventualmente, mettere a punto i mezzi procedurali e tecnici di gestione appropriati».

 

Valutazione delle esigenze cautelari e dell'idoneità della misura

La legge delimita la discrezionalità del giudice nella valutazione delle esigenze cautelari.

A tal fine:

-          introduce il requisito dell'attualità - e non solo della concretezza - del pericolo di fuga e del pericolo di reiterazione del reato;

-          esclude che attualità e concretezza del pericolo possano essere desunti esclusivamente dalla gravità del reato per cui si procede.

La riforma conferma il carattere residuale del ricorso al carcere: tale misura può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate. Quanto all'applicazione della custodia in carcere per alcuni reati di particolare gravità, la presunzione di idoneità della custodia in carcere continua a operare solamente con riguardo alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per i delitti di associazione sovversiva (art. 270 c.p.), associazione terroristica, anche internazionale (art. 270-bis c.p.) e associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.). Per altri reati gravi – tassativamente individuati – tra cui i reati di omicidio, induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, violenza sessuale – è possibile applicare la custodia in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misure.

 

Obblighi di motivazione

Il provvedimento elimina l'automatismo del ricorso alla custodia in carcere quando l'indagato abbia già violato gli arresti domiciliari o sia in passato già evaso; inoltre, nell'ipotesi di aggravamento delle esigenze cautelari, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può anche applicare congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva. La legge rafforza gli obblighi di motivazione a carico del giudice che dispone la misura cautelare. Infatti, il giudice, nell'ordinanza con la quale applica la misura, deve spiegare i motivi dell'inidoneità ad assicurare le esigenze di cautela degli arresti domiciliari con uso dei cd. braccialetti elettronici e, soprattutto, fornire una autonoma valutazione sia delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi alla base della misura restrittiva, sia delle concrete e specifiche ragioni per le quali le indicate esigenze di cautela non possono essere soddisfatte con altre misure. Si intendono così evitare motivazioni delle esigenze cautelari "appiattite" su quelle del PM richiedente.

La riforma interviene inoltre sul procedimento per l'applicazione della misura cautelare, in particolare modificando, con più garanzie per l'imputato, il procedimento di riesame presso il tribunale della libertà.

Nel giugno 2015, a distanza di un anno dalla prima verifica sull'attuazione della Sentenza Torreggiani, il Segretario generale del Consiglio d'Europa ha lodato le misure messe in campo dall'Italia per fronteggiare il problema del sovraffollamento affermando che «Sulle risposte da dare per risolvere la questione del sovraffollamento carcerario l'Italia è diventato un esempio di buone pratiche per diversi altri Stati membri [...] Apprezziamo molto tutti gli sforzi messi in campo dall'Italia per quanto riguarda la questione del sovraffollamento carcerario. [...] Il ministro mi ha informato delle interessanti iniziative messe in campo, che potrebbero diventare anche queste, esempi di buone pratiche per altri Paesi».

All'inizio di questo anno il Governo ha esercitato la delega per la depenalizzazione prevista dall'art. 2 della legge n. 67 del 2014 (v. sopra), emanando il decreti legislativi n. 7 e n. 8 del 2016.

In particolare, con il decreto legislativo n. 7/2016 vengono abrogati alcuni reati e sono introdotte le sanzioni pecuniarie civili, ritenute più efficaci nei confronti di illeciti di scarsa offensività, ma che comunque meritano una risposta adeguata da parte dello Stato. La sostituzione della sanzione penale con la sanzione pecuniaria civile, associata al risarcimento del danno alla parte offesa, si ritiene possa conseguire il doppio obiettivo di determinare più certezza nel colpire il responsabile dell'illecito nonché di liberare gli uffici di Procura da affari di scarsa rilevanza, che troppo spesso rimangono impuniti a causa dell'eccessivo carico di affari penali. In particolare, il decreto legislativo abroga i reati di ingiuria, falsità in scrittura privata e in foglio firmato in bianco, il furto del bene da parte di chi ne è comproprietario (quindi in danno degli altri comproprietari), l'appropriazione di cose smarrite. La persona offesa potrà ricorrere al giudice civile per il risarcimento del danno. Una volta accordato l'indennizzo, il giudice stabilirà per tali illeciti una sanzione pecuniaria (da 100 a 8.000 euro) - pagabile anche a rate - che sarà incassata dall'erario. Per gli illeciti relativi all'uso di scritture private falsificate o la distruzione di scritture private, la sanzione prevista è maggiore (da 200 a 12.000 euro).

