Newsletter n°9 - NATALE 2021

Mer, 22/12/2021 - 17:56 -- nazionale

Cari amici,

a Natale dovremmo essere abitati da un desiderio di pace, vorremmo annunciare speranza. Il contesto però non aiuta, anzi manda segnali preoccupanti di disgregazione, di irrazionalità, di individualismo. E ci richiama ad un soprassalto di umanità: rende più evidente la responsabilità che ciascuno ha per il mondo che abita.

Propongo così qualche riflessione in ordine sparso su alcuni temi che ci vedono coinvolti e che come Associazione coltiviamo.

 

A PROPOSITO DI PANDEMIA

Vorremmo sperare che la situazione in cui ci troviamo, di una pandemia che si protrae, solleciti tutti a guardare alla sostanza delle cose e ad imboccare la via di una fraternità concreta, che poi significa solidarietà, senso di comunità, rispetto delle leggi che vengono a regolare la vita comune. Questa pandemia dovrebbe avere tra i suoi effetti quello di rendere tutti più consapevoli della necessità di risolvere i problemi su di un piano globale. Sul piano culturale rappresenta infatti un colpo pesante ad ogni sovranismo, ad ogni tentativo di chiudersi in piccoli steccati protetti. Non ci si salva se non insieme.

L’esempio della vaccinazione aiuta a comprendere che fino a quando non si sarà vaccinata anche quella parte di mondo che oggi registra cifre bassissime, anche gli altri paesi non si potranno sentire sicuri perché ormai tutto, compresi i virus, circola con estrema facilità. È questa una considerazione che non saprei dire se riguarda la politica estera, le scelte delle nazioni e delle organizzazioni sovranazionali o, prima ancora, il senso stesso della politica in questo tornante della storia. Una variante che viene dall’Africa ci dice che quel continente ci deve interessare e che è necessario mettere quei paesi in grado di avere il vaccino a costi possibili e che quei paesi vanno aiutati perché privi delle infrastrutture necessarie per organizzare la vaccinazione, la conservazione e la distribuzione del vaccino. È un dovere umanitario che si ripercuote sulla possibilità stessa di debellare l’epidemia nel vecchio continente.

In Africa solo l’11% della popolazione è vaccinato mentre in Europa la percentuale supera il 70%. Allo stesso tempo, esiste un surplus di dosi in Occidente che sarebbe già disponibile per vaccinare centinaia di milioni di persone in altre parti del mondo. C’è chi ha notato come a fine ottobre l’Europa avesse inviato nei paesi poveri soltanto un decimo delle trecento milioni di dose promesse. Il problema, come abbiamo visto, non sono i migranti, dato che il caso arrivo in Italia è legato alla vita lavorativa di un dirigente Eni e non a quella massa di donne e uomini lacera e affamata che bussa alle nostre porte.

Mentre la pandemia ci consente di guardare allo scenario internazionale provando ad immaginare politiche attive che non coincidono con le chiusure di vario genere ma immaginino ad un disegno nuovo di possibile convivenza tra i popoli, a livello nazionale occorre capire fino a quando si prorogherà lo stato d’emergenza che consente di derogare a determinate norme in vista e procedere nella logica degli interventi urgenti. L’emergenza è un’anomalia, evidentemente, ma anche una necessità su cui riflettere nel momento che la pandemia non si risolve ma viene rilanciata da successive ondate.

 

SE NON RINASCONO I PARTITI…

In molti avevamo sperato che la pausa obbligata e la collaborazione forzata di più forze politiche per fronteggiare la pandemia consentisse ai soggetti politici di ripensarsi, di mettere a fuoco una nuova forma partito che si avvantaggiasse degli strumenti informatici e della comunicazione online per allargare il numero delle persone coinvolte e per non perdere di vista la necessità di rivitalizzare le regole. Dobbiamo dire che così non è stato e lo scenario di fronte a cui ci troviamo denuncia tutti i limiti dei soggetti politici, la maggior parte dei quali appaiono dipendenti da singoli esponenti e incapaci di offrire una visione di prospettiva.

Il tema “partito” rimane in primo piano e si è in cerca di una soluzione che fa data dalla crisi politica dei primi anni ’90 del secolo scorso. Quante volte si è discusso all’interno dei partiti per realizzare forme più leggere, più aderenti alla realtà, ma i tentativi sono rimasti in gran parte teorici. In gran parte le formazioni politiche hanno rifiutato il termine stesso di partito, volendo rimanere ostentatamente nella forma del movimento salvo poi, come si è visto nel caso dei 5Stelle, dover modificare le proprie convinzioni rientrando passo dopo passo nella forma partito. Il tema è però prima di tutto da affrontare nel quadro del rapporto tra partiti e democrazia. Servono i partiti alla democrazia? Sono indispensabili così come prevede la nostra Costituzione? Se ci sono o diventano un’altra cosa, la democrazia ne soffre?

