Per una politica europea del salario minimo in Italia

Martedì, 24 Maggio, 2022

«Questa proposta, mettendo in comune le produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità, le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi che vi aderiranno, costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace. Per giungere alla realizzazione degli obiettivi così definiti, il governo francese è pronto ad iniziare dei negoziati sulle basi seguenti.

Il compito affidato alla comune Alta Autorità sarà di assicurare entro i termini più brevi: l’ammodernamento della produzione e il miglioramento della sua qualità; la fornitura, a condizioni uguali, del carbone e dell’acciaio sul mercato francese e sul mercato tedesco nonché su quelli dei paesi aderenti; lo sviluppo dell’esportazione comune verso gli altri paesi; l’uguagliamento verso l’alto delle condizioni di vita della manodopera di queste industrie.»[1].

 

Le parole dell’allora ministro degli esteri francese Robert Schuman, nel testo citato della dichiarazione che porta il suo nome e preannunciava la nascita della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, tornano ad interrogare l’oggi della vicenda politica europea. La pandemia prima e l’esperienza della guerra di aggressione fra stati tornata nel Vecchio Continente poi, sono due eventi che hanno portato alla luce la fragilità non solo di strutture e sensibilità culturali, ma hanno messo in luce l’inadeguatezza di una politica che non si concepisce come pensiero delle cose, come intelligenza della realtà. Perché senza una fedeltà alla ricerca della verità delle cose manca poi la capacità di pensare orizzonti possibili e dunque costruire itinerari comuni sotto forma di consenso. Le parole di Schuman, in particolare, ricordano l’esistenza, alla radice dell’intuizione politica di un’Europa unita, non solo di un tratto meramente utilitaristico ma di una più attenta percezione dell’esistenza di un legame profondo fra sviluppo economico, cura del lavoro e pace. La storia europea era stata segnata da una frequente violazione della dignità del lavoro, che si era intrecciata con politiche di sviluppo competitive e conflittuali, che avevano seminato l’odio su cui era prosperata la guerra.

È questa una intuizione storico-politico che vale la pena ribadire allorché ci si appresta a parlare di lavoro nei giorni in cui si celebra la festa dell’Europa. Soprattutto perché il tema inizia sempre più ad assumere un connotato politico europeo, in ragione di specifiche iniziative ma anche e soprattutto di una volontà politica che si è espressa nelle istituzioni dell’Unione Europa: il Parlamento e la Commissione. Una prospettiva essenziale e oramai imprescindibile, che occorrerebbe assumere come l’orizzonte di partenza di ogni elaborazione politica sviluppata nei singoli stati europei. Caso emblematico, al riguardo, è quello del salario minimo garantito, che è tornato ad essere oggetto dell’attenzione pubblica in occasione dello scorso primo maggio. È questione di cui da tempo si discute in Italia e che arriva a impegnare in queste settimane le aule parlamentari grazie a due disegni di legge depositati al Senato[2]. Il primo, che ha come primo firmatario, l’ex ministro Catalfo, è la nuova versione di una prima proposta risalente al 2018; il secondo è invece frutto di una proposta del Partito Democratico e nasce anch’esso dalla ripresa di una proposta di Graziano Delrio risalente anch’essa al 2018[3].

Uno sguardo ai due disegni di legge mostra una convergenza di fondo circa le intenzioni che si intende perseguire e la ratio che motiva l’introduzione di questa norma. Entrambi i testi intendono infatti porre un argine alla progressiva svalutazione dei salari, che consegue dall’evoluzione delle formule contrattuali e del sistema delle tutele italiano nel quadro delle relazioni economiche globali. Rispetto alla tendenza ad una compressione dei salari il legislatore propone di fissare un tetto minimo ai salari sia per quelli che dipendono dalla contrattazione collettiva nazionale che per quelli che da quella contrattazione sono esclusi. La proposta Catalfo è quella di un salario minimo lordo di 9 euro l’ora, che funge da soglia minima. Una misura destinata ad essere monitorata e rivista ad un’apposita Commissione per l’aggiornamento del valore soglia del trattamento economico composta da soggetti istituzionali e realtà sindacali e imprenditoriali. La proposta del Partito Democratico va invece nella direzione di un salario minimo di 9 euro l’ora al netto dei contributi versati, destinato ad essere indicizzato annualmente rispetto ai prezzi al consumo. In questa seconda opzione il salario minimo non ha però un carattere completamente generale, perché attraverso la contrattazione e la concertazione si lascia la possibilità di escludere alcune categorie e funzioni dall’applicazione della norma.

Alla luce di questo stato dell’arte, una valutazione circa il tema del salario minimo richiede non solo una considerazione di ordine parlamentare, relative alla traduzione delle proposte politiche in termini di norme possibili. Serve piuttosto una più attenta e ampia disamina dei diversi aspetti che sono implicati nel dibattito sul salario minimo, provando a misurarsi con quello che è il dibattito pubblico italiano sull’argomento e al tempo stesso cercando di capire come l’iniziativa normativa che su questa materia è in corso in sede europea incida sulla maturazione di una decisione politica in sede nazionale e sulla sua traduzione in leggi e istituti di applicazione delle disposizioni stabilite.

 

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[2] Per un quadro complessivo si veda O. Razzolini, Salario minimo: la direttiva non chiude il discorso, disponibile all’indirizzo https://www.lavoce.info/archives/71893/salario-minimo-la-direttiva-non-chiude-il-discorso/.

[3] Si tratta rispettivamente dei disegni di legge n. 2187 e n. 310 depositati il 22 aprile 2021 e il 3 maggio 2018. Gli atti sono accessibili sul sito del Senato della Repubblica ai seguenti collegamenti: https://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/53949.htm e https://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/49461.htm