Pur prevista dalla delega, non è stata disposta dal decreto legislativo l'abrogazione di alcuni reati relativi ad illeciti riguardanti beni immobili privati che presentano una offensività ritenuta elevata, quali l'usurpazione di immobili, l'occupazione abusiva di edifici, la deviazione di acque e la modifica dello stato dei luoghi. Analogamente, sebbene espressamente previsto dalla delega, non è stato depenalizzato e trasformato in illecito amministrativo il reato di immigrazione clandestina (art. 10-bis del TU immigrazione).

Le sanzione pecuniarie civili derivanti dall'illecito civile commesso sono commisurate a una serie di parametri specifici (gravità della violazione, recidiva, arricchimento, personalità e condizioni personali ed economiche dell'agente). Avendo tali sanzioni natura pubblicistica, i relativi importi sono devoluti allo Stato; i proventi derivanti da tali sanzioni - che si aggiungono, quindi, al risarcimento del danno nei confronti della persona offesa - saranno dunque devoluti alla Cassa delle ammende e serviranno a incrementare le risorse già oggi destinate a progetti di riqualificazione dell'edilizia giudiziaria e per il reinserimento sociale dei detenuti. Il decreto legislativo affida a un successivo decreto del ministro della giustizia la definizione delle modalità e dei termini per il pagamento delle sanzioni civili; analogo decreto ministeriale dovrà dettare le disposizioni per la tenuta di un registro informatizzato in cui iscrivere i provvedimenti di applicazione delle stesse sanzioni.

Infine, è dettata una disciplina transitoria che stabilisce:

-          l'applicazione della nuova disciplina sulle sanzioni pecuniarie civili anche alle violazioni commesse prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo (6 febbraio 2016); fa eccezione il caso del procedimento penale già definito con provvedimento definitivo;

la revoca della sentenza (o decreto penale) emessi nel processo penale per uno dei reati abrogati, già definito prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo; competente alla revoca è il giudice dell'esecuzione che adotta i provvedimenti conseguenti.

 

Trasformazione di alcuni reati in illeciti amministrativi

L'obiettivo della riforma introdotta dal decreto legislativo n. 8/2016 è quello di trasformare alcuni reati in illeciti amministrativi, anche per deflazionare il sistema penale, sostanziale e processuale, e per rendere più effettiva la sanzione. Sulla base di quanto previsto dalla legge delega, il decreto depenalizza e trasforma in illeciti amministrativi:

-          tutti i reati puniti con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda); l'illecito sarà sanzionato con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria determinata secondo tre fasce di valore (da 5.000 a 10.000 euro; da 5.000 a 30.000, da 10.000 a 50.000) individuate in base all'entità della multa o ammenda prevista;

-          alcuni reati previsti dal codice penale (atti osceni e pubblicazione e spettacoli osceni che, tuttavia, restano reato nelle ipotesi più gravi; rifiuto di prestare assistenza a un pubblico ufficiale, abuso della credulità popolare; spettacoli teatrali o cinematografici abusivi; atti contrari alla pubblica decenza); nonostante fosse previsto dalla legge delega, il decreto legislativo non ha depenalizzato la contravvenzione di cui all'art. 659 del codice penale (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone);

-          specifici reati previsti da leggi speciali.

Il decreto esclude dal campo di applicazione della depenalizzazione: i reati puniti con la sola pena pecuniaria contenuti nel codice penale (fa eccezione il reato contravvenzionale di "atti contrari alla pubblica decenza" di cui all'art. 726 c.p., che è, quindi, soggetto alla sola sanzione amministrativa pecuniaria); i reati previsti dal decreto legislativo n. 286 del 1998, cd. TU immigrazione (tra cui - diversamente da quanto stabilito dalla legge delega - l'immigrazione clandestina, art. 10-bis del TU); i reati attinenti a specifiche materie contenuti nei provvedimenti legislativi elencati nell'allegato al decreto legislativo (si tratta di reati che, pur puniti con sola pena pecuniaria, riguardano settori ritenuti meritevoli di maggior tutela, tra cui: alimenti e bevande, ambiente e territorio, edilizia e urbanistica, salute e sicurezza sul lavoro, armi ed esplosivi).

