Difficile parlare di lavoro in questo 1° maggio. Difficile fare festa per un lavoro che non c’è e che rischia di entrare in una crisi drammatica nell’intero pianeta. Si calcola che negli Stati Uniti, in cinque settimane, la pandemia abbia causato oltre 26 milioni di disoccupati. Sono cifre enormi che gettano nello sconforto. Le cose non vanno certo meglio dalle nostre parti. In Italia Confindustria ha chiesto 15 miliardi entro aprile per garantire liquidità alle imprese e l’Unione europea si è mossa stanziando 100 miliardi per andare incontro alla disoccupazione. I dati sull’occupazione, stimati dal Def, parlavano di un crollo dell’occupazione del 2,1% nel 2020, ora le prospettive sono ben più pesanti, e non sarà facile limitare i danni.
Allo stesso tempo dobbiamo notare come nella crisi pandemica il lavoro ha mostrato la sua importanza: c’è un debito che tutta la società ha contratto con chi lavora negli ospedali, più in generale nel sistema sanitario, ma anche tra coloro che, come i rider, hanno garantito determinati servizi. Mille sono state le prove di competenza e di abnegazione. Solo per ricordare che c'è un'Italia non chiassosa anzi nascosta, che lavora, produce, si impegna ed è la base morale di un Paese che sembra sempre in bilico, ma che si regge sull'impegno di queste persone.
A dire come il lavoro, la sua qualità, siano una struttura portante del Paese.
Va anche detto che la crisi ha fatto sperimentare, in forme e misure assolutamente inedite, la novità del lavoro a distanza applicato ai campi più diversi. Certo si tratta di una sperimentazione utile e occorrerà vedere quanto di questa sperimentazione potrà rientrare nelle nuove forme del lavoro e potrà essere messa a regime. Inoltre l’utilizzo dello Smart Workingha permesso a molte attività economiche di non fermarsi instaurando un nuovo modo diffuso di lavorare, che dovrà essere regolato, ma forse consentirà più attenzione al tema dell'ambiente, della mobilità dei trasporti e della conciliazione del tempo tra lavoro e impegni familiari soprattutto per chi come e donne hanno doppi o tripli impegni lavoro famiglia bambini/anziani. Un modo per ricordarci che la centralità del lavoro, cui richiama la nostra costituzione, significa centralità della persona e che il lavoro deve garantirne il pieno sviluppo, ben oltre la sopravvivenza.
Ma qui si apre il discorso sul dopo. L’eccezionalità del momento va vissuta nella sua drammaticità ma anche come occasione per riflettere sui cambiamenti possibili e necessari perché la disoccupazione è solo un aspetto di un travaglio sciale ben più ampio che l’epidemia porta con se ed evidenzia.
C’è un passo letterario che ci ricorda come un’epidemia inevitabilmente investa l’intera società: «dal momento in cui la peste si fu realmente impadronita di tutta la città (…) disorganizzò tutta la vita economica determinando un numero considerevole di disoccupati» (Albert Camus, La peste)
Il tema del lavoro poi, porta con sé quello della sua tutela. Dobbiamo così ricordare-festeggiare ciò che nella società si fa per la sua tutela. Vi è una data che possiamo richiamare: il 30 aprile 1950 veniva fondata la CISL, il sindacato d’ispirazione cattolica. Una pagina importante del cattolicesimo politico. Un contributo significativo e originale alla più generale storia del sindacato. Mario Romani, un docente della Cattolica che affiancava Giulio Pastore con una visione larga e moderna del lavoro, parlava di “risorgimento sindacale”, intendendo così sfidare il sindacato ricordandogli la centralità della persona del lavoratore. È una provocazione utile da richiamare in questo 1° maggio 2020. E guardando avanti tra i temi su cui ci dobbiamo interrogare, accanto ad un nuovo indirizzo per l’economia, alle priorità industriali e al rapporto con l’ambiente, dovremo porci i problemi della tutela del lavoro : la crisi delle forme sindacali, già in atto da tempo, pone anche questo problema. Nella rivoluzione che investe il lavoro, con l’affermarsi di un lavoro virtuale, fatto individualmente da casa, che ruolo potrebbero avere i sindacati ? Come assicurare la presenza di norme contrattuali giuste e in grado di assicurare la dignità del lavoro ?
Va riconosciuto al governo, nelle difficoltà in cui si è trovato, di aver scelto la strada di una costante consultazione con le parti sociali correggendo le forzature della stagione precedente. È un percorso che andrà continuato perché la stagione che si apre chiederà accanto alle tante provvidenze in termini di cassaintegrazioni e simili, un ripensamento profondo della realtà economica nel suo complesso: dal fisco al welfare, dalle politiche industriali alla tutela ambientale; un ripensamento che porta con sé anche una riflessione sul senso del lavoro, sui nuovi diritti e i nuovi doveri che il lavoro comporta in una società globalizzata e dove l’innovazione tecnologica ha compiuto enormi passi.
Un lavoro che non è più solo fattore della produzione ma che va riconsiderato dentro il dovere che la società ha di provvedere, nel suo stesso interesse, non solo a garantire un reddito a chi perde il lavoro, ma anche a chi lo ricerca. È il tema che papa Francesco ha sollevato quando il 12 aprile, il giorno di Pasqua ha ipotizzato l’adozione di un sistema economico in grado di aiutare le fasce sociali più deboli colpite dall’emergenza, «Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti».
di Ernesto Preziosi