Dal silenzio agli schiamazzi

Lunedì, 20 Aprile, 2020

Dal più piccolo dei nostri Paesi alla più grande Città, il silenzio di questi mesi ha certamente indotto a riflettere sulle incertezze e precarietà della vita anche chi non avrebbe voluto farlo. La dolorosa scomparsa di tanta parte della generazione della ‘memoria’, ha lasciato un vuoto che non verrà riempito dalle ‘memorie’ dei computer e dai wikipedia di turno. Si è vissuto, volenti o no, un po’ alla giornata e, in tutto questo silenzio, sono emerse talvolta solo le voci flebili di quanti non sono in grado veramente di ‘vivere la giornata’ ma anche le voci - che non abbiamo tanto udito, quanto ‘visto’ e constatato - di una grande ondata di altruismo, offerta dal personale sanitario degli ospedali e da una capillare costante e nello stesso tempo ‘silenziosa’ azione di un ampio volontariato.

Anche le chiese - vuote di presenza ma spiritualmente piene di quei ‘fedeli’ che restano tali anche se non sono dentro un ‘luogo liturgico materiale’ e si sono uniti a papa Francesco insieme con tutti quei sacerdoti, membri tutti della ‘comunità cristiana’ e della città dell’uomo – ci hanno indotto a riflettere di più sui “veri adoratori che adoreranno il Padre in spirito e verità”.

Le schiere di volontari in tanti campi, le numerose piccole e grandi azioni di attenzione ai più piccoli e ai poveri, l’abnegazione di medici e infermieri e personale sanitario, la stessa ‘clausura’ accettata dai più in spirito di grande cooperazione - con un ‘isolamento’ che tuttavia è stato il contrario della chiusura individualistica - forse agli osservatori retorici e superficiali faranno nuovamente esclamare: ‘italiani, brava gente’, ignorando però, come un tempo, che le generalizzazioni sono deleterie e alimentano miti inconsistenti. Naturalmente qui non voglio alludere alla deplorazione per quei pochi che hanno ignorato divieti e obbedienze comuni per dar sfogo al loro abituale egoismo, e che, tutto sommato, hanno riguardato casi abbastanza insignificanti, ma alla prospettiva che, superata la fase dell’angoscia e del silenzio, si dia sfogo agli schiamazzi, per cui chi strilla di più fa credere di aver ragione, chi pretende di più pensa che gli altri debbano accontentarsi del meno, gli influencer (ma non c’è ancora un vaccino per costoro?) riprenderanno a pubblicizzare i loro prodotti effimeri, e così via…

Ma quel che più spaventa è la non improbabile lacerazione che si potrebbe creare se qualcuno credesse di seguire i populisti di turno (vecchi e nuovi) col vuoto delle loro parole, spesso infarcite di luoghi comuni e senza costrutto e che nemmeno l’uomo della strada si sentirebbe di esprimere. Il previsto allentamento delle misure di contenimento della pandemia, ha liberato ulteriormente le remore iniziali di qualche mestatore. E così, dopo aver ricercato le cause della pandemia in questo o quell’untore, si stanno gettando a capofitto a lanciare anatemi e accuse per lo più campate in aria, verso quanti hanno cercato -  con quotidiana fatica e certamente andando anche per tentativi – ad arginare questa peste dell’epoca post-moderna.

Ed ecco allora, dopo l’emergere ulteriore dei disaccordi nell’Europa dei burocrati e banchieri più che dei popoli, le grosse discordie dei nostri politici, gli egoismi delle regioni e soprattutto dei cosiddetti ‘governatori’, dove la paura di non essere rieletti porta ad ignorare le proprie responsabilità anche pregresse e soprattutto a volere sollecitare e riprendere la solita prassi della produzione per il consumo(consumismo) e non per una buona vita. Quanti di costoro più che spingere alla riapertura delle fabbriche avrebbero dovuto in questo tempo spingerle (almeno alcune) ad una riconversione industriale che fosse più consona al servizio della persona e alla salvaguardia dell’ambiente? Così come al ripensamento dell’attuale Servizio sanitario spezzettato, con la dismissione di piccoli ospedali anche se utili per il concentramento più burocratico che efficiente.  Invece no, è più facile sollecitare a riaprire le fabbriche anche se non in sicurezza, o andare nei supermercati per ‘prendere due e pagare uno’, dal momento che le aziende devono liberarsi dei fondi di magazzino!