In relazione alla disciplina transitoria, viene precisato che la depenalizzazione ha effetto anche in relazione agli illeciti commessi prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo (6 febbraio 2016); ciò, anche nel caso in ci il procedimento penale sia definito con sentenza definitiva.

 

 

Il quarto anno della legislatura

Nel marzo 2016 si è aperto il quarto anno della XVII legislatura che risulta al momento caratterizzato, per quanto riguarda la questione carceraria, da alcune previsioni del decretolegge n. 168 del 2016, recentemente convertito in legge dal Parlamento, che potenzia gli uffici di sorveglianza, prevedendo:

-          limitazioni alla mobilità del personale amministrativo di tali uffici che potrà essere destinato temporaneamente ad altri uffici giudiziari del distretto solo previo nulla osta del presidente del tribunale di sorveglianza (art. 4, comma 1);

-          incremento dell'organico della magistratura di sorveglianza (art. 6). In particolare, la relazione illustrativa del d.d.l. di conversione del decreto-legge afferma che i nuovi 52 posti aggiunti all'organico dei magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado non direttivi, saranno destinati a «l'incremento della pianta organica in specie della magistratura di sorveglianza che ha visto incrementare i suoi compiti».

Ma importanti provvedimenti inerenti anche  il sistema penitenziario sono tuttora in corso di esame parlamentare. Tra questi si segnala come principale il disegno di legge del Governo AS.2067, già approvato dalla Camera il 23 settembre 2015, che reca Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena.

Il provvedimento, attualmente all'esame dell'Assemblea del Senato, prevede all'art. 36 una serie di principi e criteri direttivi per la riforma dell'ordinamento penitenziario:

-          semplificazione delle procedure, anche con la previsione del contraddittorio differito ed eventuale, per le decisioni di competenza del magistrato e del tribunale di sorveglianza, ad eccezione di quelle relative alla revoca delle misure alternative alla detenzione (lett. a);

-          revisione delle modalità e dei presupposti di accesso alle misure alternative (lett. b e c);

-          revisione del sistema delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari (lett. d ed e);

-          previsione di attività di giustizia riparativa (lett. f);

-          incremento delle opportunità di lavoro retribuito sia intramurario che esterno nonché di attività di volontariato (lett. g e h);

-          revisione delle disposizioni dell'ordinamento penitenziario relative alla medicina penitenziaria, anche attraverso il potenziamento dell'assistenza psichiatrica negli istituti di pena (lett. l), all'utilizzo dei collegamenti audiovisivi (lett. i), al riconoscimento del diritto all'affettività (lett. n);

-          interventi specifici per favorire l'integrazione dei detenuti stranieri (lett. o);

-          attuazione, sia pure tendenziale, del principio della riserva di codice nella materia penale, al fine di una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi dell'effettività della funzione rieducativa della pena, attraverso l'inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, i beni della salute, individuale e collettiva, della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico, della salubrità ed integrità ambientale, dell'integrità del territorio, della correttezza e trasparenza del sistema economico di mercato (lett. q);

-          previsione di norme tendenti al rispetto della dignità umana attraverso la responsabilizzazione dei detenuti, la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna, la sorveglianza dinamica (lett. i);

-          interventi a tutela delle donne recluse e delle detenute madri (lett. s e t);

-          revisione del sistema delle pene accessorie improntata al principio della rimozione degli ostacoli al reinserimento sociale del condannato ed esclusione di una loro durata superiore alla durata della pena principale (lett. u);

-          revisione delle attuali previsioni in materia di libertà di culto e dei diritti ad essa connessi (lett. v)

La disposizione di delega (lett. p) contiene, infine, specifici principi e criteri direttivi per l'adeguamento delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze rieducative dei detenuti minori di età, con riferimento tanto alle autorità giurisdizionali coinvolte, quanto all'organizzazione degli istituti per i minorenni, passando per la revisione delle misure alternative alla detenzione e dei benefici penitenziari, con particolare attenzione all'istruzione ed ai contatti con la società esterna, in funzione di reinserimento sociale.

