Oltre le macerie di un’elezione presidenziale: la democrazia come programma politico

Lunedì, 31 Gennaio, 2022

All’indomani della elezione di Sergio Mattarella alla carica di Presidente della Repubblica per un secondo settennato le analisi e le valutazioni politiche e degli osservatori mettono in luce un panorama politico e istituzionale profondamente provato. L’itinerario che le forze politiche hanno intrapreso per arrivare al voto di sabato pomeriggio impone infatti una riflessione. Il disordine con cui le dirigenze di partito hanno cercato di dispiegare accordi capaci di fare da base per una elezione da parte del collegio elettorale dei “grandi elettori”; l’emergere e il rapido tramontare di candidati possibili consumati nella comunicazione digitale prima ancora che nelle trattative fra responsabili politici; l’immagine di un Parlamento e di un corpo elettorale abbandonato a sé stesso, senza la guida politica dei partiti e delle loro dirigenze: tutte queste sono le tessere di un mosaico che difficilmente può essere esemplificato da letture unilaterali.

È certamente vero, come molti attenti osservatori hanno evidenziato, che sull’intera vicenda pesano in modo significativo alcuni elementi. Vi è una evidente inadeguatezza politica e istituzionale di figure di rilievo delle dirigenze di alcune importanti forze politiche, più abituate a misurarsi con l’immediatezza delle piattaforme digitali che con la paziente prudenza della mediazione politica. Vi è la fragilità di partiti che nella torsione leaderistica che anche la politica italiana ha conosciuto negli ultimi decenni hanno accentuato divisioni interne e sostituito il pluralismo delle idee e delle sensibilità con cui si costruisce una proposta politica con la coesistenza competitiva di visioni dal respiro corto, spesso individuali, che si legano a chi, in una determinata contingenza, appare come la figura forte, in grado di garantire la conquista del consenso elettorale. Vi è la debolezza di una geografia politica che si struttura in coalizioni o schieramenti di cui si fatica a comprendere una ratio politica articolata e capace di sviluppi e si osserva piuttosto la natura elettorale e una finalità che guarda alla possibilità di gestire il potere piuttosto che a dispiegare un processo politico.

In questo quadro, schiacciato tutto sull’immediatezza di un presentismo che ha la durata veloce di un messaggio sui social media, sembra emergere come anche nel caso di questa elezione presidenziale il nostro panorama politico abbia di nuovo lasciato emergere la fatica di pensare la democrazia come processo, dunque come qualcosa che per prima cosa richiede tempo e necessita di una intelligenza delle cose che aspiri a cercarne la verità. Un’attitudine, questa, che impone lo sforzo di andare al di là della superficie e di calcoli fondati per lo più su un punto di vista personale o su criteri limitati. Occorre infatti chiedersi se di fronte all’opinione pubblica del paese e non solo – vista l’importanza che questo passaggio assume anche sul piano europeo e internazionale a motivo della funzione che la Presidenza della Repubblica ha assunto rispetto a questi ambiti della vita del paese – sia avvenuta la semplice ostensione del frantumarsi di alcune guide politiche e del frantumarsi di schieramenti e forze politiche.

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