Newsletter n°9 - Agosto 2019

Mar, 27/08/2019 - 09:58 -- nazionale

Cari amici,

eccoci sul finire di agosto alle prese con una crisi di governo dai contorni carichi di preoccupazioni.
Come associazione stiamo seguendo giorno per giorno, cercando anche di offrire un contributo.
Si vedano sul sito le due Note e i due editoriali:

Ci auguriamo, nell’interesse del Paese, che si possa trovare una soluzione sensata. Anche se siamo consapevoli dei rischi e delle incognite che un governo si troverà ad affrontare in un contesto lacerato. Nel frattempo, da parte nostra prosegue la preparazione della

TERZA COSTITUENTE DELLE IDEE

che si terrà a Roma, sabato 12 ottobre ...e avrà per tema: “Guardare la realtà con l’intelligenza delle cose”. Un appuntamento importante da segnare fin d’ora in agenda.

Così come stiamo lavorando al seminario su invito che si svolgerà nell’Abbazia di Fonte Avellana il 20-22 settembre.

Due appuntamenti in cui mettere a punto contenuti e proposte per l’attuale scenario politico.
Una parte non indifferente del lavoro, in vista della Costituente, può già essere fatta dai territori. Un lavoro che raccolga esperienze e sensibilità a partire dalle schede che trovate sul sito.

Gli argomenti presi in considerazione sono tanti ma necessariamente ricondotti a CINQUE AMBITI   principali individuati in: 1 Lavoro ed economia; 2 La famiglia come soggetto vitale di un tessuto sociale; 3 La contribuzione fiscale e lo stato sociale: il senso di un’appartenenza civica; 4 La salute come diritto; 5 La cultura come sviluppo.
Il lavoro sulle schede, a sua volta, ha come cardini di riferimento: Europa, ambiente e costituzione, che debbono essere come una sorta di “macro temi” trasversali e già questo indica un metodo e dà un indirizzo, perché fissa dei criteri o degli orizzonti nei quali ricollocare i singoli problemi. All’interno di questa prospettiva ampia lavoreremo riferendoci alla concreta situazione italiana. Approfitto anche per segnalare una bella iniziativa promossa dagli amici de "Il Regno" (programma)

 

RIPENSARE LE FORME DELLA POLITICA 

Gli sviluppi della crisi in questi giorni e le modalità stesse in cui si è aperta, hanno messo in luce ancora una volta il malessere profondo della politica: occorrono forze politiche capaci di dare rappresentanza e di ottenere consenso intorno ad una visione e di farlo attraverso programmi riconoscibili, confrontabili, nella ricerca di una convergenza o di alternative possibili. 

Vi è un tema evidente che riguarda la capacità dei partiti di strutturarsi attorno ad un’intelligenza profonda delle esigenze, delle lacerazioni e delle attese del Paese. Uno snodo, questo, imprescindibile e per il quale serve un’idea nuova di partito e di forza politica che riannodi le fila di un rapporto fra politica e culture, incluse quelle di ispirazione cattolica, che da troppo tempo è uscito dall’agenda delle nostre classi dirigenti. La grande crisi in cui versa la democrazia rappresentativa, unita ai rischi che il Paese corre, richiede un impegno per vitalizzare la dinamica democratica a cominciare dalla costruzione di soggetti politici capaci di raccogliere.

 

VERSO UN NUOVO GOVERNO

La soluzione verso cui ci si avvia non solo non mette tutti d’accordo, ma lascia in sospeso non poche incognite.  Ci si avvia lungo una strada in cui non sarà facile convincere tanti italiani che la soluzione proposta è la migliore, certo nelle condizioni date. Importanti non saranno solo alcuni punti chiari del programma, importante è sapere che la crisi con cui ci misuriamo è la crisi della democrazia partecipativa. Il populismo, i sovranismi che intendiamo fermare non sono il male, sono un sintomo di ciò che non va nell’organismo del Paese e più in generale nelle società sin qui rette da democrazie rappresentative attraverso istituzioni liberali. Ed è su questo che occorre intervenire con idee e proposte, motivando un consenso largo, coinvolgendo l’intero Paese a cominciare dai suoi gangli vitali: in questo vi è un compito importante anche dell'associazionismo.

