Un nuovo partito e lo spazio che non c'è

Venerdì, 8 Novembre, 2019

Mi accorgo che la coerenza per le cose terrene e la ricerca di identità del passato sono tornate alla ribalta. Non è un male in sé. Occorre solo precauzione per collocarle sempre nello spirito del tempo. Sono passati solo pochi giorni da quando ho scritto una lettera al “Il Domani”, a Lucio D’Ubaldo e agli amici di “Rete Bianca”,  in merito alla proposta che circola per la nascita di un partito Cattolico Democratico e Popolare di Centro,  su cui  sono stato sempre molto critico. La proposta è ora accompagnata anche da un serio  Manifesto  firmato, tra gli altri, da Stefano Zamagni e dal mio caro amico Giancarlo Infante dal  quale mi è sempre stato difficile dissentire.  Il Manifesto, in attesa di adesioni, ha in ogni caso aperto un interessante dibattito su partito o non partito, coinvolgendo addirittura il Cardinale  Ruini che, una volta messo a tacere  da Francesco, alza di nuovo la voce con una sua intervista al Corriere, facendo capire di contare di più sulla destra evangelica di Salvini col Rosario in mano  che su un nuovo partito cattolico di Centro.

E vado al dunque, aiutandomi con una premessa di Giuseppe Lazzati al suo libro: Laicità e impegno cristiano nelle realtà temporali,  scritto nel 1985: “(…) nella loro maggioranza i cattolici in Italia presentano una debolezza, carica di conseguenze, in rapporto all’efficacia della loro presenza nel Paese. La debolezza riguarda la formazione di cristiani adulti o fedeli laici che, nonostante la ricchezza magisteriale del Concilio sul tema dei laici, (…) ha segnato qualche passo indietro (…)”. Nelle elezioni regionali di quell’anno, la Dc era ancora il primo partito in Italia col 35 % di voti, dentro cui il voto di “cristiani adulti e di fedeli laici” risultava sostanzioso. Tuttavia questa sua preoccupazione sulla debolezza della formazione cristiana, “carica di conseguenze per il Paese”, risulta oggi di incredibile attualità, tenendo conto della crescita dei processi di secolarizzazione, del silenzio assordante del laicato cattolico, nonché della conseguente crisi dei valori, se è vero, come è vero, che alla base del populismo rampante troviamo il nazifascismo, il razzismo e la xenofobia, assieme all’antisemitismo e al sovranismo, quest’ultimo eretto a scudo del passato nazionale “glorioso”, a difesa da ogni contaminazione e contrapposto al mondialismo dello stare insieme e della condivisione che troviamo nelle radici del cattolicesimo e della laica cultura cattolica. Lazzati  si era rivolto alla formazione religiosa, più che a quella politica. E guardava più alla Chiesa che alle istituzioni democratiche e ai partiti, convinto che una debole  formazione religiosa si ripercuoteva intensamente nelle realtà temporali e nell’impegno secolare del laico cristiano. Insomma era al prepolitico che guardava più che al politico. Al “pensare prima di agire”. Alla mediazione come “nodo dell’impegno secolare”. Al riconoscere il diverso e il lontano. Senza tutto ciò lo stesso impegno politico e sociale del cristiano risultava  per lui  debole e inefficace, lasciando aperta la porta al manicheismo tragico del  modello “amico-nemico” , ritornato pericolosamente di moda con i populismi.

