La sentenza della Corte

Forse c’è una sola legge storica (nel senso di una regolarità, non di una regola) sul primo funzionamento dei sistemi elettorali in Italia: è quella dell’eterogenesi dei fini fra gli intenti degli autori e il risultato pratico. La legge elettorale del 1948, proporzionale pura, produsse la più grande vittoria elettorale di un partito nella storia post-bellica, quella della DC il 18 aprile 1948 (48 per cento dei voti e maggioranza assoluta dei seggi alla Camera). La legge Scelba (c.d. legge truffa) del 1953 prevedeva un premio di maggioranza finalizzato a rafforzare i partiti di centro: ma il premio non scattò per 20.000 voti e di lì prese inizio il consolidamento del PCI come secondo partito italiano. La legge Mattarella del 1993 fu scritta così (con collegi uninominali a turno unico, e non a doppio turno), perché la DC era convinta di “tenere” al Sud, limitando i danni nelle elezioni successive: essa invece accompagnò la nascita del centro-destra berlusconiano e il tracollo del centro. La riforma di Berlusconi del 2005 era finalizzata a impedire la prevista vittoria dell’Unione di Romano Prodi: in effetti, il centrosinistra vinse alla Camera per poche decine di migliaia di voti e al Senato, combinata con la legge Tremaglia sul voto degli italiani all’Estero, consentì a Prodi di avere più seggi, anche se con meno voti. L’Italicum non è mai stato applicato, ma non ha portato bene a Renzi, dato che è stato una delle bandiere dell’opposizione alla riforma costituzionale nel referendum del 4 dicembre: anche qui c’è un po’ di eterogenesi dei fini.
Che accadrà con la prima applicazione del Consultellum 1 per il Senato (sent. 1/2014) e del Consultellum 2 per la Camera (sentenza di oggi)? E se anche stavolta operasse l’eterogenesi dei fini? Verremo risucchiati in una palude da proporzionalismo puro o gli elementi maggioritari di queste leggi finiranno per operare?

di Marco Olivetti