Il lavoro? Lo salva uno sviluppo integrale
L’allarme per gli effetti della tecnologia sull’occupazione «La prossima ondata di licenziamenti non verrà dall’estero, ma dal continuo progresso nell’automazione che renderà obsoleti molti posti di lavoro. E quindi dobbiamo formare un nuovo patto sociale...». Se Obama nell’ultimo messaggio all’America lancia l’allarme vuol dire che la questione del gelo occupazionale è davvero bollente. Su queste pagine ci si è ragionato spesso e in profondità: la tecnologia prodotta dalla genialità umana minaccia infatti di 'rottamarci'; la sua velocità di sviluppo è superiore alla capacità di creare nuovi posti di lavoro. Sta accadendo in tutto il mondo, esasperando le paure per il tempo a venire.
A tanti giovani paradossalmente già pesano gli anni futuri, e molti di loro 'divorziano' dalle democrazie ritenute incapaci di rispondere ai bisogni essenziali delle persone. L’uomo viene sostituito in molte attività ma questo non è un prologo di libertà, bensì di marginalizzazione. E l’aumento di produttività non diffonde ricchezza e diversa occupazione, ma la concentra in sempre meno mani. Come uscirne? È la domanda delle domande di questo inizio 2017. Il fenomeno iniziato attorno al 1779 con l’avvento dei telai per la maglieria, ha caratterizzato le recenti rivoluzioni industriali causando i medesimi dubbi negli uomini e (sempre più) nelle donne delle varie epoche. Ma oggi pare che stiamo arrivando a un punto limite chiedendoci quale sarà la sorte di decine di milioni di persone sostituiti da robot e tecnologia con i relativi impatti sui sistemi di welfare.
La massimizzazione dell’efficienza e del profitto hanno senso, creano opportunità per tutti? Il maestro economista Caffè trovava inconcepibile lo sviluppo non avente al centro il benessere umano sostenendo che una ripresa senza minore occupazione è una indicazione statistica priva di valido interesse. Pochi soggetti ormai dispongono di risorse enormi condizionando mercati e governi. Gli ascensori sociali non funzionano più, e si sta scivolando all’indietro verso epoche nelle quali determinante era la condizione di nascita. E ancor più vetusto appare il metro del Pil – altra grande battaglia culturale e politica condivisa da 'Avvenire' – rispetto alla condizione reale di malessere diffuso e di invece necessario benessere equo e sostenibile. Sappiamo che il lavoro è costitutivo dell’uomo, esprime le sue capacità e dignità.
Corriamo il rischio di enormi sconquassi ed è ora di cambiare. L’ultimo discorso all’America Obama paventa il rischio del gelo occupazionale, per questa via si arriva al cuore della questione, che è il dilagante darwinismo mercantilista. Occorre governare la quarta rivoluzione industriale e il magistero sociale della Chiesa con la spinta di papa Francesco offre importanti riferimenti per rifondare i modelli di sviluppo e patti sociali. L’ormai prossima 48° settimana sociale dei cattolici, centrata sul lavoro, deve essere capace di offrire al Paese un contributo serio e mobilitante verso un nuovo, equo ed ecologico sviluppo integrale. Questa è la sfida del secolo.