Visibilità e insignificanza dei cattolici?

Mercoledì, 8 Agosto, 2018

Ritorna più volte in questi mesi e soprattutto dopo le elezioni del 4 marzo un certo dibattito sulla visibilità o meno dei cattolici in politica o addirittura sulla loro insignificanza. Senza avere la presunzione di inserirmi in una riflessione che ha – o perlomeno si pensa che abbia – interlocutori più importanti ed esperti del sottoscritto, mi sembra quasi doveroso intervenire con qualche piccolo pensiero in merito. Ma prima è importante fare alcune premesse.

La prima: non si può pensare che i cattolici (con questa dizione si fa generalmente riferimento ai cristiani battezzati, praticanti, credenti, credenti-praticanti, domenicali e…saltuari) siano improvvisamente spariti dalla circolazione. Camuffati o meno, essi hanno certamente votato per tutti i partiti dell’arco non solo ‘costituzionale’ e soprattutto, occorre anche obiettivamente riconoscerlo, per quelli che hanno vinto alle ultime elezioni!

La seconda: quali sono i ‘valori cristiani’ penetrati nella società italiana attraverso l’opera più o meno visibile dei cattolici in politica e nel sociale? Non si può facilmente rispondere a questa domanda per non incorrere nel rischio di considerare l’operato dei cattolici in politica (indipendentemente dall’identificarsi con un partito) come una sorta di evangelizzazione diretta. Ma semmai si potrebbe tentare di verificare quali sono stati i valori condivisi e ‘realizzati’ con altri non credenti nelle scelte politiche in merito al bene comune possibile.

Una terza premessa. Dovrebbe essere abbandonato una volta per tutte, il criterio di ragionare in termini di…Democrazia Cristiana. Cioè a considerare e giudicare l’operato dei cattolici in politica in base alla loro visibilità quasi di ‘corpo organico’ e magari a guida ecclesiastica. Per di più si continua a ipotizzare la creazione di una nuova DC pur sotto mentite spoglie o nuove denominazioni e comunque in funzione identitaria (Su questa ipotesi ci si dovrebbe se non altro chiedere che fine hanno fatto i vari CCD CDU, ecc, e quali risultati hanno ottenuto). Un tentativo nuovo, andato però ad infrangersi con l’involuzione del PD, poteva essere quello di una valorizzazione interna del cattolicesimo democratico (sulla scia dell’UIivo che aveva raccolto le componenti socialista, ‘cattolica’, ‘liberale’, tuttavia fieramente osteggiato da una certa gerarchia che ha preferito chiudere gli occhi sulle corruttele berlusconiane e tifare per le piccole formazioni etichettate cattoliche a supporto dello stesso personaggio, per risultati peraltro inconsistenti e forse anche deleteri.

Ed allora anzitutto è bene procedere ad un ‘inquadramento’ del ‘cattolico odierno’, e per questo penso ci si possa riferire alla distinzione che faceva il card Martini in un incontro di qualche anno fa (Camaldoli, 2002) individuando una realtà dei cattolici alquanto variegata. Martini per distinguere le varie anime cattoliche (o meglio cristiane) portava l’esempio dell’albero: “Ci sono i cristiani della linfa, i cosiddetti impegnati, coloro che partecipano abbastanza da vicino alle iniziative della parrocchia. Ci sono i cristiani del midollo, che frequentano la Messa con qualche regolarità, che contribuiscono magari economicamente alle necessità della Chiesa, però non collaborano direttamente alla costruzione della comunità. Ci sono poi i cristiani della corteccia, che vivono marginalmente rispetto alla comunità cristiana”. Oggi si potrebbero aggiungere anche quei cristiani ‘opportunisti’ che, pur di non perdere la poltrona, sono passati dalla difesa ad oltranza dei ‘valori non negoziabili’, direttamente nello schieramento che allora avversavano! Naturalmente i cristiani ‘dell’albero’ martiniano, soprattutto in tempi di diaspora e di pluralismo in politica, operano scelte politiche diversificate (che ‘ufficialmente’ la gerarchia ecclesiastica ha dovuto riconoscere solo nel 1995!).  

 

Pertanto si possono prendere come riferimento fondamentale dei cristiani più impegnati e consapevoli, coloro che partecipano della comunità cristiana e - pur non volendo dare patenti di più o meno ‘buoni cristiani’ a tutti gli altri a cui non è certo vietato l’impegno politico - sembra logico che il criterio della specifica genuina identità religiosa spetti a coloro che possono essere considerati quelli della ‘linfa’ perché partecipi alla comunità cristiana nella Eucarestia, nei Sacramenti e nell’impegno di ‘Carità’(anche con un preciso riferimento al n. 4 della Octogesima adveniens di Paolo VI). E naturalmente ribadendo che comunque “l’unica fede può animare diversi progetti umani e può esprimersi in scelte sociali e politiche diverse”.

L’impegno di carità, come ben si sa, (per chi ne è disponibile, competente e capace e sotto la propria personale responsabilità), può essere dato ‘anche’ dall’impegno politico diretto (secondo quel concetto di alta forma di carità che da Pio XI, passa per Paolo VI e arriva a Francesco (con la sua affermazione sulla Politica con la ‘p’ maiuscola!), secondo la prospettiva di Gaudium et spes n.43,3.

