Venezia è una straordinaria città che, a parte questo periodo di COVID, viene visitata da milioni di turisti ogni anno. Se qualcuno dei turisti, avesse avuto l’occasione di passarci più volte negli ultimi 25 anni, avrebbe avuto a Palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio Regionale, il medesimo colore politico: centro destra. Che non muterà nemmeno per i prossimi cinque anni. Per i primi 15 Giancarlo Galan, pluri inquisito e condannato, ha lasciato il posto a Luca Zaia che, tradotto in numeri, gode dell’apprezzamento di circa il 77% dei veneti. Il periodo di Lock down non ha fatto altro che confermare e aumentare il gradimento della sua figura rassicurante, mai sopra le righe. Uno staff scientifico di prim’ordine, a partire dal prof. Crisanti, gli ha permesso di contenere la pandemia. Ed avere in Veneto, a Vo’ euganeo, sempre per merito di Crisanti, la prima ricerca al mondo sugli asintomatici. E 147 conferenze stampa continuative da marzo alle 12.30 con replica al pomeriggio, l’hanno portato, qualora ce ne fosse stata la necessità, ad un risultato straordinario. Tanto da avere, con la sua lista il 44,57% dei consensi e la Lega il 16,92%. Quindi, è chiaro: la vittoria è nettamente del Presidente. Ora il Presidente, può godere in Consiglio Regionale, di una maggioranza schiacciante costituita da 41 consiglieri contro 9 della minoranza. Talmente pochi per la minoranza, da non poter presentare, da regolamento, nemmeno una mozione di sfiducia. Un Presidente che, alla luce di quanto successo il 21-22 settembre, pare non avere, attualmente, alcun avversario politico capace di scalfire il suo assoluto dominio in Veneto. Per contro, la sua forza crea non poche rivalità interne che non scalfiscono il risultato. Vedremo se saranno messe in ombra come sempre accade. Un enorme risultato, un enorme potere ma anche un enorme rischio. Sull’altra sponda, ma a distanza siderale, il Centro Sinistra guidato da Arturo Lorenzoni: docente universitario e vice sindaco di Padova sino alla candidatura. La sua coalizione ha prodotto un risultato che mostra come il centro sinistra abbia molta, moltissima strada da fare: 15,72%. Nella coalizione a sostegno di Lorenzoni, troviamo il PD che con il suo 11,92% ha ottenuto il peggior risultato della sua storia in Veneto. Si pensava che alle scorse regionali, candidata Alessandra Moretti con il 16,6%, di avere toccato il fondo ma non è stato così. La scelta del candidato Presidente ha messo in grosse difficoltà il PD veneto dovendo rinunciare ad un proprio candidato. Con il beneplacito del segretario Zingaretti e dei tre sottosegretari veneti. Che, nel loro silenzio, a parte il candidato a sindaco di Venezia Baretta, hanno lasciato gli altri buttarsi dal burrone. Il PD ha avuto una qualche tenuta nelle città ma , in provincia, si vede la sua debolezza e il dominio di Zaia. Ma questo è il risultato che ha portato in Consiglio regionale 6 consiglieri del PD, 1 del Veneto che Vogliamo, 1 dei Verdi.
I buoni propositi dopo le sonore sconfitte, vanno a schiantarsi contro una realtà che vede il centro sinistra e in particolare il PD in questa regione, in costante difficoltà. La strada, come sempre, è in salita e all’orizzonte non si intravedono novità. Demoralizzarci e gettare definitivamente la spugna? Questo no, ma la strada tortuosa da seguire che inizierà dalla prossima direzione regionale si spera non si trasformi nel viale del tramonto. Le faide interne, le snervanti campagne elettorali da perdenti, mettono decisamente alla prova. Esiste una speranza? Certo, sempre. Quale futuro? Un PD così in Veneto è solo illusione così come tutto il centro sinistra. Abbiamo cinque anni davanti, ma ne sono passati già…venticinque.