
Venerdì 22 agosto, accogliendo l’invito di papa Leone per una giornata di digiuno e preghiera, in molte città si è svolto un incontro di preghiera e riflessione per la pace.
DI FRONTE AD UNA TRAGEDIA ASSURDA
È stata l’occasione per ripensare alla tragedia che vede attualmente ben 56 conflitti nel mondo (mai così tanti dalla fine della 2° guerra mondiale) che coinvolgono più o meno direttamente quasi 90 paesi. Nel corso del 2024 le guerre hanno causato centinaia di migliaia di morti e costretto a migrare oltre 100 milioni di persone. Si tratta di quella “terza guerra mondiale a pezzi” di cui ha parlato papa Francesco fin dal 2014. “Mondiale”, quindi ci riguarda. Non a caso durante questa preghiera è in tanti luoghi riecheggiato il tema sulla “vergogna” (a partire dalla lettura del profeta Daniele, al cap. 9) e sulla responsabilità di ciascuno rispetto a quanto accade, una realtà di cui chiedere perdono. Perché, se pure non abbiamo responsabilità dirette nel causare la guerra, facciamo parte della stessa famiglia umana. Ma su tutti aleggia la tentazione di girarci dall’altra parte, nell’illusione di salvarci per conto nostro.
IL DUBBIO: A CHE SERVE?
Proprio questo punto ci pone di fronte ad una domanda, un dubbio: che senso ha pregare per la pace, mentre missili e cannoni seminano morte e distruzione? Perché rivolgerci a Dio, mentre sembra che i “capi delle nazioni” non riescano (o non vogliano) sedersi per cercare le vie della pace? E’ giusto interrogarci, affinché la preghiera non diventi una “via di fuga” né appaia un’ illusione infantile rispetto al senso di impotenza che proviamo di fronte a così tanta violenza e sofferenza. Lo spettacolo della guerra che quotidianamente ci viene offerto rischia di renderci incapaci di qualsiasi reazione che non sia quella della violenza; ci rende muti, ci fa sentire stupidi, incapaci.
La preghiera non serve a convincere Dio a darsi da fare per la pace. Dio non ha bisogno di essere convinto perché è Lui per primo che ci invita a costruire la pace e ci ha indicato le strade per farlo: la giustizia e il perdono, il dialogo e il rispetto della dignità di ogni essere umano, valori e azioni che si fondano sulla comune fratellanza tra tutti gli esseri umani e tutti i popoli. La preghiera ci aiuta a cogliere l’invito che Dio nella sua misericordia continua a rivolgere agli uomini e alle donne del nostro tempo; essa diventa un modo per renderci coscienti di ciò che siamo e delle responsabilità che abbiamo, degli sbagli che facciamo e dei modi per affrontare la situazione.
COSCIENZA E SPERANZA
Non è quindi una fuga dalla realtà, ma proprio il contrario: comprendere le cause di queste tragedie (“un deserto terribile, provocato dalle scelte degli uomini” secondo le parole del card. Zuppi) e ritrovare le ragioni di speranza, così da sostenere gli sforzi per costruire la pace. Essa non può essere frutto della forza, ma il risultato del dialogo e del disarmo, materiale, (riguardo alle armi), e morale, riguardo alle azioni, agli atteggiamenti e ai pensieri. E su questo piano siamo tutti coinvolti.
Ma non si tratta di un fatto scontato, né automatico. Infatti, per alimentare questa speranza occorre coltivare una cultura di pace, che oggi deve fare i conti con una “cultura della guerra” che si diffonde anche negli atteggiamenti e nei modi di esprimersi quotidiani: la guerra, la mentalità della violenza e della sopraffazione sono “contagiose” e sovente diventano addirittura affascinanti, attraenti. Alimentano l’atteggiamento di dominare sugli altri. O danno l’illusione che con la violenza e la guerra si possano risolvere rapidamente i problemi, mentre se ne generano altri e peggiori. L’esperienza storica ce lo conferma con piena certezza.
Per questo pregare Dio per la pace aiuta a far crescere dentro di noi una “mentalità di pace” e il coraggio per far fronte a guerra e violenza. Il coraggio di riprendere la parola di fronte alla vergogna. Non si tratta di una fantasia per poveri sciocchi. A fronte della propaganda di guerra, occorre infatti non smarrire la bussola delle possibili alternative alle promesse che le guerre portano con sé (vantaggi economici, controllo politico, potenza nei rapporti internazionali, …). Oggi abbiamo molteplici risorse e possibilità culturali e tecniche, istituzioni e forme di cooperazione per promuovere il diritto internazionale, istruire, curare, distribuire cibo, affrontare i cambiamenti climatici. Per sostituire allo scandaloso investimento in armi (in particolare in quelle nucleari) altre forme di deterrenza, capaci di aprire sentieri di dialogo e passi costruttivi di pace.











