L’occasione di una crisi

Venerdì, 5 Marzo, 2021

La lunga e tormentata vicenda politica degli ultimi tre mesi, con la crisi del secondo governo presieduto da Giuseppe Conte e la nascita dell’esecutivo guidato da Mario Draghi, ha portato con sé un crescendo oggettivo di tensioni all’interno del quadro politico e in particolare delle forze che in Parlamento costituivano la maggioranza del gabinetto che ha rassegnato le dimissioni lo scorso 26 gennaio. Se il Movimento 5 Stelle attraversa una fase delicatissima, segnata da una frattura profonda tanto nei gruppi parlamentari quanto nel novero dei suoi aderenti e militanti, il Partito Democratico vede emergere un passaggio altrettanto delicato, nel quale vengono alla luce questioni di varia natura. La segreteria di Nicola Zingaretti è oggetto di un dissenso oramai aperto espresso da sindaci importanti – si vedano le interviste di Giorgio Gori, Dario Nardella e De Caro –, di critiche per la gestione della crisi di governo e la formazione della delegazione con cui il partito è coinvolto nell’esecutivo – su questo emblematico il problema dell’assenza di donne del PD fra i ministri –, di radicali prese di distanza rispetto alla strategia di trasformare l’alleanza parlamentare con il Movimento 5 Stelle in un accordo politico strutturale di coalizione – ed è attorno a questo che si è concentrata la polemica sull’intergruppo parlamentare e sull’ipotesi di candidare Giuseppe Conte nel collegio elettorale di Siena. Uno stato di cose che ha subito una drammatizzazione con la scelta di Zingaretti di annunciare le proprie dimissioni, con parole durissime sulla qualità morale della vita del partito di cui è alla guida da due anni.

Di questa oggettiva fase di crisi politica che tocca anche il PD si sono date molteplici letture. Oltre alle prese di posizioni interne al partito, con le quali dirigenti, referenti di correnti politiche, personalità legate alla storia politica dei Democratici, sono emerse anche letture più approfondite. Alcuni politologi come Angelo Panebianco e Gianfranco Pasquino si sono interrogati sulle radici profonde, per così dire genetiche, della debolezza del partito e della sua classe dirigente. Il quadro complessivo dei giudizi restituisce in questo modo due generi di interpretazioni. Da un lato, ed è la prospettiva che prevale dentro il PD, il vero punto nodale è individuato nella debolezza dei gruppi parlamentari usciti dalle elezioni del 2018 e nei limiti di una divisione interna per correnti che costringe a continui equilibri e compromessi, rendendo fragile la capacità di guida della segreteria nazionale. Dall’altro lato invece, visto in un’ottica temporalmente più lunga, il partito viene visto come viziato dalle forme stesse con cui si è dipanata la sua costituzione, ossia una giustapposizione delle classi dirigenti di due partiti (i Democratici di Sinistra e La Margherita) e di due tradizioni culturali senza la vera e propria costruzione di un soggetto politico dotato di una precisa identità.

Le diverse letture che vengono offerte della crisi del PD fanno certamente luce su alcuni aspetti rilevanti di questo passaggio nella vita del partito ma tendono a ridurre ad un unico elemento una questione forse più articolata e complessa che vede intrecciarsi molteplici problemi. Il momento che il partito attraversa è certamente delicato e complesso ma per le sue caratteristiche è anche una preziosa occasione di comprensione di alcuni snodi dell’attuale vicenda politica nazionale. In un certo senso il PD è come una sorta di specchio di alcune delle questioni che segnano la vita pubblica italiana, la crisi della sua vita istituzionale e la fragilità del suo quadro politico. Lo è per le sue dinamiche interne e per la sua storia e lo è anche nel confronto con altre forze politiche. Questo rende particolarmente utile uno sforzo di analisi politica che guardi alla comprensione della dinamica delle cose, tanto riguardo alla vita del PD quanto al suo rapporto con il passaggio storico che il paese conosce.

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