La Superlega: la mano invisibile del mercato non può vincere

Martedì, 20 Aprile, 2021

Giocare a calcio è bello - a me piace immensamente essere portiere.

E a 44 anni comincio a rimpiangere di giocarlo ancora per poco...

Ma possiamo sempre vederlo, il calcio.

Nessun romanticismo: il calcio della Polisportiva Juventus fondata dai ragazzi del Liceo Massimo d'Azeglio di Torino, o dell'Ambrosiana che poi diverrà Inter, beh, quello noi non l'abbiamo mai visto.

Però è bello seguire il calcio. Ci si diverte, tutto sommato in modo sano. Lo sappiamo che ci girano intorno molti milioni (una volta si diceva miliardi, vedi come cambia il mondo...). Se ne parla al bar, al lavoro, giovani e anziani ne parlano allo stesso modo. Resta un potente fattore di legame sociale.

Certo, in molte tifoserie c'è la criminalità organizzata che comanda: poco (o niente) si fa perché così non sia. Ma i tifosi, quelli veri, sono migliaia, milioni di più.

Oggi in tanti ci siamo non dico scandalizzati (perché questo linguaggio si usa per altro), ma sicuramente ci siamo rimasti male perché alcune squadre di club (le 3 più forti d'Italia e le più blasonate, oltre ad altre 9 fra le più forti d'Europa) hanno mosso i primi passi per privatizzare il calcio (almeno quello ai massimi livelli, perché, Deo gratias, il calcio lo potremo ancora giocare in giro dopo questa maledetta pandemia).

Una reazione forse esagerata, visto che nel Basket da tempo succede così (basti pensare alla NBA o all'Eurolega) o anche nella Formula 1 (con la FIA).

Questo passo "storico", però, e la reazione che ha destato anche nel Governo ("noi stiamo con l'UEFA"), mi fa pensare a che cosa c'era fino all'altro ieri sera nel mondo del Calcio.

E, guarda caso, lo sapevamo tutti: i mega-stipendi dei calciatori (che magari sono stati e ora nemmeno sono) più forti, le mega-commissioni ai loro procuratori, il giro di soldi che c’è a livello di UEFA. E così, tra diritti televisivi, giocatori che, se decidono di andare via non si possono tenere controvoglia ma, se si impuntano a rimanere, li devi pagare fino all'ultimo spicciolo (alla faccia dei contratti che sono diventati carta straccia e servono solo per determinare non più per quanto tempo una squadra può avvalersi delle prestazioni di un calciatore, ma quanti anni prima della scadenza un calciatore può cominciare a bandire l'asta del miglior offerente), gli effetti della sentenza Bosman nel mondo del calcio hanno inciso più del Reaganismo americano nell'economia mondiale.

Che cosa avrebbero dovuto fare le Società che hanno chiesto in tanti Paesi privilegi fiscali (ma, dopo qualche anno, scadono anche quelli), che stanno costruendo gli stadi di proprietà, che acquistavano Maradona nel 1984 per 13 miliardi di lire (neanche 7 milioni di euro) e nel 2017 pagano Neymar 222 milioni di euro (di solo costo di cartellino, che è diventato quello meno gravoso...) dopo aver già provato ad alzare i ricavi ed abbassare i costi in tutti i modi?

Chi non ce la fa e chi non occupa i luoghi del potere (guarda caso alla UEFA, che è colonizzata dai Tedeschi, Bayern Monaco e Borussia Dortmund hanno giurato fedeltà) fa quello che fanno gli Stati e i popoli quando si sentono emarginati: "Non gioco più con te!", "la torta la mangio da solo o con i miei amici perché altrimenti tu me la porti via tutta". "E non mi importa se, non mangiando la torta tu, magari non la mangia neanche il tuo fratellino più piccolo. Magari neanche il mio. Io la torta la divido solo con i miei amici".

Certo, non è bello sentirsi dire questo. Certo, è un ragionamento infantile. Certo, quando è di grandi imprenditori e finanzieri è forse persino un ragionamento avido e deprecabile. E quanto è di popoli dà luogo a fenomeni come la Brexit.

Ma - pensiamoci - dove eravamo fino adesso?

Dov'erano i Governi, quando sarebbe stato necessario che intervenissero per regolare il potere contrattuale dei calciatori e dei loro procuratori? Dov'era l'Unione Europea quando non avrebbe dovuto permettere che i profitti delle Società sportive venissero detassati (ma non in un Paese sì e nell'altro no, perché così si rendeva attraente un campionato e si demoliva quell'altro, come è successo al campionato italiano, che ha perso le star quando in Spagna hanno introdotto la detassazione agli stipendi e allora sono arrivati i più grandi campioni)?

Nessuno ha mai detto nulla se l'UEFA, che è l'organo calcistico europeo, organizzava e organizza tuttora manifestazioni sportive in cui gioca Israele (che è "notoriamente" in Europa...) solo perché porta un (bel) po' di soldi.

Continuerò a guardare il calcio, nonostante tutto, perché i colori della squadra del cuore (per me bianconeri) restano un ricordo che ti porti da quando eri bambino e la Storia gloriosa della propria squadra (qualsiasi essa sia) resta un epos e ci si potrebbe scrivere per tante di esse libri di Storia e di costume sociale.

Ma, se pensiamo che il calcio si giochi con la "mano invisibile del mercato" - Superlega o no, poco importa - allora commettiamo il peggior fallo di mano della Storia. Altro che quello di Maradona al Mundial ‘86, che resta la scorrettezza più epica del pallone!

No, il fallo della mano invisibile del mercato, quello sì, distrugge tutti i sogni.