Responsabilità, raccomandazioni e strategia vaccinale

Lunedì, 14 Giugno, 2021

Abbiamo perso una ragazza di 18 anni, che è stata vaccinata con A Z nonostante avesse una piastrinemia su base familiare ed in cura ormonale. Due condizioni che si accompagnano, insieme alla giovane età ed al sesso, ai casi avversi di trombosi venosa nei vaccinati con tale prodotto. Sono condizioni indagate da molti mesi, e su cui ci sono report dell’EMA e dell’AIFA. Che, tuttavia, non sono stati sufficienti a far emettere al C.T.S. più di una “raccomandazione” alle regioni, con l’indicazione di destinare “preferenzialmente” il prodotto AZ agli ultrasessantenni. Raccomandazione che non è servita nemmeno ad introdurre nella valutazione dello screening anamnestico prima della somministrazione il controllo di condizioni ostative.

Ma cosa ci vuole per definire una griglia di condizioni di compatibilità per la vaccinazione? Non sarebbe un compito della programmazione vaccinale? In questo caso informatizzare la scheda anamnestica avrebbe fatto la differenza!

Abbiamo così perso una giovane vita, per la mancata valutazione di una situazione genetica (piastrinemia) con cui mia madre (che a giorni compie 100 anni) convive senza conseguenze.

Ma qual è il deficit di organizzazione che l’ha determinata? E quali sono le conseguenze della paura generata circa l’impiego dei vaccini? Ed ancora, quali coseguenze avrà sul completamento della campagna vaccinale?

Il primo quesito, doloroso perché esistevano evidenze delle possibili complicazioni tromboemboliche, è nel malato rapporto regioni-stato: un’autonomia irresponsabile, nel senso di rifiutare responsabilità, sottrarsi ad ogni pianificazione, ma rivendicare l’autonomia di scelta su priorità vaccinale, fascie anagrafiche o gruppi sociali, ed anche sui prodotti da impiegare. Dopo l’inopportuna rivendicazione di autonomia, la rincorsa a scansare le responsabilità: nessuno rivendica le scelte errate e cerca, in un consolidato copione, di distribuire su altri le conseguenze di una scelta assunta autonomamente ma senza assumerne la responsabilità.

Mi soffermo su questo punto perché ritengo sia cruciale affermare il principio di competenza, coordinamento e responsabiltà per un’organizzazione sanitaria. Che è la stessa cosa che premiare il merito, selezionare i migliori, avere protocolli efficenti e sostenibili di sanità pubblica.

Circa il secondo punto, le conseguenze della paura, devo osservare come l’annuncio di “raccomandazioni forti” del C.T.S. che diverranno cogenti nelle disposizioni del Ministero della salute, più che nel merito dell’organizzazione e sul suo coordinamento e controllo, sembra operare sullo scarico di responsabilità delle regioni come sopra evidenziato, e nella ricerca di una rassicurazione dei cittadini sulle seconde dosi con A Z.

Sul terzo quesito, esiti della campagna vaccinale, ho elaborato i dati delle persone per fascia d’età in attesa delle seconde dosi con AZ, e delle scorte di vaccini per regione, che riporto in appendice. Sono in attesa della 2 dose con A Z 4,9 milioni di persone, di cui solo 1 milione minori di 60 anni.

Quindi, con le attuali disponibilità di vaccini, non ci dovrebbero essere significativi problemi di approvviggionamento, anche sostituendo AZ con vaccini ad mRna per la seconda dose.

Devo, però constatare, come ho già notato, che la campagna vaccianle dei ragazzi è partita come un fatto propagandistico e con l’ottica di svuotare i magazzini (tipo saldo di fine stagione) dei prodotti a breve scadenza (AZ soprattutto). È mancata ancora una volta una visione strategica, non solo di costo-beneficio per la gestione del rischio di reazioni avverse, ma della stessa prospettiva dell’immunizzazione collettiva del paese.

L’11 giugno ho fatto nel Lazio (a S. Maria della Pietà, l’ex ospedale psichiatrico) la seconda dose con Pfizer: ho verificato l’esistenza dell’anagrafe vaccinale (regionale) dei dati che avevo comunicato all’anamnesi: mi è stato detto che il monitoraggio degli anticorpi nei primi vaccinati (gennaio) fa prevedere l’esigenza di un ulteriore richiamo. Mi auguro che l’anagrafe sanitaria diventi una prassi operativa del SSN per ogni referto o diagnosi. Ricordo che nei primi anni ‘80 (40 anni fa) la regione Lombardia pubblicò la struttura dei dati sanitari prevedendo tre livelli di accesso per diverse finalità: il confronto con le pietose performance lombarde nella prima fase delle vaccinazione dà la misura del divario esistente.

La cosa che temo è che si getti il bambino con l’acqua sporca: lo scarico di responsabilità e la psicosi generata porti ad obliterare del tutto un vaccino (A Z) che, ad esclusione delle fasce e delle condizioni a rischio, ha la stessa possibilità di effetti collateri avversi di ogni oltro!

Ed, ancora più grave, che comporti una compromissione della strategia vaccinale per l’eradicazione della circolazione virale nel nostro paese. Ma questa è un’ipotesi strategica su cui non mi sembra (o comunque non ne ho notizia) si cimentino le regioni e, forse, al contrario di quello che fa la Germania (che ha un presidente del consiglio laureato in fisica ed in fine mandato) nemmeno le strutture scientifiche di consulenza della presidenza del Consiglio!

Appendice

Dati al 13 giugno 2021