 

La situazione attuale

Alla data del 31 ottobre 2016 sono presenti nelle carceri italiane 54.912 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 50.062 unità. Dunque, nonostante da inizio legislatura i detenuti presenti siano diminuiti di circa 11 mila unità, ci sono ancora 4.850 detenuti in eccedenza rispetto ai posti previsti (+ 9,6%). I detenuti in custodia cautelare sono 19.349 (circa 6 mila in meno rispetto all'inizio della legislatura).

Si tratta di numeri che, pur segnalando ancora un sovraffollamento, evidenziano comunque il netto passo in avanti compiuto dal nostro Paese verso un sistema carcerario più dignitoso.

Il grafico che segue evidenzia come nel corso dell' ”attuale legislatura” (dal marzo 2013) la forbice capienza regolamentare/detenuti presenti si sia costantemente e progressivamente ridotta per effetto degli interventi di Governo e Parlamento; solo a partire dal dicembre scorso i detenuti presenti sono tornati a crescere.

 

 

Elaborazione Servizio studi di dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica.

 

Superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG): a che punto siamo

Già nei precedenti rapporti abbiamo messo attenzione ad un tema delicato come il superamento degli OPG. Vediamo anche qui di offrire alcuni elementi informativi.

L’Organismo di coordinamento del processo di superamento degli OPG, presieduto dal Sottosegretario De Filippo, si è riunito frequentemente nel corso di quest’anno e ha potuto operare di concerto con il Commissario unico Corleone, nominato dal Governo con DPCM del 19 febbraio 2016, per provvedere in via sostitutiva, in luogo delle Regioni Calabria, Abruzzo, Piemonte, Toscana, Puglia e Veneto, alla realizzazione di programmi al fine di garantire la chiusura degli ex ospedali psichiatrici giudiziari e il tempestivo ricovero presso le competenti Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezze (REMS) delle persone ancora ivi internate e di quelle sottoposte a misura di sicurezza.

Ad ottobre 2016 la capienza delle Rems presenti sul territorio nazionale è di 624 posti.

Le prossime aperture sono previste nelle seguenti regioni:

1) Liguria, a Genova;

2) Toscana;

3) Sicilia, il secondo modulo della REMS di Caltagirone.

I pazienti presenti nelle REMS ad oggi sono 603. Le persone internate nei due OPG ancora aperti sono 26.

Il fatto che delle persone vengano anche dimesse dalle REMS è un segnale positivo che porta a pensare che queste residenze siano delle strutture tendenzialmente aperte e, contrariamente agli OPG, prevedono una presenza finalizzata alla cura e temporalmente delimitata.

Notevole è stato l’impegno del personale che lavora nelle REMS, consapevole di essere protagonista di una fase delicata, in particolare per rispondere alle Ordinanze emesse dalle Autorità giudiziarie non eseguite in REMS per mancanza di disponibilità e che assommano al 25 ottobre a 241 di cui 176 provvisorie e 65 definitive. Già nella relazione semestrale presentata al Governo dal Commissario del Governo veniva segnalato il fatto che il 40% delle persone presenti nelle REMS (612 di cui 62 donne) fossero sottoposte a una misura di sicurezza provvisoria.

Le misure di sicurezza in attesa di essere eseguite sono state decise, nella gran parte, dalla Magistratura di cognizione e rimangono in attesa di essere eseguite per mancanza di posti nelle REMS. Dare esecuzione a queste misure di sicurezza comporterebbe l’esplosione del sistema. Rimane il problema della separazione degli imputati dai condannati che, pur essendo un principio di tutela valido in generale per tutte le persone private della libertà, nel caso di persone con problemi psichiatrici non viene rispettato. Il risultato è che nella stessa struttura vi è una commistione di soggetti con una situazione, medica e giuridica, diversa.

