Sulla Giornata della memoria, e la memoria di ogni giorno

Lunedì, 14 Febbraio, 2022

Fare memoria, ricordare, è uno dei verbi più frequenti nelle scritture ebraiche, nella Torah. C'è un'educazione al ricordare che è bilaterale. Israele fa memoria delle azioni divine e chiede a Dio di ricordarsi del suo popolo. La tradizione religiosa ebraica non è gerarchica. Sopravvive grazie alla trasmissione identitaria familiare. Tutte le feste ebraiche sono imperniate sulla trasmissione della memoria. Sia lo shabbat, la creazione del mondo, che la Pasqua, l'uscita dall'Egitto, hanno il precetto del ricordo. Ma la coscienza ebraica come affronta la pesante e tremenda memoria della Shoah? C'è la storiografia che registra la conoscenza degli eventi storici. E c'è appunto la memoria, che è già un'elaborazione della ricaduta sull'identità personale e collettiva. La memoria della Shoah, per gli ebrei, è costruzione di un ethos, un comune sentire su eventi costitutivi di un'identità, un con-sentire un nucleo di valori dello stare insieme, basato su conoscenza, memoria, intelligenza e sfera emotiva. La Shoah è diventata un enorme peso mnemonico aggiuntivo a una già lunga storia di sofferenza e difficoltà ad essere e restare ebrei nell'Europa del secondo millennio. Per magnitudo e modalità la tragedia della Shoah è la più grande catastrofe ebraica dalla distruzione del tempio di Gerusalemme. E come tale diventa un grande fattore identitario. La data simbolica del 27 gennaio, però, travalica la vicenda ebraica. L'Europa che conosciamo oggi è uscita da Auschwitz. Segna la fine di un ethos totalitario e l'inaugurazione di una nuova stagione europea basata sul tentativo di aggregare. Oggi c'è un'infinità di strumenti per la conoscenza storica, ma si sta erodendo il consenso sui valori. Per questo è importante un'educazione alla memoria, che comprende anche una carica emotiva.

Il tema dell'identità e della memoria storica, possono elaborare una concezione di memoria e storia come due momenti, uno sacro (la memoria) e uno laico (la storia) che si muovono su piani sostanzialmente differenti: la storia in quanto operazione intellettuale e laicizzante, richiede analisi, metodo e approccio critico. La memoria colloca il ricordo nell'ambito del sacro; la storia lo stana e lo rende prosaico. La memoria si radica nel concreto, nello spazio, nel gesto, nell'immagine, in un oggetto. La storia si installa nelle continuità temporali, nelle evoluzioni e nei rapporti tra le cose. Le persone hanno quasi un bisogno fisico di raccontare la propria storia, per strutturarne la memoria.

Paul Ricoeur ha notato come Il verbo "ricordarsi" designa il fatto che la memoria è "esercitata". Per Sant'Agostino esistono tre tempi nell'animo umano: il presente del passato, che è la memoria; il presente del presente, ovvero la visione; il presente del futuro, chiamato attesa. E se Marcel Proust riteneva che la realtà non si formasse che nella memoria, per Gesualdo Bufalino “i ricordi ci uccidono. Senza memoria, saremmo immortali”. Identità e memoria, poi, sono facce di una stessa medaglia. La Giornata della Memoria del 27 gennaio è una celebrazione volutamente e forse tardivamente (dal 2005) dedicata al concetto di memoria. Il tema della memoria rischia di essere banalizzato o reso retorico, soprattutto in occasione di ricorrenze calendarizzate. Deve però diventare il nesso tra rappresentazione del passato, volontà di comprendere il presente e di progettare il futuro. Il passato, a volte mitico, immaginato o retoricamente costruito, è messo a fondamento della legittimità delle comunità che si formano. Le cosiddette memorie collettive (termine non immune da ambiguità) sono spesso strumentali a costruzioni di identità, più che altro nazionali: l'antica Roma, il rinascimento, le guerre d'indipendenza, la Resistenza sono i casi più emblematici di periodi storici che vengono presi a fondamento dell'identità italiana. Anche gli autoritarismi non hanno potuto fare a meno di questo continuo richiamo al passato. Quando, invece, è cambiato il paradigma di approccio alla memoria storica? Con la fine della seconda guerra mondiale si è aperta una nuova fase. C'erano vinti e sconfitti. Si sentì la necessità di una memoria collettiva. La Germania aveva una recente memoria ingombrante da maneggiare. L'Italia ha fatto una memoria selettiva, ponendo la fase della Resistenza a fondamento della nuova Repubblica.

La Giornata della memoria ha mosso i primi passi in questo cambiamento di prospettiva. Lo stemperarsi delle ideologie novecentesche è stato di aiuto. Dagli anni novanta del Novecento, con la caduta del comunismo, si è affermato lo slogan "la storia è finita". Il concetto di fine della storia ci ha privato di grandi progetti per il futuro, e si è instaurato un nuovo orientamento nella cura del passato. Alla memoria di lungo periodo, che puntava sulla vittoria di uomini e idee, che andava dalla Rivoluzione francese alla Resistenza passando per la prima guerra mondiale, si è sostituita una memoria dal punto di vista delle vittime: vittime della guerra, dei totalitarismi, delle mafie, del terrorismo. Una sofferenza universale il cui racconto dà senso al nostro vivere. La memoria dell'Olocausto è una memoria cosmopolita, e unifica l'Europa dal punto di vista simbolico. Costruisce una memoria fondata sulle esperienze, tragiche, e non sugli eventi dello stato-nazione. Il punto di vista sulla memoria diventa quello delle vittime incolpevoli: le vittime dei lager, di Marcinelle e del Vajont, dei naufragi dei migranti, dei disastri naturali o provocati dall'incuria o dalla speculazione, della criminalità organizzata, oggi delle vittime del Covid. Serve sempre, però, il rigore storico, sociologico e politico nel ragionare sul passato.

Per noi ci sarà la memoria della lunga esperienza collettiva della pandemia. Di questi anni ricorderemo prevalentemente le esperienze personali legate ai lutti familiari, ai divieti vissuti, alle limitazioni imposte, alla dad, al fare il pane in casa, dei camion militari con le bare, dell’immagine di Papa Francesco che pregava da solo nel deserto della piazza San Pietro. Ma la memoria non è solo nella mente. È anche nel corpo: il distanziamento sociale (e le disparità che questo ha creato), il non abbracciarci più o il non darci la mano … sono elementi già ben presenti nella nostra memoria.