Andiamo incontro ad una possibile alleanza Pd-M5S con un programma di governo concreto con due obiettivi minimi: impedire l'aumento dell'Iva ed abbassare le tasse. In primo piano ci sono cinque punti che il PD ha posto come pregiudiziale per aprire un dialogo: appartenenza leale all'Unione europea; pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa, a partire dalla centralità del parlamento; sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale; cambio nella gestione di flussi migratori, con pieno protagonismo dell'Europa; svolta delle ricette economiche e sociali, in chiave redistributiva, che apra una stagione di investimenti.

Tuttavia, sullo sfondo sta la necessaria azione riformatrice e l’urgenza di mettere in campo la capacità di guardare avanti creando le condizioni per un percorso condiviso.
Il PD poteva scegliere la strada di chiedere con convinzione che si andasse ad un confronto elettorale. Ha scelto una sfida diversa. In una  sua dichiarazione ha sottolineato come si tratti di una scelta in discontinuità con quello che Salvini, in un momento di ordinaria follia da onnipotenza, ha interrotto.

Quella che si apre potrebbe essere l'inizio per l'Italia di una nuova stagione politica, civile e sociale.
Un nuovo governo che “convinca le Italiane e gli Italiani che le difficoltà economiche e sociali ci sono, ma possono essere superate dall'impegno comune e dall'ingegno di tutti.
Un governo - è scritto nella nota del Pd - per le ragazze e i ragazzi che tra pochi giorni torneranno a sedere sui banchi di scuola e nelle aule universitarie.
Per i tanti diplomati e laureati che non siamo riusciti a trattenere, costringendoli a cercare altrove, spesso molto lontano, quel diritto al futuro che un grande Paese, che è l'Italia, deve saper offrire.

Un governo per coloro che sono alla ricerca di un lavoro e desiderano realizzare qui il proprio progetto di vita.
Un governo che investa nelle imprese per la crescita economica fondata sulla legalità e su un nuovo modello di sviluppo verde, e che abbracci una chiara discontinuità delle ricette economiche in una chiave redistributiva e di attenzione all'equità sociale, territoriale, generazionale e di genere”. 

È una prova di fiducia che chiede impegno, tanto, e chiede pazienza e apertura di orizzonti. Per sconfiggere “la paura con la speranza, il rancore con la comprensione e sa opporre all'odio la concordia e la condivisione”.
Sono propositi belli e condivisibili che aspettiamo di veder tradotti nella scelta di coloro che andranno a formare il governo: vincerà solo una logica tardo correntizia o vi sarà spazio   per competenze e aree culturali da rappresentare ?.  Quila nostra aspettativa è davvero grande e su questo non rinunceremo ad un giudizio. I contenuti, infatti, le dichiarazioni di intenti, sono importanti ma poi sono le persone che danno voce e gambe all’azione governativa. E ci aspettiamo che la novità inizi anche da lì.

Si tratta di una sfida che presenta aspetti di azzardo e, insieme, grandi possibilità inesplorate che, se ben sfruttate, potrebbero essere una occasione per cominciare ad uscire da una palude, sterile e rancorosa, in cui la politica italiana si è avvitata.

Conte ha dimostrato nei mesi di presidenza doti di mediazione e capacità di navigare imprevedibili. Potrebbe essere un apporto efficace.
La maggioranza che sosterrà il governo è più ampia della precedente e recupera una sinistra che ci auguriamo dimostri con convinzione una capacità costruttiva.
L’impatto a livello internazionale è buono e ha già manifestato aperture di credito che vanno nella direzione di consentire all’Italia di rientrare in gioco, di non autoescludersi come ha rischiato rispetto le dinamiche europee internazionali.