 

NUOVE FORME PARTITO E UNA NUOVA PARTECIPAZIONE

Da più parti si conclama la fine dei partiti, anche noi come Argomenti2000 ne abbiamo parlato con il prof. Palano in un webinar del 25 maggio 2021 (clicca qui per la registrazione)

Se nel panorama nazionale esiste con questo nome solo il Partito Democratico (che pure stenta in più passaggi ad essere un partito) vorrà pure dire qualcosa? Anche se le forme utilizzabili per il futuro dovranno essere diverse da quelle storiche del nostro dopoguerra, anche se l’informatizzazione può contribuire a creare modalità di consenso differenti e le convocazioni online possono diventare un surrogato degli incontri in presenza nelle sezioni o nei circoli, sta di fatto che i partiti, o comunque li vogliamo chiamare, servono alla democrazia.

Per ascoltare i cittadini, per tradurre in domande politiche le sensibilità diffuse, per organizzare delle risposte vagliando il livello di base e misurandone il consenso, per sostenere gli eletti e in qualche misura per controllarli offrendo la valida mediazione tra cittadino ed eletto a tutti i livelli, a formare classe dirigente, selezionandola sul campo per evitare il continuo ricorso a figure tecniche che a lungo andare snatura la democrazia e rende irrilevante il ruolo dei partiti.

In sostanza la funzione del partito è quella di elaborare una linea politica in grado di raccogliere consenso e confrontarla con linee diverse sul piano generale o su singoli argomenti. In fondo lo stesso confronto elettorale dovrebbe avvenire su basi precise di alternative di programma.

Ciò che in questi anni si è sviluppato nel nostro Paese è una forma partito o movimento che ha sì struttura attorno al centro di gravità di un singolo leader, con una deriva che, se in apparenza può più facilmente ottenere successi elettorali nell’immediato, rivela già nel breve periodo la volubilità del consenso e una verticalizzazione delle forme politiche che creano distanza fra partito e cittadini. Tutto questo è aiutato da una legge elettorale che consente a due/tre persone di fare le liste, selezionando in questo modo la classe dirigente tra amici e clientes, in ogni caso tra persone non in grado di mettere a repentaglio il potere del leader.

Quando nei primi anni ’90 del Novecento i partiti andarono in crisi, non tanto per Tangentopoli ma per motivi più strutturali come la mancanza di alternanza o per il venir meno di uno scontro frontale che aveva retto la scena per decenni e che con la dissolvenza del comunismo vedeva venir meno un “nemico” da fronteggiare, l’Italia mostrava già i segni di crisi eppure qualcosa resisteva. I partiti, pur con tutte le degenerazioni, giocavano un ruolo riflesso nella partecipazione elettorale alta e il Paese si trovava ad essere la quinta potenza industriale. Non si tratta di tornare indietro o abbandonarsi alla nostalgia, quanto piuttosto di porre mano ad una riforma necessaria e urgente. I partiti sotto la guida del leader non hanno alcun interesse a riformarsi e le spinte dal basso rischiano di essere ininfluenti. E questo è un punto delicato e importante: per quale strada si può promuovere un movimento di opinione vasto e radicato che consenta di mettere in moto una spinta dal basso?

Alcuni segnali possono essere colti come indicazioni interessanti. In un quadro di incertezza e con le fatiche che ho richiamato riferite alla capacità dei partiti di svolgere il loro compito, si è assistito al ripetersi del fenomeno delle liste civiche. Esperienza che risponde a varie esigenze, talvolta solo locali e contingenti, in qualche altro caso collegata ad una domanda di buona politica. Uno dei soci fondatori di Argomenti2000, Gianni Saonara, ha svolto una interessante ricerca, ricca di dati, proponendo anche alcune annotazioni che possono aiutare ad approfondire e a guardare al futuro (v. nella sezione PARTECIPAZIONE - politica, partiti, istituzioni)

 

TRASPARENZA, PARTECIPAZIONE, CITTADINANZA

Argomenti2000 ha partecipato ad alcuni recenti incontri previsti da OGP Forum: abbiamo partecipato in quanto OSC, cioè Organizzazione della società civile, all'interno del lavoro per la elaborazione del 5° Piano di Azione.

L’Open Government Forum è la realtà che riunisce i rappresentanti della società civile, del mondo universitario, delle imprese e delle associazioni di tutela dei consumatori interessati ai temi dell’Open Government e che hanno desiderio di partecipare attivamente alla loro applicazione, per una amministrazione aperta.

I Pilastri dell'Amministrazione Aperta sono tre: trasparenza, partecipazione, cittadinanza digitale e innovazione

Trasparenza: I cittadini devono poter accedere a tutte le informazioni necessarie a conoscere il funzionamento e l’operato delle pubbliche amministrazioni. I dati devono, inoltre, essere diffusi in formato aperto (open) per garantirne il riutilizzo e la rielaborazione.

Partecipazione: Cittadini, organizzazioni della società civile e imprese devono essere coinvolti nei processi decisionali e nella definizione delle politiche nazionali e locali contribuendo con idee, conoscenze e abilità al bene comune e all’efficienza delle amministrazioni.

