Tra percezione e realtà, considerazioni sul voto

Lunedì, 3 Ottobre, 2022

Prima e dopo il voto siamo stati inondati di cifre (sondaggi, proiezioni, risultati provvisori, ecc..) ma quello che “è passato” nella comunicazione si riassume una percezione principale: una valanga di voti al centro-destra concentrata sul partito Fratelli d’Italia, la sconfitta del centro-sinistra , la tenuta del Movimento 5 stelle. Se però andiamo ad analizzare i dati elettorali definitivi, possiamo ricavare alcuni dati di realtà ben diversi da questa percezione, utili a capire lo stato della nostra democrazia (almeno per quanto si può ricavare dal voto). Provo a riassumere un discorso lungo e complicato in tre considerazioni relative a rappresentanza/astensione e dispersione del voto; flussi elettorali; polarizzazione e mobilità del voto.

 

VOTO, ASTENSIONISMO E CALO DELLA RAPPRESENTANZA:  l’astensionismo ha registrato un vero e proprio ‘salto’ passando dal 27% al 36,2%: il calo più forte mai registrato, ben 16,3 milioni di italiani hanno rinunciato a questo diritto/dovere, a fronte di una serie molto ampia di proposte politiche. Se a questo aggiungiamo il forte aumento delle schede bianche e  nulle (che ha raggiunto il record di  1.312.718  voti perduti, quasi il 4,5%), il numero di voti validi scende a meno del 61% degli elettori . Se poi sommiamo le liste non coalizzate che non hanno raggiunto la soglia del 3% e quelle coalizzate che non hanno toccato l’1%, aggiungiamo quasi altri 2 milioni di Italiani (1.914.000) che non hanno avuto rappresentanza parlamentare (circa il 6,9% dei voti validi). Il che significa che i voti che hanno determinato l’attuale composizione del parlamento sono poco più di 26 milioni (26.150.000), ossia meno del 57% del corpo elettorale (56.8% per la precisione). L’astensionismo, quindi, e in misura minore la dispersione, sono quindi gli elementi  più preoccupanti: di fatto quelli che hanno deciso l’esito le elezioni. L’ampia maggioranza che il centro-destra dispone oggi in Parlamento (235 seggi alla Camera, il 60%) si basa di fatto sul consenso del 26,7% degli elettori.  Vediamo perché, considerando

I FLUSSI DI VOTO. Anche in queste elezioni vi sono stati notevoli spostamenti sia all’interno delle aree, sia – ancor più – tra i partiti. In particolare:

  • la coalizione di centro- destra ha guadagnato poco meno di 150.000 voti rispetto a 5 anni fa (in termini reali +1,2%,  non proprio una valanga!) Però – grazie all’astensionismo – questo risultato si è tradotto in un +6,8% e – grazie alla legge elettorale “mista”– ha prodotto un  bel bottino di parlamentari . Il vero cambiamento è avvenuto all’interno della coalizione di centro-destra, divenuta chiaramente un destra-centro: Fratelli d’Italia ha guadagnato quasi 6 milioni di voti, sottratti quasi del tutto a Lega (che ne ha persi ben 2,4 milioni) e a Forza Italia (che ne ha persi oltre 2,3 milioni), mentre i Moderati non raggiungono l’1%. In sostanza il successo della Meloni si deve principalmente ad un travaso di voti nell’area del centro-destra e nella drastica riduzione dei votanti (che ha penalizzato il M5S e il centro-sinistra)
  • Il centro-sinistra globalmente inteso, così da poterlo confrontare con il 2018 (quindi comprendendovi anche Azione e Renzi, l’SVP e Mastella e- con qualche dubbio- DeLuca) ha guadagnato 1.156.000 voti, passando dal 26,7 al 35,2%. Scorporando i dati delle singole formazioni: la lista PD-LEU col 19,1% ha perso circa 780.000 voti, in parte andati su Azione/IV e in parte a Sinistra-Verdi; mentre +Europa con una flessione di circa 40.000 voti ha mancato di poco la soglia del 3%; palese flop della lista di DiMaio, che non tocca l’1% (vanificando così la rappresentanza dei propri elettori).
  • Il Movimento 5Stelle, talora presentato quasi come un vincitore, passa dal 32,7 del 2018 al 15,4%,: perde così ben 6,4 milioni di elettori, finiti in larga misura nell’astensionismo, in parte rifluiti nel centro sinistra o spostatisi verso FdItalia.
  • La nuova formazione detta “Terzo polo”, di Calenda/Renzi con il 7,8% ha mancato l’obiettivo di costruire un centro forte, attraendo soprattutto  voti dal PD (da cui entrambi i leader provengono) ed assai meno dal centro-destra, finendo così per sottrarre all’area di centro-sinistra una fetta di collegi uninominali.

POLARIZZAZIONE E MOBILITA’ La polarizzazione del voto (anche in termini ideologici) è fenomeno in crescita, espresso in diverse forme:

-anzitutto in quella quota di astensionismo, di protesta radicale o indifferenza alla politica,

-nella propensione verso Fratelli d’Italia  rispetto alle altre forze di centro-destra,

-nella crescita del variegato schieramento delle liste antisistema: l’estrema destra cresce di oltre 1% (+220.000 voti!) e anche le liste di estrema sinistra, ancorchè frammentate, crescono dell’1,2% (+270.000 voti!): nell’insieme si tratta di oltre 1,5 milioni di voti (5,5%), che peraltro non hanno guadagnato alcuna rappresentanza parlamentare. La tendenza verso le “estreme” (specie verso destra) è confermata dall’indebolimento dell’area di centro.

Nel contempo anche in questa tornata si è evidenziata una forte mobilità del voto (almeno 14 milioni di elettori hanno cambiato voto, ossia oltre il 50% dei votanti): gli elettori hanno dato una enorme fiducia ad un partito – FdI - che nel 2018 non raggiungeva il 4.5% e che non ha mai governato, come in passato era stato per il M5S. Sbalzi di consenso che negli ultimi 15 anni hanno peraltro toccato anche i partiti più diffusi sul territorio come PD, Lega, FI

In questo periodo molti hanno posto giuste critiche alla LEGGE ELETTORALE e al sistema misto, con coalizioni e senza preferenze. Se però ipotizziamo che queste elezioni si fossero svolte con un sistema proporzionale (con sbarramento al 3%, quindi basso, per favorire la rappresentanza, e senza coalizioni) i risultati non avrebbero portato a esiti molto diversi sul piano della rappresentanza (sarebbero rimaste fuori tutte le stesse liste), ma il parlamento eletto non avrebbe garantito una facile governabilità. Infatti, col proporzionale puro il centro-destra si sarebbe fermato a 181 deputati su 400, il centro-sinistra avrebbe ottenuto 110 rappresentanti, il M5S 64 deputati, il 3° Polo 36.

In conclusione c’è una sfasatura evidente di rappresentanza (che potremmo anche definire una scarsa legittimazione da parte del popolo del potere parlamentare conquistato dalla coalizione destra-centro), ma anche una percezione ampiamente errata rispetto agli orientamenti effettivi  dell’elettorato. Si dice, non a caso, che l’astensionismo  mina la democrazia alla base. Queste elezioni ne sono un chiaro indice: è meno del 27% degli elettori che designa la maggioranza del 60% del Parlamento, quindi controlla il governo.

Su questa crisi di democrazia sarebbe il caso di farci un pensiero, seriamente, anche quando ci interroghiamo sul futuro dei nostri figli e nipoti, sul cammino della chiesa, sulla testimonianza del cristiano nella società.