Il punto sui vaccini e sulla gestione della pandemia oggi

Venerdì, 26 Marzo, 2021

Rileggo una nota scritta a gennaio, all’avvio del piano vaccinale ancora col precedente governo.

Il 23 gennaio contestavo le ripetute e speciose polemiche del presidente della Lombardia, l’arbitraria scelta delle priorità nelle categorie e fasce anagrafiche, insieme agli scarsi risultati complessivi. Ora le polemiche verso il governo sembrano sopite, ma persiste l’inefficienza organizzativa, per rispondere alla quale a Milano si cercano colpe individuali per fatti contingenti (come l’inefficiente servizio di prenotazione) su cui scaricare responsabilità, che invece sono collettive e di lungo periodo.

Mi ero accorto allora nell’aggiornare i dati che tra il 21 ed il 23 gennaio c’era una differenza di oltre 25 mila vaccinati in meno nei dati della Lombardia: era la spia di un malessere mix di inefficienza, familismo, corporativismo.

Le conclusioni di gennaio (che valgono ancora oggi) erano:

  1. abbiamo un serio problema di approvviggionamenti (di natura geopolitica e non commerciale) che richiede una pressione dei massimi livelli di governo verso i nostri partners (EU ed USA), ovvero la ricerca di accordi con altri produttori;
  2. c’è molta discrezionalità nell’interpretazione del piano vaccinale da parte delle regioni (il ritardo nell’aggiornamento dei dati ne è la spia), mentre bisogna rispettare le categorie prioritarie per il contrasto alla diffusione virale (e non per amore verso gli anziani);
  3. ci sono seri dubbi sulle capacità organizzative delle regioni per raggiungere (una volta che ci siano i vaccini) i 300.000 - 400.000 vaccinati al giorno, richiesti per il rispetto del programma.

Da ciò consegue che bisogna avere una forte coesione nazionale (lasciando da parte le polemiche), ed esprimere un governo autorevole all’interno per il necessario coordinamento ed all’esterno per garantire gli approvviggionamenti di vaccini all’Italia.

Debbo constatare che ora, col nuovo governo, i problemi indivduati due mesi fa richiedono ancora una soluzione!

Ora non ha senso una polemica con la direzione della regione Lombardia, non dà conto esaminare discrezionalità ed arbitrarietà nel vaccinare, dopo i sanitari, le fasce anagrafiche e le categorie a maggiore rischio, quanto piuttosto verificare lo stato del programma vaccinale al 22 marzo, ed intervenire con la Protezione Civile nazionale a sostegno di tutte le regioni meno efficienti.

Occorre, comunque, ribadire che le difficoltà del servizio sanitario nazionale nella più organizzata e tecnologicamente avanzata regione italiana non possono essere (soprattutto in corso di pandemia) motivo di contenzioso politico, ma debbono essere prese in carico dallo stato, in quanto frutto dalla stessa lacunosa declinazione del regionalismo che il nostro paese ha sviluppato, soprattutto dopo la modifica del Titolo V. Mai come ora, la Lombardia, come la Calabria, siamo noi. È casa mia, come di tutti gli italiani!

La designazione del gen. Figluolo al coordinamento del programma vaccinale dovrebbe essere accompagnata da una delega alla direzione delle strutture regionali per l’attuazione del piano vaccinale, invece di limitarsi ad una sollecitazione sulla base di indicazioni non prescrittive (e senza verifica, né tantomeno sanzione alcuna) attraverso un comitato di coordinamento.

Il problema della surroga delle regioni in un caso di sicurezza dello stato come questo della pandemia non è stato posto da Conte e nemmeno Draghi sembra avere intenzione di ricorrere all’art. 117 della Costituzione: resta il problema di un servizio sanitario nazionale senza una direzione unica del piano vaccinale! È, tuttavia, palese come la concertazione in conferenza stato-regioni non sia sufficiente, anche se fosse curata da un più autorevole ministro per gli affari regionali e le autonomie. Draghi dovrà farsene carico, intervenendo direttamente e “finchè sarà necessario”, perché l’attuazione del piano vaccinale è il prerequisito della ripresa del paese!