Così come non si può affermare con leggerezza che si sostiene la cultura perché si riaprono le librerie! Ma non si era scritto in precedenza da tante parti che gli italiani non leggono? E che la media dei libri acquistati (ma poi letti?) sia di un libro a testa in un anno? Senza contare che c’è chi (non certo solo tra le classi abbienti o medie, ma anche povere) acquista magari 20/30 libri l’anno per la propria cultura e approfondimento e non solo libri di evasione, e chi invece non legge nemmeno quelli della scuola dell’obbligo!  

E poi – se non bastassero le divergenze tra le regioni – ecco di nuovo quei ‘personaggetti’, come direbbe il campano De Luca, che non ‘possono’ certamente rispettare i silenzio, altrimenti la gente se li dimenticherebbe: sono quei piccoli gnomi egocentrici dentro i partiti e anche in Parlamento, che pur non più godendo di consensi popolari, si scagliano contro chi si espone di più, tanto è facile lanciare accuse e suggerire soluzioni facili ma non dimostrabili. I ‘partiti personali’ diventati partitelli unipersonalistici, qualcosa per farsi notare debbono pur farlo. Magari qualcuno di essi, arringherà fra poco anche un qualche drappello più o meno esasperato di persone scontente, per farsi notare nelle piazze, quando queste si riapriranno!

Ed allora, se si vuole che si evitino, già nell’immediato futuro, gli schiamazzi dei facinorosi, occorrerà che i politici lungimiranti, da subito, siano capaci di puntare ad obiettivi che serviranno il bene comune a favore delle attuali e prossime generazioni. Per questo è necessario che i soldi che sono stati e verranno stanziati vadano alle aziende ed industrie che si riconvertono non solo a parole, vadano alla scelta di dirigenti pubblici e di manager che non siano sempre quelli finora superpagati anche se hanno fatto errori madornali, aumentato i deficit o addirittura fatto fallire dolosamente le aziende (pubbliche), vadano ancora i soldi per la semplificazione di leggi e burocrazia (e pensare che se ne era già parlato a vuoto con l’istituzione di un ministero apposito affidato all’allegro ministro Calderoli nel 2009).

Per gestire l’emergenza attuale ci si è serviti della Protezione civile, del Volontariato, dei Sanitari più altruisti e col senso del dovere, anche del clero che più silenziosamente ha agito anch’esso al servizio dei più ‘isolati’, dei senza dimora, carcerati, poveri, ecc. Certo non si deve demandare la politica o la gestione statale a questi ‘servizi’, ma sarebbe il caso anzitutto che si mettesse decisamente in atto quel principio e conseguente prassi della sussidiarietà coinvolgendo le famiglie e tutte queste realtà disponibili e sensibili ai problemi giornalieri, da cui si dovrebbe acquistare la capacità da un lato di una costante lettura e ‘soluzione’ delle necessità vere e, dall’altro lato da questo ‘capitale sociale’ si ‘pescasse’ anche qualche uomo/donna che leggano la politica per quello che deve essere e inseriti nelle amministrazioni di ogni grado possano ricoprire ruoli di responsabilità senza aspettarsi quelle contropartite richieste invece da buona parte dei nostri parlamentari nazionali, ‘regionali’, nonché locali. E, si badi bene, questo ‘volontariato’ e le capacità culturali e gestionali a tutti i livelli non esiste solo in Italia ma anche in Europa, nella quale occorre comunque tornare a credere nello spirito degli antichi fondatori che pure non si aspettavano immediati risultati, ma quotidianamente affrontavano l’impegno per costruire l’unità e la solidarietà dei popoli, come del resto ci hanno insegnato tanti ‘profeti’ contemporanei e con i piedi per terra, come Giorgio La Pira.