Era ora che qualcuno trovasse il coraggio di fare una rigorosa Correctio Filialis alle eresie che avvelenano la Chiesa. Che poi diciamocelo: altro che sette, di eresie ne girano molte di più. Ecco il mio filiale contributo:
- il parroco che racconta ancora la barzelletta su Barabba libero e Gesù stopper
- la terrificante scenetta pedagogica da attività parrocchiale nella quale da quarant'anni costringiamo un ragazzino malcapitato a interpretare quello che viene invitato a messa/catechismo/Acr ma è troppo impegnato con il suo mangiadischi (versione anni '80)/walkman (anni '90)/playstation ('00)/smarphone ('10) e dice di no, ma poi viene severamente biasimato, si pente e ci viene
- le suore che ignorano l'esistenza delle strisce depilatorie per il viso
- il tizio che al consiglio pastorale attacca una pippa deprecatoria di 92 minuti sull'abolizione di Symbolum '77 alla messa delle 18
- i religiosi con i calzini di spugna sotto i sandali (ho visto in video in cui due di questi ballano Despacito: anatema di settimo grado)
ma sopra ogni altra cosa
- la prima strofa di "Viaggio nella vita" di Giosy Cento («Avevo tanta voglia di viaggiare / Tu mi dicesti: vai ed io partii / "Son vivo", dissi allora ad una donna / a te, amico mio, pensaci tu») che nessuno, NE-SSU-NO, nell'intera cattolicità, ha mai capito cosa cacchio voglia dire.
di Simone Esposito