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Venerdì, 17 Dicembre, 2021
Il 15 dicembre 1972 entra in vigore la Legge 772 per l’obiezione di coscienza e si apre la stagione del Servizio Civile, importante in Italia non solo per i giovani
* Par di parlare del neolitico, ed invece la storia si snoda tra corsi e ricorsi. Giusto oggi, infatti, cade la Giornata Nazionale del Servizio civile universale, una scadenza che trova il suo fondamento esattamente nella legge 772/72. Una legge che fu indubbiamente molto importante per la cultura della pace, per la gioventù e per l’ordinamento civile italiano, con lo sviluppo dell'idea di difesa.
La storia del rifiuto a svolgere il servizio militare per ragioni di coscienza è storia relativamente recente. Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, nonostante lo scempio perpetrato, i casi restarono limitati. Il primo a suscitare interesse nel 1949 fu Pietro Pinna. Pinna, che ho conosciuto personalmente a Tramonti di Sotto nel 1983 durante la Route Interregionale Agesci intitolata “La pace è il modo di guardare la vita”, era diventato antimilitarista grazie all’influenza del pensiero di Aldo Capitini – con cui in seguito animò la Marcia Perugia-Assisi e diede vita al Movimento Nonviolento - e fu il primo obiettore di coscienza per motivi politici. Venne processato e condannato due volte, ma la sua battaglia per la disobbedienza nonviolenta generò una sensibilizzazione molto importante non solo in Italia.
Aldilà dei casi isolati ispirati religiosamente, negli anni Sessanta il tema dell’obiezione di coscienza venne ripreso ripetutamente da tre grandi figure del pacifismo nazionale: in rapida sequenza vennero le prese di posizione di Giorgio La Pira, allora sindaco di Firenze, e poi nel 1962 la difesa con la condanna di Padre Ernesto Balducci, seguita nel 1966 da quella più celebre – a cui sono personalmente legato –, la fragorosa presa di posizione di don Lorenzo Milani con il suo “L’obbedienza non è più una virtù”, un testo composto da due lettere (Ai cappellani militari e Ai giudici) che argomenta contro l’obbedienza e a favore di quanti hanno saputo obiettare agli ordini.
Il dibattito crescente e la consapevolezza della delicata questione morale portata in campo, fece maturare la necessità di un provvedimento di legge che permettesse agli obiettori di sostituire il servizio militare con due anni di servizio civile. Vennero allora presentati diversi progetti di legge da parte del senatore della sinistra indipendente Luigi Anderlini e dai democristiani Fracanzani e Marcora. Quest’ultimo divenne legge per l’appunto nel dicembre del 1972.
La legge prevedeva per i giovani abili alla leva, la necessità di scrivere una domanda per motivare la propria scelta di non vestire la divisa militare. Questa domanda, dopo un’apposita lunga istruttoria, si concludeva con la concessione dello svolgimento di un servizio civile sostitutivo del militare, appesantito da ben dodici-otto mesi in più rispetto al servizio militare. Per protestare contro una legge giudicata non equa, nel gennaio del 1973 venne fondata la Lega degli obiettori di Coscienza (LOC) per iniziativa del Partito Radicale, di Pietro Pinna, del senatore Aderlini e del valdese Giorgio Peyrot esponente del MIR (Movimento Internazionale di Riconciliazione). Nonostante ciò, la sperequazione durò a lungo. La durata superiore del servizio civile sostitutivo di quello armato fu infatti dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale solo nel luglio del 1989.
Una volta parificata la durata del servizio e posta dunque una ragionevole alternativa tra servizio militare e servizio civile, i numeri delle domande di obiezione schizzarono velocemente molto oltre il migliaio che aveva costituito sin lì la media annuale. Furono gli anni in cui la domanda di organizzare il servizio con adeguati Centri di impiego, divenne una questione cruciale anche per il Ministero della Difesa che aveva contraddittoriamente ancora in carico la burocrazia di questi ragazzi che non volevano portare le armi. Alcuni contesti, come ad esempio le Caritas, l’Arci, piuttosto che numerose amministrazioni comunali lungimiranti, aprirono le loro porte ai giovani, sviluppando iniziative capaci di trasformare il servizio sostitutivo, nato da un no di coscienza, in una alternativa credibile per la costruzione della pace. Del resto l’articolo 52 della Costituzione recita che la difesa della Patria è un sacro dovere di ogni cittadino, ma non dice certo che la difesa si debba fare solo lungo i confini e neppure che questa difesa si debba svolgere con le armi!
Dovrei aprire dei lunghi capitoli per descrivere il peso costruttivo che questa legge e il servizio civile che ho svolto dal novembre 1990 all’ottobre 1991 hanno avuto sulla mia esistenza. E posso dire con buona certezza – essendomene occupato a lungo anche come promotore di un Centro Operativo e come formatore - che quasi tutti i ragazzi (purtroppo solo maschi allora) che hanno svolto il servizio civile da obiettori di coscienza includono proprio questa esperienza come uno dei momenti più importanti per la propria formazione umana e civile. Un tempo prezioso speso a servizio della collettività. Si capisce perciò come quella legge, con la richiesta rivolta ai giovani di dichiarare pubblicamente le loro convinzioni di coscienza e di tradurre la volontà in un servizio nell’interesse collettivo, fu levatrice di speranze di pace costruttive. Quella legge fu lo spazio in cui maturare la coscienza individuale; quella legge fu un tempo per sostenere e far crescere la consapevolezza collettiva di un modo altro per fare le cose; quella legge fu levatrice di gioventù, di speranze, di partecipazione politica e di pace.
Oggi sono migliaia i giovani che svolgono il servizio civile. Ogni volta che li incontro – ad esempio durante le belle sessioni formative a cui sono invitato dalle Pro Loco del FVG – mi rendo conto di quanto sia prezioso il tempo speso nel servizio civile. Nel contesto del Servizio Civile trovo sempre dei ragazzi magnifici, reattivi e propositivi come s’addice ad un giovane. Si tratta senza dubbio di un’occasione che rende ciascuno di loro dei veri privilegiati, non tanto perché non devono più passare dalle forche caudine della domanda di obiezione spedita al Levadife, quanto perché hanno il privilegio di imparare a sentirsi utili. A difendere la Patria senza le armi.
Ed è soprattutto per questo che, fedele agli insegnamenti della legge 772/72, non vedrei davvero male la sua trasformazione in un tempo obbligatorio per i giovani europei.