Lo stato sociale e la difficile scelta delle priorità

Mercoledì, 18 Giugno, 2025

In un interessante recente incontro promosso da Argomenti 2000, si è dibattuto circa la “forma di stato sociale” che vorranno assumere, se mai ci saranno, gli Stati Uniti d’Europa.

Il Prof. Francesco Timpano, ha evidenziato che i Trattati europei riconoscono l’importanza del welfare e lo includono nei principi fondamentali dell’Unione, ma non ne impongono un sistema unico, perché la competenza principale resta delegata agli Stati membri. 

Ha accennato ai processi attraverso i quali l’Unione Europea coordina e supporta le politiche nazionali, promuovendone linee guida comuni, ad esempio mediante strumenti come il Pilastro europeo dei diritti sociali (2017) che pone obiettivi da raggiungere entro il 2030. E di come l’UE incoraggi l’armonizzazione delle politiche sociali o agisca in modo indiretto, tramite raccomandazioni, fondi e coordinamento politico, incoraggiando modelli di welfare inclusivi, sostenibili e solidali, soprattutto in ambito di occupazione giovanile, povertà e diseguaglianze. Sottolineando, tuttavia, di come la responsabilità principale della gestione dei sistemi di welfare e protezione sociale, resti in capo agli Stati membri.

In particolare, è stato dibattuto con maggiore approfondimento lo schema di intervento attivato con SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) un programma europeo temporaneo istituito nel 2020, che ha rappresentato un esempio concreto di sostegno dell’occupazione, del reddito dei lavoratori autonomi e delle indennità di malattia, in risposta alla crisi pandemica COVID 19. E di come esso abbia efficacemente supportato 19 paesi della UE, tramite il ricorso a strumenti di indebitamento comune sui mercati internazionali. 

L’On. Giuseppe Provenzano ha sottolineato come il “welfare sia una forma di investimento a tutti gli effetti, un investimento in coesione sociale che differenzia l’Unione europea da Cina e USA” evidenziando la necessità di azioni e programmi che lo irrobustiscano in misura sempre maggiore, attraverso la condivisione di programmi europei di reciproco vantaggio, pur nella eterogeneità delle esigenze e dei diversi punti di partenza. 

Il nocciolo della questione è sembrato essere il come dovranno essere finanziati eventuali nuovi programmi di welfare europei, soprattutto in un momento in cui si è resa evidente una diversa scala di priorità della spesa, tra i paesi europei, alla luce dei nuovi assetti geopolitici che impongono con urgenza nuove misure di difesa (le politiche di riarmo inimmaginabili fino a qualche tempo fa). Senza dimenticare le formidabili sfide dettate dalla competitività economica della UE con Cina e USA, sui temi della transizione ecologica con le modifiche ai processi industriali che essa determina, all’utilizzo ed alla regolamentazione della IA, alla necessità di regolamentare i processi di concentrazione industriale in modo che grandi “player” possano competere su scala globale e infine al procacciamento delle risorse necessarie alla economia digitale.   

Una serie di urgenze sulle quali i paesi UE propongono anche approcci diversi di soluzione e che si andranno a scontrare inevitabilmente, sul piano delle risorse economiche, con la necessità degli investimenti in welfare, resi ancora più ardui da una realtà mai armonizzata di sistemi diversi di protezione sociale dei diversi paesi. 

Difficile equilibrio da raggiungere, benchè gli investimenti in welfare universale, seppur sostenibile, sono e dovranno rimanere il collante ed il carattere distintivo delle società europee a difesa della democrazia.