Il governo e la democrazia da ricostruire

Lunedì, 24 Ottobre, 2022

Col giuramento del nuovo governo il paese entra in una fase politica nuova della sua storia. Non solo perché a presiederlo vi è la prima donna che nella storia del paese riveste le funzioni di Presidente del Consiglio e non solo perché la cifra politica dell’esecutivo è chiaramente di destra. Il gabinetto che oggi ha giurato nelle mani del Capo dello Stato è l’esito di un passaggio elettorale la cui portata e le cui ragioni sono ancora tutte da comprendere e da analizzare. Se è vero, come molti analisti hanno evidenziato, che la nuova maggioranza parlamentare ha saputo intercettare un senso profondo di insoddisfazione e una richiesta di netta cesura con una serie di dinamiche politiche cha hanno caratterizzato la vita istituzionale degli ultimi anni, resta aperta la domanda sulla capacità del nuovo esecutivo di rispondere a quelle attese trasformando il consenso elettorale in consenso politico, culturale e sociale. 

La scelta di cambiare una serie di denominazioni ad alcuni ministeri di rilievo, come anche la scelta di alcuni nomi per dicasteri quali la cultura, le infrastrutture, le riforme istituzionali, il PNRR, le pari opportunità, restituiscono con nettezza la qualificazione culturale che la presidente Giorgia Meloni ha voluto imprimere al governo. E tuttavia occorre capire se e come questo approccio sarà in grado di corrispondere ad una realtà di paese che, più che nettamente articolata in un dualismo fra maggioranza e opposizione, appare frammentata e a tratti frantumata sul terreno delle relazioni sociali, culturali, economiche e umane che la attraversano. L’esito delle elezioni non fa mistero della capacità dimostrata dalla nuova maggioranza e in particolare di Fratelli d’Italia di saper presentare una proposta elettorale in grado di farsi carico di paure, timori e sofferenze presenti in gradi e con intensità diverse ma diffusi trasversalmente nel paese. 

Tutto questo non pone solo il problema delle scelte che il nuovo esecutivo sarà chiamato a compiere e che dovranno palesarsi rapidamente nei provvedimenti per contrastare la crisi economica dovuta al nodo energia e all’inflazione. La legge di stabilità sarà il primo significativo terreno su cui misurare l’orientamento del nuovo governo, così come l’approccio politico alla realizzazione del PNRR e ai rapporti con le istituzioni europee. La presenza di un governo di destra e di orientamento quanto meno fortemente nazionalista in uno dei più importanti stati dell’Unione Europea segna infatti una novità politica non solo italiana. Il collocamento del paese dentro le dinamiche delle istituzioni europee è destinato a incidere profondamente sul modo di essere dell’Europa e su quello che sarà il cammino che nei prossimi mesi e anni imboccherà il processo di costruzione politica dell’Unione. Uno scenario su cui pesa e peserà la guerra in Ucraina e il modo in cui questa viene discussa e affrontata sullo scenario ben più ampio e complesso di un mondo che vede emergere nuovi attori – dal Brasile all’India fino al Sud Africa e all’Australia – certo segnati da forti tensioni interne ma nondimeno capaci di pesare sul quadro internazionale. E quest’ultimo, è bene ricordarlo, ha ormai trovato il suo asse storico e politico nel Pacifico, su una direttrice, quella che da Washington va verso Pechino, che esclude l’Europa.

Il quadro che si presenta, per le sfide che pone e gli intrecci e contraddizioni che le caratterizzano, rende urgente non solo un’azione di governo efficace e chiara nelle sue connotazioni politiche. L’esigenza è quella di restituire respiro ad una dialettica politica troppo spesso confinata alle segreterie dei partiti o ridotta alla superficialità di un sì o un no dispensato su una piattaforma digitale. La fatica che il paese conosce in questo passaggio storico e che si palesa nell’esito elettorale, letta dentro il quadro più ampio delle dinamiche europee e planetarie, chiama ad un esercizio compiuto di democrazia. Chiama ad una politica che occupi il suo posto oggi ingombrato da tatticismi e personalismi. Chiama il centro sinistra a qualcosa in più di una riflessione autocritica, così come chiede un confronto largo sul ruolo dei cattolici e sul modo in cui il cattolicesimo democratico si è reso presente nel Paese. Sarà così essenziale il ruolo delle opposizioni, il cui apporto diviene decisivo tanto per stimolare il governo nella necessaria dialettica che fa la vita delle istituzioni, quanto per dare al paese la coscienza di un pluralismo di idee e approcci che le cittadine e i cittadini vanno cercando e che negli ultimi decenni è sempre più venuto meno da parte delle classi dirigenti. Ma sarebbe altrettanto importante che proprio i cittadini e le cittadine riacquistassero la capacità di partecipazione attiva e diffusa, come singoli e nelle forme associate e aggregate che costituiscono i cosiddetti corpi intermedi. Questa componente fondamentale della dinamica democratica, divenuta progressivamente meno incisiva per sfiducia e altre dinamiche sociali - che sarebbe utile indagare - deve poter ritrovare a pieno titolo voce e presenza se si vuole che lo spazio tra la politica ed il Paese reale non diventi ancora più ampio. Governare in questi anni richiederà certo un di più di responsabilità, che non può essere riversata tutta e solo sul nuovo.