Cittadinanza digitale e innovazione: Le nuove tecnologie rendono l’amministrazione più efficiente e facilitano la trasparenza e la partecipazione civica. L’OGP promuove lo sviluppo di piattaforme pubbliche per la fornitura di servizi, l’espansione della cittadinanza digitale e la condivisione di idee e informazioni.

Argomenti2000 ha partecipato, nella persona di Giandiego Carastro, dando un contributo sul pilastro della partecipazione, prendendo alcuni impegni, in particolare sul tema dei dibattiti pubblici, come possiamo leggere in questa sintesi che trovate nel sito: Le proposte di Argomenti2000 per dibattiti pubblici di qualità | Argomenti 2000

L'aspirazione è che anche nei territori si possano sviluppare delle cooperazioni tra le due associazioni.

Per saperne di più: Open Government Forum - Open Government Partnership Italia

 

5 STELLE E 2 PER MILLE

Con un Referendum digitale cui hanno partecipato 34.000 iscritti il M5S ha archiviato un altro dei capisaldi cui era sceso in campo e con cui aveva agitato battaglie demagogiche sul finanziamento pubblico. Pur mantenendo i legittimi dubbi sull’effettiva evoluzione dei 5Stelle, proviamo a valutare questo passaggio in una chiave positiva: il Movimento va assumendo la forma partito. Lasciamo per un momento in disparte la coerenza e valutiamo l’avvicinarsi a forme legate alla democrazia partecipativa. Se l’M5S mette in archivio la sua diversità antisistema e il ricorso urlato a procedure alternative vi può essere un elemento positivo. Volendo fare un esempio preso dalla storia del dopoguerra potremmo guardare la democratizzazione dei partiti di sinistra entrati gradualmente nell’area di governo con modifiche al proprio statuto e con il riconoscimento della prassi democratica. È un cammino tutto da verificare, ma è giusto notarlo.

Certo si tratterebbe di sapere in che misura l’elettorato “di protesta” quelli del “vaffa” seguiranno questo percorso nelle urne. Ma inventabile che un movimento nato come antisistema arrivando al governo perda parte di quei consensi. Il punto è quanti ne riuscirà a raccogliere nel sistema inevitabile di alleanze di coalizione. È probabile che tra poco abbandoni un altro pilastro della sua entrata in politica: il limite dei due mandati. Quest’ultimo aspetto può segnare un punto problematico: d’accordo con l’entrata del Movimento in una fase nuova, ma togliere il limite dei mandati (su cui peraltro i partiti tradizionali facevano larghe eccezioni) abbinato ad una legge elettorale che difficilmente cambierà e che lascia alle segreterie mano libera sulla scelta delle liste e quindi degli eletti, rischia di produrre una chiusura della classe dirigente anche per i 5 Stelle.

 

A PROPOSITO DI QUIRINALE

La debolezza dei partiti si riconosce anche nelle contorsioni del dibattito che prelude alla nomina del capo dello Stato. C’è incertezza sul profilo del futuro presidente, la personalizzazione dei partiti non consente di uscire da uno schema sostanzialmente bloccato, salvo invocare un’alternanza in virtù di un bipolarismo che non c’è e di una maggioranza della destra fatta di sondaggi e non di risultati. Avvisaglie pericolose che parlano di una destabilizzazione ulteriore e di un’occasione mancata perché i partiti tornino a fare politica. E questo in un momento in cui la stabilità avrebbe un valore aggiunto nel portare a termine la strategia post Covid.

Abbiamo firmato insieme ad altre associazione una sorta di identikit di come dovrebbe essere il futuro Presidente della Repubblica.  (clicca qui per leggere il documento)

Tuttavia il passaggio dell’elezione del Presidente della Repubblica porta con sé anche altri temi che ci chiedono di guardare avanti verso la fine della legislatura. La sconsiderata riforma del taglio orizzontale dei parlamentari cui, nonostante gli impegni, non ha fatto seguito alcun contrappeso delle modifiche regolamentari o simili (adesso si ventila una riforma costituzionale per abolire il semestre bianco che elimina l’impossibilità di sciogliere le camere negli ultimi sei mesi di mandato presidenziale) purtroppo al calo numerico non è detto che corrisponda un aumento di qualità del personale politico.

Anche se può apparire scontato, dobbiamo ribadire come oggi in crisi sia la stessa democrazia. È in crisi nella percezione comune, nell’arretramento delle conoscenze, nella distanza siderale dall’esperienza di coloro che sono usciti dalla guerra e hanno combattuto per la democrazia. C’è carenza di senso civico e quindi dello stato. Senza la coscienza dei cittadini, le istituzioni da sole non possono svolgere il loro compito. Il calo costante di partecipazione elettorale è un indicatore troppo sottovalutato. A preoccuparsi dovrebbero essere i cittadini perché chi fa politica di professione, tutto sommato può essere agevolato dal contrarsi del corpo elettorale eppure il percorso democratico è la migliore garanzia per i diritti e la libertà.

Riflessioni in ordine sparso, come ho detto, che possono alimentare il nostro confronto, arricchendosi dell’opinione di tanti amici. All’inizio del nuovo anno comunicheremo alcune iniziative su cui avremo modo di tornare.