A una settimana dall’elezione della nuova segretaria del Partito Democratico si fanno più chiari i contorni del passaggio politico compiuto. Il dibattito pubblico ha messo in luce una pluralità di aspetti e implicazioni relative alla vittoria di Elly Schlein nella competizione con Stefano Bonaccini, ponendo l’accento sulla divaricazione fra voto degli iscritti e voto degli elettori, sulla distribuzione territoriale del voto e sulla caratura politica di tutto questo. La scelta di Schlein viene letta come l’esito di una richiesta di maggiore nettezza politica e di più accentuata radicalità di idee e proposte.
A fronte di queste valutazioni, vi è certamente un dato positivo che è quello della partecipazione alle primarie. Dopo elezioni regionali segnate un altissimo astensionismo che ancora le forze politiche faticano a decifrare, oltre un milione di partecipanti alla scelta della nuova guida politica del Partito Democratico è sicuramente un elemento che dice l’esistenza di una capacità di tenuta democratica del tessuto del Paese. Resta aperta la questione della connotazione culturale di questo tessuto, della sua reale corrispondenza con il Paese e con le sue dinamiche, della capacità della parte di classe dirigente legata al PD di sostanziare una rappresentanza politica che è la grande domanda inevasa di questi anni.
Appare difficile esprimere ad oggi un giudizio sull’orientamento politico che il partito ha assunto, soprattutto perché la campagna delle primarie non ha espresso, da parte dei suoi protagonisti e delle componenti del partito che li sostenevano, visioni politiche chiare e articolate. Quello che ora si apre per il partito è allora un orizzonte tutto da delineare, rispetto al quale conterà moltissimo la capacità di comprendere in profondità le dinamiche del presente in tutta la loro articolazione, di saperle leggere al di fuori degli stretti confini italiani, avendo quanto meno una proiezione europea, di elaborare proposte credibili e spendibili su cui edificare l’autorevolezza politica che è la premessa della costruzione del consenso.
Sono tutti elementi che si riassumono in quella saldatura fra metodo e sostanza politica troppo spesso dimenticata negli ultimi anni e che invece diventa essenziale per fare del realismo politico il fondamento di una costruzione del consenso che includa parti rilevanti della società nell’elaborazione politica. Il pluralismo delle idee, delle sensibilità e delle intelligenze diventa, in quest’ottica, una necessità, nella misura in cui consente ad una forza politica di fare da centro aggregante di una realtà frammentata e frantumata che esprime bisogno di unità di indirizzo. Il PD guidato da Schlein ha dunque davanti a sé la possibilità di essere lo spazio di un pluralismo di idee, visioni, prospettive culturali, che lavorando assieme elaborano risposte efficaci sui nodi del presente: dalla dignità della persona (nel lavoro, nel rapporto con l’ambiente e le relazioni sociali ed economiche), al futuro della Unione Europea, fino alla compiuta maturità democratica che passa per una buona legge attuativa dell’art. 49 della Costituzione.
È sulla capacità di dare consistenza a questo approccio e di farlo a partire dai territori che sarà misurata la nuova segreteria del partito. Una prospettiva nella quale il rapporto con le tradizioni politiche che hanno dato vita al PD è prezioso e cruciale: il riformismo socialista, la sensibilità progressista, il cattolicesimo democratico rappresentano infatti un portato che non può essere ridotto a nostalgia e a vincolo ma al contrario chiede di essere investito nel pensare un futuro possibile, una meta che si connota non tanto per una identità teorica ma per proposte chiare e riconoscibili da parte del Paese.