Il Natale non si abolisce. Si vive

Mercoledì, 1 Dicembre, 2021

Fatico a comprendere le polemiche sulla presunta “abolizione” del Natale voluta dall’Unione Europea. Credo che la fatica a intendere sia, anzitutto, dovuta al fatto che l’Unione Europea non ha mai affermato ciò in nessuno dei suoi documenti rivolti tanto al pubblico quanto all’uso interno. Fra le altre cose, questa situazione è la riprova di come tramite i mezzi di comunicazione odierna una bufala può divenire verità e una verità trasformarsi in bufala.

La fatica maggiore penso che coincida con la mia incomprensione dinanzi alla reazione, ad una bufala, da parte di diversi credenti i quali si sono sentiti in dovere di difendere le loro tradizioni attraverso motivazioni, ora culturali ora politiche, dal registro reazionario.

Nel II secolo d. C. un autore anonimo, maestro nella fede, scriveva a un pagano di nome Diogneto il quale desiderava conoscere la verità del cristianesimo. In questo breve ma eccezionale testo si afferma che i cristiani non differiscono dagli altri per lingua, usi, tradizioni, costumi ma per “l’esito del loro tenore di vita”. Cioè l’autore della lettera voleva far intendere che i cristiani rispettano le leggi dello Stato al pari degli altri ma le superano poiché non si accontentano di vivere nella legalità bensì ricercano la fraternità, la comunione, l’amore verso gli amici e, persino, per i nemici.

Con queste argomentazioni si voleva registrare che lo specifico dei cristiani non risiede nell’esteriorità delle leggi o dei templi e non coincide con le dichiarazioni formali o legali bensì si riconosce – poiché si vive – nella carità condivisa. Quest’ultima risulta il tratto caratterizzante dei seguaci del Cristo. Difatti, chi osserva dall’esterno può senza dubbio attribuirlo ai discepoli del maestro di Nazareth come il “di più” specifico che questa particolare comunità offre al mondo.

Ora ammesso che la Commissione Europea, domani o fra cento anni, obbligasse tutti i suoi dipendenti e rappresentanti politici ad augurare buone feste, anziché buon natale, quale danno ne verrebbe ai cristiani i quali prima che declinare a parole e formalmente il Natale, lo vivono nella realtà tramite la testimonianza di una carità che persino gli altri notano con stupore? Cioè, per quale motivo in Europa i cristiani dovrebbero preoccuparsi più della forma nominale che della sostanza reale la quale è l’unica a testimoniare sul serio il cristianesimo nella storia?

Forse anche da una bufala i cristiani europei possono trarre giovamento. Infatti, le nostre riflessioni potrebbero indurci ad annotare che al di là dei regimi politici o sociali esistenti, i cristiani oggi – come ieri e domani – sono chiamati a vivere nella carne della realtà, ancora prima che nelle dichiarazioni convenzionali, la loro chiamata a divenire discepoli di un uomo, per noi anche Dio, che nella sua vita terrena non pare abbia avuto grandi successi politici, legislativi e culturali. Pertanto simile parentesi polemica prenatalizia è l’ennesimo invito, rivolto ai credenti, per ribadire all’odierna società umana che il cristianesimo non si dice, ma si vive. Così come il Natale.