La pandemia ha reso evidenti le linee di debolezza del nostro sistema istituzionale, così come ha messo a nudo le nostre paure e fragilità, individuali e collettive. La sospensione del vaccino ne è lampante dimostrazione. Ci ha fatto invocare lo stato, ma ci ha anche reso consapevoli dei limiti della nostra classe politica e del nostro ordinamento. Ora si sente una diffusa consapevolezza di una riforma del Titolo V, anche se non è il momento di discuterne: altre sono le urgenze, sanitarie ed economiche, che richiedono la massima unità del paese.

Dobbiamo concentrarci sui tre punti:

  1. acquisizione dei vaccini;
  2. vaccinazione di massa a partire dalle fasce a rischio (per età e/o patologie);
  3. uniformazione e coordinamento delle iniziative regionali sulle priorità vaccinali.

Su questo dobbiamo concentrarci, ricorrendo alle nostre migliori energie, tirando fuori la volontà la solidarietà e la disciplina dei tempi di crisi e mettendo da parte egoismi corporativi non degni della tragedia di questo momento!

Ricordo l’esempio che durante il colera di Napoli degli anni ’70 diede la sanità dell’esercito americano, che si fece carico della vaccinazione della città, ed in pochissimi giorni debellò il vibrione: tutti uguali senza distinzioni, tutti vaccinati. Ricordo che il precedente tentativo di vaccinazione era miseramente fallito, con dosi insufficienti, attuato dall’amministrazione pubblica, con associazioni e sindacati, e che aveva dato luogo a fenomeni di accaparramento ed a chiusure corporative. Nello stesso periodo fu colpita anche Barcellona, dove non c’era la base della sesta flotta USA e dove il colera restò endemico per due anni.

Abbiamo messo a capo del piano vaccini un generale, esperto di logistica, diamogli poteri di coordinamento e controllo sull’attuazione delle operazioni vaccinali: certo non l’abbiamo scelto solo per le competenze sull’ottimizzazione dei flussi di rifornimento: non è di un esperto di algoritmi di Ford e Fulkerson o del metodo del simplesso che avevamo bisogno! Non di ricerca operativa, ma di un gestiore di uomini e di un forte coordinamento delle operazioni! Ci riusciremo con il generale degli alpini se sapremo fare squadra, abbandonando personalismi e particolarismi che in questa emergenza sono fuori luogo.

Cosa dicono i grafici.

A tre mesi dall’avvio della campagna vaccinale abbiamo 5,3 mil di italiani coperti almeno con una dose di cui 2,5 mil immunizzati, ma siamo lontani dal raggiungimento di una significativa copertura delle fasce a maggior rischio, come riportato nella tabella della popolazione italiane con le ipotesi di copertura per fascia anagrafica.

La curva dell’andamento, come si nota dai grafici (cfr. “avanzamento del programma vaccinale ed immunizzazione raggiunta rispetto agli obiettivi del 70-75-80% della popolazione italiana”), ha avuto il ritmo delle forniture, anche se con cadenza diversa tra le varie regioni: va corretta, uniformata e potenziata.

Ma la criticità maggiore (cfr. “vaccinati almeno una dose 5.352.348 al 22/3/21”) è nell’insufficiente copertura delle fasce a maggiore rischio, che dovevano essere completamente vaccinate nella prima fase. Invece al 22 marzo, sono:

% copertura

fascia anagraf.

popolazione

7,7%

60-69

7.337.210

3,7%

70-79

5.962.533

27,5%

80-89

5.667.555

51,8%

90+

774.528

 

Completare la copertura di queste fasce anagrafiche, ora complessivamente coperte al 14,6%, vaccinando almeno altri 12 milioni dei 16 ancora da vaccinare delle quattro fasce! Poi, scendendo con l’età, il resto della popolazione. Queste sono le priorità. Da attuare senza sotteffurgi, corporativismi, infingimenti, familismo o clientelismo!

E senza assalti ai vaccini, dimostrando che sappiamo attendere il nostro turno di salire sulle scialuppe, che non siamo dei codardi!

Per approfondire: analisi dati vaccinazioni al 21 marzo 2021