Al tempo stesso, emergono già una serie di problemi su cui sarebbe importante essere chiari fin da questa fase. Sul centro destra vi sono già prese di posizione, di figure come il senatore Pillon, che fanno presagire un nuovo tentativo di fare delle questioni “etiche” il terreno di contesa del consenso cattolico. Una strategia, questa, che trova una sponda in alcuni esponenti del PD che sembrano del tutto insensibili al ruolo e alla sensibilità delle comunità religiose. Riaprire in questa fase così delicata l’ennesima “guerra di religione” sui valori non negoziabili non serve. Serve piuttosto un PD che sappia darsi un’agenda di priorità e offrirla al paese e alla discussione pubblica avendola costruita in un confronto fondato sull’intelligenza politica del paese, del suo tessuto sociale e culturale e delle ferite che lo attraversano. Ferite sulle quali sarebbe bene versare unguenti di cura piuttosto che sale.

Il governo si dovrà ispirare alla Costituzione: questo è già un possibile punto di convergenza. Vi sono equilibri che vanno ristabiliti: dal fermo al secessionismo non solidale, alla autonomia delle singole istituzioni, dal rispetto degli accordi internazionali al legame ordinario con i corpi sociali. La soluzione di una crisi affidata alla centralità del Parlamento (aspetto ignorato da troppi italiani) è già un buon punto di partenza.

 

LA POLITICA È RESPONSABILITÀ

Infine, un’ultima considerazione. La politica prima ancora che potere è responsabilità. Affermazione che tutti dovremmo condividere, ma dobbiamo aggiungere che non è una responsabilità a corrente alternata.  L’uscente Conte ha riscosso la stima e la simpatia di tanti nel bacchettare il “suo” Ministro degli Interni elencandone le sgrammaticature costituzionali, le invasioni di campo rispetto il Presidente del Consiglio e gli altri ministri, il modo ben poco onorevole con cui ha impersonato un ruolo così delicato. Tutto vero e condivisibile. Però se n'è accorto un po' tardi. E ha aspettato di essere sfiduciato per farsi tornare la memoria e candidarsi al futuro mettendo insieme un discorso ben diverso da quelli che faceva quando ad esempio, da “costituzionalista”, voleva spiegarci quell’articolo della Costituzione che dice che la sovranità appartiene al popolo, omettendo - ma pensa un po’ che quisquilia - la seconda parte del testo quella che afferma che quel potere va esercitato in determinate forme che, per l’appunto, sono la garanzia di un esercizio democratico dello stesso. Ora, in politica talvolta si impongono scelte che chiedono di non approfondire i fossi e vi sono opportunità che, nell’interesse generale, chiedono di convergere; se la strada sarà questa, percorriamola ma non senza puntualizzare idee e comportamenti. Non per personalizzare ma, al contrario, per richiamare tutti ad un modo responsabile di agire nella cosa pubblica. I trasformismi, anche nelle loro versioni moderne, non ci possono piacere. Mai.

È dalla responsabilità che deve partire un nuovo governo se vuole chiudere la stagione del pressappochismo e della comunicazione ad effetto, del rancore e della rassegnazione. Serve un governo che sappia risvegliare le energie positive del Paese. 

"Non è possibile costruire un futuro più solido - ha scritto nei giorni scorsi su “Il Sole 24Ore” il demografo dell’Università Cattolica, Rosina - senza favorire nel presente processi che rafforzino consistenza, consapevolezza e coinvolgimento delle nuove generazioni. Ed è un dato di fatto che la carenza principale della politica italiana negli ultimi decenni risieda proprio nella capacità di attivare e sostenere con successo tali processi. Se il cambiamento non parte da qui non è vero cambiamento, ma solo prosecuzione in forma diversa dell’esercizio deresponsabilizzato del potere, al quale ci stiamo tristemente abituando". 

Ecco da parte nostra vorremmo dare una mano in questa direzione, mettendoci insieme, contrastando un individualismo che dal piano esistenziale tracima nella politica togliendole il senso stesso della sua azione. 

 

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