Negli ultimi mesi sono state aperte due REMS:

- quella di Santa Sofia d’Epiro, in Calabria, che ha accolto sette persone provenienti dall’OPG di Barcellona Pozzo di Gotto che finalmente ospita solo internati siciliani;

- quella di San Maurizio Canavese, in Piemonte, che ha accolto 10 pazienti provenienti da Castiglione delle Stiviere.

L’apertura della REMS a Genova ha subito un ritardo per ragioni amministrative, che in qualche settimana dovrebbero essere risolte, in modo tale da consentire alla struttura di accogliere i tre internati liguri ancora presenti nell’OPG di Montelupo Fiorentino e 14 pazienti da Castiglione delle Stiviere che a quel punto avrà la presenza di sole persone della Lombardia.

Per l’inizio del 2017 è prevista l’apertura di un secondo modulo a Caltagirone che consentirà la chiusura dell’OPG di Barcellona Pozzo di Gotto ospitando gli ultimi 141 pazienti siciliani ancora presenti e mi auguro che anche in Toscana sia trovata una soluzione che possa permettere la chiusura dell’OPG di Montelupo.

Se entro il mese di gennaio sarà realizzato l’obiettivo della chiusura di tutti gli OPG e l’apertura delle REMS previste nel Piano stipulato tra Stato e Regioni, si potranno quindi realizzare alcuni obiettivi quali la redistribuzione dei pazienti nelle REMS di competenza territoriale con il pieno rispetto del principio di territorialità; la Programmazione e progettazione delle REMS definitive; il Ridisegno della capienza delle Rems nelle diverse Regioni secondo i parametri emersi nell’esperienza di un periodo ormai significativo e alla luce di una definizione chiara del senso delle Rems stesse.

 

Conclusione

Malgrado gli sforzi prodotti e alcuni risultati raggiunti in merito alle gravi e disumane condizioni degli spazi all’interno delle carceri, rimane presente e centrale nella sua gravità, il tema della mancata funzione rieducativa del carcere. Non possiamo accettare un’idea di carcere solo come luogo di sofferenza senza speranza.

La nostra Costituzione all’art. 27 sancisce che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, tale principio non ha solo un valore etico e morale, ma ha anche un valore sociale-economico, il potere incidere su una evidente riduzione delle recidive, il rimettere nel circuito di un’economia legale questi cittadini costituisce un sicuro risparmio economico, ma ancora più importante che il reinserimento nel tessuto sociale comporta il venir meno di quelle realtà di emarginazione che possono fornire alibi e motivazioni di scelte sciagurate come quelle terroristiche che tante tragedie stanno causando in questi mesi.

Ma tale funzione rieducativa della pena necessita di risorse, di programmi, di operatori specializzati Vi è una notevole sproporzione tra la cifra complessiva spesa per i costi del personale e della struttura e quanto speso per il singolo detenuto per il trattamento della personalità e l’assistenza psicologica così come vi è, possibile di notevole sviluppo, il tema del lavoro in carcere e fuori. È una sproporzione su cui è urgente intervenire anche in assenza di nuovi investimenti, puntando in prospettiva ad una diversa distribuzione delle risorse attuali. Tale sperequazione potrebbe in parte essere risolta differenziato i gradi di sorveglianza e laddove possibile, prevedere una sorveglianza attenuata; potenziare i sistemi di sorveglianza a distanza, tenendo conto in questi casi del rispetto della dignità del detenuto.

In tale ottica si rende necessario una maggiore partecipazione del volontariato che possa fornire supporto qualificato per una strategia complessiva per rendere effettivo il lavoro in carcere e fuori dal carcere, recuperare strutture esistenti (aule bunker) da dedicare ad esperienze lavorative, investire in percorso formativi che diano gli strumenti indispensabili per un inserimento lavorativo, intervenire culturalmente perché il mondo carcerario posa dialogare con la società civile.

 

A cura del gruppo Giustizia-Carceri 

 

 

 


[1] Cfr. la lettera di papa Francesco del 30 maggio 2014 ai partecipanti al XIX Congres­so interazionale dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale.

 

Data: 
Giovedì, 22 Dicembre, 2016