Vita, Bioetica e Nuovo Umanesimo

Martedì, 15 Settembre, 2015

Il Vangelo della Vita per un nuovo umanesimo

Il 30 ottobre 2015 si è tenuto a Roma presso il Nobile Collegio Chimico Farmaceutico il convegno di riflessione sulle sfide e le prospettive a 20 anni dall’Evangelium Vitae, promosso dall’Ufficio Nazionale della Pastorale della Salute della CEI in collaborazione con AMCI, ACOS, UCFI, AIPS, Forum Associazioni Socio-Sanitarie e presieduto dal Card. Francesco Montenegro.

La prolusione è stata tenuta dal Card. Angelo Bagnasco, il quale ha sottolineato come i cristiani non possano abituarsi “al sangue di Abele che continua a levarsi verso Dio”, perché una civiltà, un umanesimo che non si misuri efficacemente con le ali deboli dell’umanità, è un’inciviltà, un disumanesimo. Il Cardinale ha ricordato che per essere presenza significativa oggi è necessario individuare e denunciare in maniera puntuale e sistematica (non occasionale) le radici culturali che ritengono plausibile ciò che mai lo è stato; i cristiani non devono essere crociati di un punto, ma propositori di un nuovo umanesimo. Le ragioni dell’EV oggi sono ampliate e amplificate rispetto a venti anni fa. E’ in atto una mutazione antropologica e culturale radicale: una transumanza valoriale per cui i valori di riferimento mutano continuamente e incidono sia sulle legislazioni che sulle prassi di vita. Oggi assistiamo a un transumanesimo dove l’uomo si compone e scompone a piacimento, indipendentemente da valori oggettivi, in un individualismo esasperato, senza relazioni. V’è una soggettività che si definisce in termini di indipendenza ed efficienza e che scarta chi non le possiede. Così lo Stato diventa espressione della logica della maggioranza di un momento, senza valori, col rischio di farsi sopraffazione per le minoranze. La libertà individuale, priva di limiti di sorta, pone l’uomo in una cella di autonomia: libertà piena come felicità, ma in vero libertà che isola e taglia le relazioni, creando una società di monadi, priva di senso di solidarietà. Papa Francesco ricorda che quando la cultura non riconosce più principi condivisi, la vita sociale si fa relativismo assoluto e così la vita stessa degli uomini. Il secolarismo oggi è il vivere come se Dio non esistesse, privando l’uomo del senso stesso dell’esistenza. Nell’oblio di Dio la visione del mondo diventa solo spazio di prevalenza di forze e individualismi, che crea “scarti”, cioè persone non in grado di produrre e di competere. Ciò crea anche la confusione tra il bene e il male, per cui il bene appare male e il male bene: c’è un capovolgimento del paradigma morale. Per questo è importante, richiama il Cardinale, incidere sui nodi culturali, prima che sulle questioni. Il cambiamento attuale viene dalla metà del secolo scorso e risponde ai criteri della finestra di Overton (The Overton Window)  di comunicazione-persuasione:  si tratta di uno spazio concettuale graduato all’interno del quale si individuano alcune fasi, sei per la precisione, in cui si può descrivere lo spostamento dell’atteggiamento dell’opinione pubblica rispetto a una certa idea da negativa a positiva o l’inverso. Si tratta quindi di una spiegazione di uno dei modi in cui avviene la persuasione politica e dei meccanismi che possono essere utilizzati. Sulla base della finestra di Overton, si possono costruire (e sono state probabilmente costruite) campagne a favore di alcune idee non ancora accettate dalla società. Un esempio di tale mutazione è la qualità della vita, nel cui nome si invocano prassi che ledono la dignità stessa della vita, poiché intesa come efficienza e godibilità materiale, non come spiritualità, bellezza, emozioni, condivisione. E’ tempo, quindi, di pensare, parlare ed operare.

