La morte di un potente. La chiesa al paragone

Venerdì, 23 Giugno, 2023

Ci sono dei momenti nella storia di un popolo che assumono una tale rilevanza da condensare e riportare ad unità una serie di elementi, attori, mondi che apparentemente sembravano separati, ma che in fondo sono tenuti insieme e rappresentano il prodotto di un’epoca. Essi, questi momenti, diventano delle icone rappresentative di un popolo, delle sue relazioni, dei suoi valori, delle sue fratture, delle sue assenze. Stilemi descrittivi delle connessioni complesse ed articolate di una società che consentono, di ridare senso e capire la storia presente e passata.  Come una luce nel cielo azzurro che squarciando i foschi e corrugati nuvoloni permette di rivedere il paesaggio. Penso che la morte del senatore Silvio Berlusconi che ha desiderato le esequie religiose, abbia rappresentato un momento di svelamento di cos’è la chiesa oggi. Due esponenti dell’alto clero si sono espressi: uno perché intervistato in quanto ideatore e realizzatore del neo collateralismo alla politica berlusconiana: sua eccellenza il Cardinal Camillo Ruini, per 16 anni presidente della Conferenza Episcopale Italiana e l’altro per dovere di ufficio dovendo celebrare le esequie in Duomo dell’illustre personaggio, sua eccellenza l’arcivescovo della Diocesi di Milano Mario Delpini.

Il cardinal Ruini nella breve intervista del politico ricorda fondamentalmente che era un gran simpaticone, che ha sconfitto gli ex comunisti nel ‘94. In fondo già in una precedente intervista aveva dichiarato che la sintonia che aveva con Berlusconi gli ha consentito di “realizzare alcune cose”. Finanziamenti agli Oratori, alle scuole cattoliche, opposizione ad ogni riconoscimento dei diritti degli omosessuali.L’opposizione alla legge sui DICO “diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi” promossa dal governo Prodi, in nome dei valori non negoziabili e la promozione dei Family Day aveva trovato in Berlusconi un sostegno incondizionato. Una politica di negoziazioni e di ricatti senza alcuna riflessione sull’etica e sulla visione della società proclamata dai politici, derubricandola a sfera privata o a semplice argomento di speculazione politica. Un progetto pensato con l’idea che bastassero i soldi per poter incidere sulla società e non la credibilità dei comportamenti, anche nella scelta dei compagni di strada. Ammesso e non concesso che per sostenere il proprio progetto culturale ci si possa appoggiare politicamente ad una parte che questi valori di fatto nega è improbabile, e la storia l’ha dimostrato, che possa portare giovamento alla propria causa. Alla fine restano solo gli scheletri dei rapporti di potere.

Un mercanteggiamento che dà come esito provvisorie adesioni di comodo, negate nella pratica quotidiana. Di fatto il modello berlusconiano ha rappresentato la vera egemonia culturale in Italia. Una cultura individualistica sorta negli anni 80, esasperatamente orientata al successo, esattamente l’opposto di quanto espresso dal cattolicesimo politico e dalla dottrina sociale in diversi decenni. Un progetto culturale ecclesiale accentrato e dispotico si è allontanato dal faticoso lavoro di formare le coscienze annichilendo i laici non allineati a favore degli atei devoti. Il risultato è una chiesa apparentemente sul palco con i vincitori, ma realmente in difesa, assorbita in un attivismo politico-affaristico. Una chiesa che ha perso la capacità di orientare culturalmente, eticamente e religiosamente le persone, illudendosi   di sopravvivere alleandosi con chi quel sistema di valori contrasta quotidianamente.  Alla fine di questo patto ne risulta avvantaggiato, in quanto legittimato, solo chi detiene il potere. Una esplicita rinuncia a mobilitare quella che De Rita definisce una cultura collettiva in grado di esprimere una cultura politica. L’accordo Ruini Berlusconi si è risolto storicamente in una resa e in un assecondamento del primo a favore del secondo.Si è così realizzata l’affermazione hobbesiana secondo la quale poichè la dottrina cristiana non ha autonomia e capacità di aiutare a comprendere il reale, i governanti se ne servono per pura opportunità politica. In fondo una resa è stata anche quella dell’arcivescovo Mario Delpini.

La sua omelia, straordinario evento retorico, è risultata una narrazione delle tensioni proprie di ogni essere umano: la felicità, la vita, l’amore. Chi non ne è impregnato? Anche l’ultimo naufrago sbarcato sulle spiagge del nostro paese ne è ossessivamente e spericolatamente guidato. Una narrazione delle diverse imprese di Silvio Berlusconi: uomo di affari e politico. Una semplice constatazione come se fosse del tutto normale “guardare ai numeri e non ai criteri”! Questo gioiellino retorico rifuggendo anche da ogni minima ombra di dubbio etico termina con un rimando al giudizio finale divino. Ne emerge una neutralità, una sospensione di giudizio. Convenienza? Il dubbio s’insinua: che non si voglia urtare alcuni importanti personaggi lì convenuti? Il card Martini ebbe a riprendere in diverse occasioni negli anni 90 un suo sogno: desidero “una Chiesa che affronta persecuzioni ed insuccesso, che accetta di essere considerata poco potente, ma critica”.

E’ vero che dei morti si tace o si parla bene.  Ma, se separiamo secondo l’antico detto il peccato dal peccatore, dei loro comportamenti, fatto salvo che ogni persona risponde alla propria coscienza, si potrà dire? E un pastore della chiesa se ne può astenere? Rimanda tutto a quel Dio che rischia di essere una lontana astrazione? Plotino rifletteva “se parli di Dio senza la vera virtù, è soltanto un nome”.

In una società in cui ognuno è parametro di sé stesso e non c’è valore o principio che aiuta a discernere e il divino non ha più dimora, che cosa ha da dire la chiesa? Sembra distante il concetto che l’errore o quello che un tempo si definiva peccato è prima di tutto un’offesa a chi ti sta a fianco prima che a Dio che non si può offendere. C’è una densità di immanenza nella vita di una persona che va oltre l’esistenza individuale nel bene e nel male. Che se ne fa la gente di una chiesa che non riflette sulla contemporaneità e rimanda ad una religiosità alquanto semplicistica di un bravo dio borghese che alla fine nella sua infinita misericordia accoglierà tutti i caini ed abele dell’umanità in una allegra festa di promozione di fine anno. È una chiesa o connivente o silenziosa e comunque innocua. Non sarà forse qui una delle ragioni del suo declino e di quello del cristianesimo?