Cattolici ed elezioni

Martedì, 23 Agosto, 2022

Fra le questioni che questa campagna elettorale estiva ripropone alla discussione pubblica vi è anche quella del rapporto fra cattolicesimo e politica. Dall’idea del centrodestra di farsi garante e portatore di “valori cristiani” alla rivendicazione di un legame col cattolicesimo democratico da parte di componenti del centrosinistra, l’imminenza delle urne stimola a cercare di guadagnare il consenso di una Chiesa italiana che tuttavia si tende a considerare come un tutto indistinto e a identificarne la voce esclusiva nelle sue gerarchie.

            Eppure, uno sguardo più attento a cosa sia la Chiesa nell’Italia di questo 2022 può cogliere qualcosa di assai più complesso e plurale. La rete di diocesi e parrocchie, con la sua dimensione istituzionale, è la cornice di una realtà nella quale si collocano, vivono e operano associazioni e movimenti, opere di carità e istituti missionari, scuole e università, istituzioni sanitarie e una parte rilevante del terzo settore. È un quadro che anche limitandosi al livello nazionale mostra una varietà di sensibilità e specificità, che si moltiplicano allorché si guarda al fiorire di iniziative del genere che caratterizza i diversi territori del paese. La Chiesa italiana è, dunque, un insieme di esperienze ispirate dal Vangelo che vive nella discrezione della quotidianità e rappresenta chiaramente un dato sociale e civile, oltre che religioso.

            Questo mondo così variegato tanto è vivo e vitale rispetto alla concretezza delle cose, quanto fatica a misurarsi con un orizzonte partitico nel quale difficilmente si riconosce. E questo per ragioni che non attengono soltanto alle dinamiche dei partiti che compongono l’attuale arco costituzionale. Con la fine del “partito dei cattolici”, all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, si era palesata la possibilità di dare completamento all’itinerario storico del cattolicesimo italiano. Accettata la democrazia rappresentativa, con le sue forme e il suo metodo, si prospettava per i cattolici il compito di misurare ogni cultura politica sul metro del Vangelo, valorizzando di ciascuna i suoi tratti più propriamente umani. Dal 1994 si è cioè definita una cornice nella quale i cattolici potevano guardare alla politica libera da un’appartenenza partitica e incoraggiare i credenti a vivere con maturità ecclesiale e responsabilità civile il loro essere cittadini. Questo salto di qualità è però rimasto allo stato embrionale e il suo compimento richiede da parte dei cristiani il coraggio di mettere la propria esperienza religiosa in dialogo con tutte le culture politiche senza identificarsi con una di esse e senza la pretesa di farsi, a sua volta, elemento identitario di un partito.

            La rappresentanza politica di una realtà così complessa e ancora in transizione è allora questione che va ben oltre un problema di nomi e parole d’ordine. Perché questa Chiesa, con la sua sensibilità tutta religiosa, riflette in sé le tensioni e le aspirazioni, le paure e le speranze delle donne e degli uomini di oggi. Diviene fuorviante e pericoloso cercare di intestarsi la rappresentanza esclusiva di un cattolicesimo così poliedrico, soprattutto quando chi cerca di farlo spesso non riesce nel difficile esercizio di separare la dimensione religiosa da quella politica. Dare rappresentanza politica a pezzi di paese, anche a quelli di ispirazione religiosa, è un fatto tutto politico, cioè tutto umano e come tale “laico”. Ed è un atto che richiede la fatica di una tessitura, nella quale non bastano generici appelli valoriali ma occorre la costruzione di un percorso comune nel quale rappresentati e rappresentanti condividono la responsabilità di idee, proposte e scelte. In questo senso, per quel che attiene il cattolicesimo italiano e la politica, servirebbe, più che un certo numero di candidature di bandiera, una maggiore capacità da parte dei tanti cattolici sociali, democratici, liberali, di pensare in termini politici e operare conseguentemente nello spazio pubblico.