L’eredità di Aldo Moro ai tempi del coronavirus

“Siamo davanti ad una situazione difficile, una situazione nuova, inconsueta, di fronte alla quale gli strumenti adoperati in passato per risolvere le crisi non servono più; è necessario adoperare qualche altro strumento, guardare le cose con grande impegno, con grande coraggio, con grande senso di responsabilità”.
 
Così si esprimeva Aldo Moro nel suo ultimo discorso ai gruppi parlamentari della Democrazia Cristiana, il 28 febbraio 1978, poche settimane prima del suo barbaro assassinio.
Sembra un invito rivolto all’oggi di questa nostra Storia che sta affrontando un “imprevisto” drammatico e insidioso.
Perché in effetti il tempo che stiamo vivendo è pieno di incognite e l’orizzonte che ci attende è alquanto nebuloso.
Di fronte alla crisi e all’imprevedibilità del futuro il rischio che si corre è quello di rimanere schiacciati dalla paura e arrendersi al disimpegno!
Invece il tempo che stiamo vivendo, che ci ha parzialmente privato della libertà e del gusto della convivenza civile, è un tempo ricco di opportunità e di sfide, è il tempo in cui la politica può recuperare la sua originaria vocazione e indicare nuove vie da percorrere, è il tempo in cui “gli uomini di buona volontà”, ovunque si trovino, tornino ad essere i protagonisti di un fecondo cambiamento.
 
Ecco perché la lezione di Moro è ancora attuale, perché non si può intendere la politica come semplice gestione burocratica della cosa pubblica.
Lo sguardo deve andare oltre il presente, deve essere un impegno ad osservare e a confrontarsi con la società per coglierne esigenze ed aspettative al fine di costruire, con le risorse disponibili, un progetto condiviso per il futuro del Paese.
Davanti alla crisi innescata dalla pandemia, ciò che ci attende è un grande spazio di democrazia, di esercizio positivo dei principi che la nostra Costituzione continuamente ci ripropone, un tempo di confronto libero e appassionato per individuare un cammino condiviso, in cui le differenze ideologiche o le diverse posizioni politiche siano un valore e non un pretesto per l’immobilismo, perché il Paese ha bisogno del contributo di tutti.
 
Aldo Moro viene ricordato spesso per la sua elevata statura morale, (che un politico dovrebbe comunque possedere, sebbene questo non sempre porti consenso) ma sta soprattutto nella capacità di usare strategicamente la politica, cioè nella capacità di guardare al futuro, nell’amministrare di volta in volta le forze e le energie del cambiamento, che i cattolici democratici intravedono l’eredità di cui si sforzano di essere custodi.
È a questo tipo di politica che bisogna guardare se si vuole veramente “salvare” la Città dell’uomo!
 
Con Aldo Moro abbiamo imparato molto: la responsabilità verso gli altri, la politica intesa come servizio, la cultura come luce per vedere nel buio, il coraggio di riformare il sistema prima, anticipando ogni cambiamento.
Purtroppo, però, il rischio dell’oblio è dietro l’angolo, sia tra le nuove generazioni (moltissimi giovani non sanno che sia stato Aldo Moro), sia tra coloro che operano nell’attuale contesto politico.
Sentire la necessità di commemorarlo ogni anno, significa rispondere ad un obbligo morale verso la sua figura e verso il Paese che ne è rimasto orfano, ma per chi ha affondato le radici del proprio impegno politico nell’esempio di Aldo Moro significa, anche, dare nuova linfa alle ragioni “dell’esserci!”
 
di Michele Chimenti, Argomenti2000 Sicilia