Il cambio a "Repubblica"

E così, il cerchio si è chiuso: "Repubblica" è entrata pienamente e formalmente nell'orbita della proprietà Fiat (pardon, FCA). Il repentino cambio del direttore è solo l'espressione di questa svolta: come a dire, "ora comandiamo noi". 
Fine di un equivoco. Per troppo tempo, questo giornale è riuscito ad accreditarsi come il quotidiano dei progressisti italiani; con l'ambizione di essere la più autentica espressione della cultura democratica italiana, ma anche la pretesa di orientarne e formarne la cultura e le idee. E purtroppo, in gran parte, - da un certo momento in poi - c'è riuscito, con la complicità subalterna dei gruppi dirigenti della sinistra, che vedevano nella benevolenza di questo quotidiano una sorta di "lasciapassare", il titolare del rilascio di una patente di modernità e riformismo.
Ma ora c'è una differenza: anche prima, con l'ing. De Benedetti, la proprietà era in mano ad un gruppo dell'alta borghesia italiana, che certamente orientava la linea del giornale per le proprie strategie.  Ma l'Ingegnere era un personaggio anomalo, di sicure convinzioni democratiche; e poi, la "linea" del giornale non nasceva solo dai suoi orientamenti, ma certo doveva fare i conti con un personaggio come Scalfari, che il giornale l'aveva fondato. E quindi, aveva un senso leggere questo giornale, anche per la qualità di molte firme che ne hanno fatto la storia.
Da qualche anno, regnava oramai sovrana la confusione: la stessa prosopopea nell'atteggiarsi a pensosi dispensatori di visioni e strategie, ma di fatto privi oramai di una vera bussola: come mostra il prolungato fiancheggiamento a Renzi e al renzismo. Un esempio clamoroso di miopia, frutto di una presunzione: che se il giornale avesse "appoggiato" un leader, questi ne sarebbe stato condizionato. Se il giornale-partito aveva un senso ai tempi del migliore Scalfari, con il tempo questo modo di concepire il ruolo del giornale è scaduto miseramente.
Evidentemente, la confusione nell'assetto proprietario si è riversata nella confusione delle idee; come dimostra, in particolare, l'atteggiamento del giornale di fronte alla crisi di governo dell'estate scorsa, e di fronte al governo Conte. Ma cosa volevano? votare a novembre? meglio non pensarci...a cosa sarebbe potuto accadere. 
Personalmente, ho comprato Repubblica, insieme all'Unità, ogni giorno, sin dal 1976, e ho smesso da qualche mese, perché la lettura non solo risultava inutile, ma persino irritante, nei modi e nello stile. Vedremo ora che succede. Elkann, il nuovo uomo forte della dinastia, è il tipico esempio di una borghesia capitalistica priva oramai di qualsiasi radice nazionale (e del resto, la sede fiscale FCA è in Olanda): dubito persino che abbia una qualche idea politica, di un certo respiro, sul futuro dell'Italia. Penserà ai suoi interessi, ovviamente. Forse, per ragioni di puro marketing, proveranno a ridare al giornale l'obiettivo di dare voce ad una sinistra democratica: ma io non mi fido. 
di Antonio Floridia