Detto questo, l’insignificanza o invisibilità dei cattolici nella politica odierna, avrebbe bisogno di almeno una ulteriore precisazione: prendendo a riferimento le ultime legislature, si sono avute sostanzialmente due ‘modalità’ di cattolici impegnati in politica: la prima è quella di coloro che pur militando in formazioni diverse (o in una di esse in particolare) hanno operato per un servizio politico di mediazione e di apporto alla ‘costruzione legislativa’ per il bene comune, avendo come base culturale non solo la competenza ma anche (pur se non sbandierata ai quattro venti) la dottrina sociale cristiana (io però preferisco usare il termine di ‘magistero’!). Costoro, si potrà certamente dire che al redde rationem, non hanno avuto il riconoscimento (non solo ‘politico’) che avrebbero meritato (e ricordiamoci pure che una parte importante della Gerarchia li ha sempre trattati con sufficienza se non osteggiati!). Mentre l’altra modalità di ‘cattolicesimo politico’ è stata quella che per alcuni anni ha strumentalizzato alcuni principii definendoli, anche in un certo qual modo in senso restrittivo, come valori (certamente tali) ma sbandierati come ‘non negoziabili’ e affidandoli anche a forze politico-partitiche di dubbia… credibilità e fors’anche moralità (che dire dei buoni cattolici ‘alleati’ che in parlamento, hanno votato tra tante cose, anche la balla della nipote di Mubarak!?). Forse qualcuno a suo tempo avrebbe dovuto invitare ad un vade retro S…! Che non era Salvini (tra l’altro col recupero in passate non recenti elezioni, di una Lega che allora era ormai agonizzante!). Ed ora, anziché fare un obiettivo esame di coscienza sul ‘ventennio’ passato, nel quale anche un certo manipolo di cattolici di taglio ‘ottocentesco’ e intransigente, fortemente sostenuto da una parte della gerarchia ecclesiastica, era identificabile (e oggi praticamente scomparso dalla circolazione o riciclatosi), sembra si vada puntando su ‘nuovi’ esperimenti di cattolicesimo politico identitario, coinvolgendo, anche strumentalmente parte di un associazionismo più o meno consenziente.

Libero ognuno di crearsi il partito o l’aggregazione che ritiene utile (ma a chi in definitiva?) e patteggi qualche posto in Parlamento alleandosi col miglior offerente e magari passando anche per ‘progressista’. Le dimenticate e fallimentari ‘esperienze’ radunatesi a Todi qualche anno fa, forse non sono servite ancora a capire che non serve mettere insieme alcune sigle per coinvolgere politicamente e culturalmente la gente e i cattolici. L’operazione peraltro chi identificherebbe? I ‘cattolici-democratici’? (ma pare che i più tra questi non ne vogliano proprio sapere), o quali altri cattolici? Salvini ha già aggregato i cattolici di destra (formalmente intransigenti neoclericali e antipapisti) mentre qualche altro cattolico (non ben ‘identificato’) è passato al pentastellatismo ma per lo più per protesta contro il partito ’ex- plurale’, PD!   E per finire, potrebbe anche formarsi un’aggregazione non identitaria in cui i cattolici (certo alcuni di essi) possano dare un contributo originale e comunque ‘aperto’ nell’area di centrosinistra e senza il fine di patteggiare posti, ma è anche necessario – vi si stia dentro o meno – che il Partito Democratico si rinnovi drasticamente  cioè con una base culturale, intellettuale, di idee e  personale politico ‘nuovo’, non con  le solite prime donne (anche di  secondo piano) che da qualche tempo si vanno offrendo come il ‘nuovo che avanza’ (forse sarebbe  meglio dire di ‘avanzi’) e nemmeno con certe autocandidature che non fanno altro che confermare le lotte interne di potere, tanto che non sembra proprio che dalle recenti tornate (sconfitte) elettorali si sia preso ammonimento.

Ma al di là della necessità o meno della visibilità dei cattolici in politica, il problema è quello di chiedersi se è ancora possibile e con quali modalità fare spazio ad una (‘alla’) cultura cattolica nella società attuale ( e futura), interrogativo che chiama in causa principalmente la formazione dei cristiani nelle chiese locali e in esse il ruolo dell’associazionismo che negli ultimi tempi è sembrato chiudersi in sé stesso e poco ( o per nulla) profetico, fermo sulla soglia a ripetere (senza operare di conseguenza) le parole d’ordine di Francesco della chiesa ‘in uscita’.  E a quanti ritengono ancora, da una parte di rifarsi alla nostalgia ottocentesca di una nuova Opera dei Congressi e dall’altra di una nuova ‘Camaldoli’, occorre forse ricordare che i cristiani sono stati sempre comunque un ‘piccolo resto’, che i tempi sono cambiati da un pezzo e che quelle passate esperienze  - che portarono, l’una al Partito Popolare di Sturzo, l’altra alle idee della Democrazia cristiana - avevano avuto un lungo e costante cammino e luogo di formazione proprio nell’associazionismo cattolico.