Macron in Francia, la Gran Bretagna e l'Europa

La strategia politica francese contrapposta a quella britannica. In palio, da almeno due secoli, c’è la supremazia sul continente europeo. A lungo, nell’Ottocento e nella parte iniziale del Novecento, hanno prevalso gli inglesi, in virtù della forza economica assicurata loro dalla rivoluzione industriale e dal trionfo sulle armate napoleoniche. Ora, con Emmanuel Macron all’Eliseo e Theresa May a Downing Street, gli equilibri potrebbero mutare in fretta. Causa Brexit, ovviamente. Che ha prodotto lacerazioni difficilmente rimarginabili tra Londra e i ventisette partner Ue anche prima dell’avvio ufficiale delle trattative per il divorzio. Ma soprattutto in virtù di disegni opposti sul piano economico. Con la premier del Regno Unito che guarda a un asse privilegiato con l’America di Trump e promuove nel programma elettorale conservatore per le elezioni del prossimo 8 giugno un turboliberismo di marca thatcheriana. Al contrario di Macron, per ora in sintonia con Merkel che incontra oggi, deciso a cambiare l’Europa per renderla orgogliosa protagonista sullo scenario internazionale. Senza nessuna concessione all’isolazionismo populista caro ai partiti della destra. Determinato, soprattutto, a mettere a punto in fretta nuovi disegni per consentire alla Ue di combattere e vincere sul piano planetario in epoca di globalizzazione.  Insieme a Berlino, ribadisce Macron alludendo in maniera esplicita all’asse franco-tedesco sul quale, da sessant’anni, fa perno il progetto di sviluppo dell’alleanza continentale. Una partnership decisamente poco gradita a Londra, che continua a coltivare sterili utopie egemoniche di matrice imperiale. 
Nel corso degli ultimi giorni sono arrivati segnali di forte convergenza tra Parigi e Berlino mentre si moltiplicavano gli indizi di un prezzo pesante che Londra dovrà pagare per la Brexit “hard” che permetterà a May un trionfo alle prossime politiche senza garantirle il ruolo di protagonista al fianco di Trump al quale aspira. Intanto Merkel, smentendo la sua indole cautissima, si è lasciata andare a commenti entusiasti per la vittoria di Macron che, ha più volte ribadito, “incarna la speranza di milioni di francesi, di tante persone in Germania e nell’intera Europa”. May, invece, sta assistendo impotente alla precipitosa fuga dalla City di banche e assicurazioni, all’esodo di prestigiose università (Oxford e Cambridge per il momento, altre seguiranno a breve) proprio verso Parigi, dove aprono sedi per continuare ad attrarre finanziamenti da Bruxelles e studenti stranieri che non hanno alcuna intenzione di sottomettersi ai ricatti dei conservatori inglesi in materia di libera circolazione delle persone.
E’ impossibile, naturalmente, prevedere sin da ora se l’ asse franco-tedesco si rivelerà una luna di miele di breve durata o se, al contrario, un’Europa in crisi e priva di guida ne trarrà un beneficio di lungo periodo, capace di rilanciarne il progetto mettendo da parte il rigorismo sui conti. Tuttavia è certo che in pochi mesi lo scenario è mutato in maniera non prevedibile all’inizio dell’anno. Quando i populisti che cementavano consensi grazie al favore nei loro confronti di una classe media spaventata, degli slogan urlati contro l’immigrazione e di inaccettabili misure draconiane a difesa dei confini. Per capire quanto sia profonda e incisiva la novità esibita con orgoglio da Macron durante l’intera campagna elettorale che l’ha portato all’Eliseo bisogna attendere. Ma per molti, a cominciare da Merkel, il giovane presidente che si definisce “liberale e progressista”, è un argine contro il populismo autoritario e xenofobo. Al quale danno invece voce in Europa alcuni esponenti di governo, a iniziare da Theresa May, per lucrare un consenso interno che rischia di rilevarsi irrilevante sul piano internazionale. Perché Trump e Putin non rappresentano certo sponde politiche affidabili. Visto che il loro obiettivo, neppure troppo nascosto, è far implodere l’Europa per trarne vantaggio. Mettendo poi in fretta da parte, in caso di successo, chi oggi si allea con loro.
Dall’insediamento di Macron all’Eliseo e dal vertice di oggi a Berlino con Merkel, dunque, la Ue potrebbe ripartire. Condannando Londra all’irrilevanza nonostante per May si annunci un trionfo sui laburisti il prossimo giugno. La linea vincente della leader tory sulla Ue e dei suoi omologhi di Olanda, Austria, Polonia, Repubblica Ceca appariva un modello da imitare anche in Italia. Adesso lo scenario è mutato. Accade nei tempi velocissimi della politica in epoca postmoderna. Quello che veniva ritenuto un  futuro possibile diventa il passato. Nello scontro tra le due capitali a lungo Londra ha prevalso su Parigi contando a volte sul sostegno dei tedeschi. Improbabile accada di nuovo dopo l’esito delle presidenziali francesi.   
 

di Roberto Bertinetti