Il Prof. Francesco D’Agostino ha illustrato l’attuale pensiero bioetico citando il nulla osta dato in Inghilterra a PMA per fusione di due oociti, per cui non si sa più chi è la madre, essendo i gameti entrambi femminili, e il dilagare della prassi del cosiddetto “utero in affitto” con problemi giuridici rilevanti, la eutanasia è diventata “suicidio assistito” e “sedazione terminale profonda”. Tutto ciò crea smarrimento alla cultura cattolica. Un altro problema, già presente in USA, è l’utilizzo id sostanze che potenziano le capacità cognitive, che violano la pari dignità e potenzialità delle persone. Secondo D’Agostino le sfide da attivare contro questa cultura alternativa a quella della vita sono due: quella cognitiva e quella profetica.  La sfida cognitiva è l’elaborare per ogni questione buoni argomenti razionali così da poter argomentare “con ragione”. Sull’aborto, per esempio, le vecchie argomentazioni laicistiche sulla condizione “preumana” dell’embrione sono state tutte confutate dalla stessa scienza laica oggi. In altri termini nessuno oggi giustificherebbe l’aborto con una definizione “preumana” dell’embrione: la battaglia cognitiva quindi è stata vinta, ma la legislazione abortista – sebbene antiscientifica – resta. Le discussioni cognitive sono importanti, ma non sono sufficienti a cambiare l’ordine della storia, perché tende a divenire una discussione culturale di pochi, senza incidenza nel mondo reale. Infatti oggi i valori dominanti non sono elaborati a livello cognitivo, ma per altre e diverse vie. I valori sociologicamente si impongono senza giustificazione logica, perché sono di tipo emozionale, cioè “prerazionali” Il legislatore non codifica un evento come reato se non c’è quella che si dice “collera pubblica”. Così un reato scema se non c’è più riprovazione pubblica (per esempio il reato di bestemmia e di turpiloquio).  La EV non dà il primato, conseguentemente, all’etica cognitiva, ma alla sfida profetica. Il punto 57 è il cuore della EV quando afferma che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Giovanni Paolo II sulla legittima difesa e sulla pena di morte esprime pareri possibilistici, ovvero di dipendenza dal contesto. Nella EV non si cita la vita colpevole, ma la vita innocente. I cristiani e gli uomini di buona volontà oggi sono chiamati ad annunciare come offerta di senso che la vita ha un valore intrinseco perché l’innocenza prevale sempre sulla colpa- l’innocenza è il nucleo valoriale della vita. L’unico argomento autentico contro la pena di morte è che il colpevole deve avere la possibilità di recuperare l’innocenza. In sintesi l’innocenza ha primato sulla colpa. Tale assioma è facilissimo per l’aborto, implicante maggiore riflessione su altre questioni, ma sempre presente.  Il sistema culturale non ha, come detto, fondamento razionale nei valori: pertanto la comunicazione affettiva, cioè di condivisione e compassione, è la più efficace, perché consente, in una prospettiva profetica, di mutare i valori stessi.

    Agli interventi del Prof. Filippo Boscia e dei relatori alla tavola rotonda, tutti centri su una prospettiva di responsabilità per una nuova cultura della vita, passando attraverso esempi di testimonianze concrete, è seguita la conclusione del Card. Edoardo Menichelli. Il Cardinale ha evidenziato come in medicina non ci possa essere un primato della tecnologia sul medico (la tecnologia è al servizio del medico e del paziente) e di pari va sfatata la presunzione di onnipotenza della medicina (la medicina cura soltanto). La tentazione collettiva oggi è di definire i diritti come frutto di convenzione sociale, incluso quello alla vita, dimenticando che la vita non ha caratteri di sorta né aggettivi, perché essa è compiuta in sé. Bisogna trovare una strada che non abbia timbri religiosi e che si sviluppi in un contesto di sana laicità: il Vangelo è un grande esempio di laicità. Cristo non ha proposto una religione, ma uno stile di vita. Papa Francesco ha sintetizzato ciò in una frase: “servire la vita, tutta la vita, la vita di tutti”.

    Il Convegno di è concluso con la sottoscrizione di un articolato e operativo manifesto per la vita da parte di tutte le associazioni sanitarie presenti e di Don Carmine Arice, segretario dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della CEI.