Il Centro di un nuovo partito cattolico

Una volta accantonati il prepolitico e la formazione, come attività se non altro propedeutiche e indispensabili all’assodato pluralismo di scelte politiche del laico cristiano, registro che le attenzioni di ciò che rimane ancora in vita del cattolicesimo democratico e popolare si sono rivolte, invece, verso la nascita di un partito politico di Centro. Cattolico o laico che sia. Definito come partito moderato, o di Centro che “guarda verso  sinistra”, come dichiara Renzi con il suo “Italia Viva” mettendo il suo cappello per occupare una sedia centrale del tavolo apparentemente vuota. Tutto questo ribollire di centri e centrini, succede mentre Ilvo Diamanti, dopo un suo recente sondaggio pubblicato su La Repubblica, ci informa che “nell’Italia digitale il Centro scompare, non solo in Parlamento”. Si sa che i sondaggi sono sempre sondaggi. Ma anche quando non ci azzeccano indicano comunque una linea di tendenza. Ebbene, secondo Diamanti, il Centro politico, nell’autocollocazione degli italiani, una volta scomparsa la DC si è ridotto al 10%. Il che significa che il 90% di italiani adulti non si riconosce in un Centro politico e si posiziona altrove. Non posso nascondere che mentre seguivo il dibattito su “Il Domani”, ero convinto che fosse teso a fare salire, dalla cantina dove si era rinchiuso, un pensiero e una cultura politici rimasti per molto tempo ai margini e silenziosi. Un bisogno  di elaborazione culturale dunque. Più che il bisogno di un nuovo partito politico. Un bisogno  teso ad  incarnare nei nostri tempi di crisi e di impensabili cambiamenti (ecologia, emigrazioni, automazione, intelligenza artificiale, lavoro e disoccupazione, capitalismo finanziario globale, ecc. ) alcuni valori.  Quegli stessi  a cui pensava Lazzati. Sicuramente validi  per la democrazia e l’Europa unita che vogliamo.  Da  offrire però  alla politica e a tutti i partiti politici, senza rinchiuderli in un solo partito identitario. Ecco perché mi  hanno sorpreso la presa di distanza dal prepolitico, come se si trattasse di una dozzinale attività, il silenzio sulla formazione dei giovani, valutata come inutile perdita di tempo, e la demonizzazione della testimonianza. Una categoria etica quest’ultima che,  partito o non partito, solo una banale interpretazione individualista la  identifica come  una riduzione privatistica e inefficace dei valori e della democrazia personalistica in cui crediamo. Mi accorgo ora che, ancora prima di aver promosso un intenso dibattito culturale di/su ciò che rimane del cattolicesimo democratico e popolare sparso in Italia, si è invece puntato direttamente sul partito politico di Centro. Sarà!

I problemi e le novità                                                                                                                                                 

Ma  quali sono al riguardo le novità passate inosservate? La prima è che, dopo la nascita del Partito di Renzi  e la conferma a Premier di Conte, sia Renzi quanto Conte si sono esplicitamente e ad alta voce dichiarati  “cattolici democratici”. Con l’intenzione di rappresentare e raccogliere un centro moderato. Un segnale lanciato  nel confuso mare magnum del circo Barnum mediatico, per cercare posizionamenti spaziali identitari, illusori consensi e collateralismi con la Chiesa antisalviniana. Ma che crea tuttavia delle obiettive difficoltà  a quanti hanno  dedicato anni per tenere tenacemente in vita questa cultura, nel momento in cui hanno visto emergere  d’emblèe  due autoproclamati leader ben inseriti nelle istituzioni.

In un tempo in cui i leader, carismatici o meno, unti del Signore o con il Crocefisso sulle labbra, sembrano indispensabili alla democrazia rappresentativa e alla comunicazione politica,  anche questa loro scelta geometrica cultural-politica crea qualche imbarazzo e confonde le idee.  Pur dubbioso, ho supposto tuttavia che Conte e Renzi non ignorino cosa significhi indossare questo vestito.  Ma, dal momento che I.V.  si è seduta vicino a F.I, situati nel mezzo dell’emiciclo parlamentare, qualche maligno ha pensato che Renzi avesse in testa un Nazareno Due in salsa Blairiana  o  Macroniana. E  anche se Berlusconi con Piazza S. Giovanni si è spostato decisamente a destra, è anche vero che continua a guardare verso Renzi con interesse. Un fatto è però certo : il Centro risulta già occupato, i  giochi dei centrismi partitici sono chiusi, e lo spazio per un nuovo partito cattolico è molto stretto. A meno che,  proprio Renzi con la sua Italia Viva non sia sottotraccia l’obiettivo non detto del Manifesto che circola e dell‘avanguardia di Zamagni, una volta assorbiti Udc e Dc.

Nel ricordo di Benigno Zaccagnini e del 30° della sua scomparsa,  rimangono ancora aperti i processi formativi, su cui lui scommetteva molto e su cui si nota un disinteresse totale.

Il tempo perso e l ’isolamento dei cattolici democratici                                                                                                                                                                                                                          

L’ho  vissuto in prima persona, assieme alla mia associazione Polis Duemila. Correva l’anno 1998 quando lo storico e sociologo Giorgio Campanini, all’interno della associazione ”Agire Politicamente” di Lino Prenna,  propose col suo fiuto di studioso, e intuendo l’eclissi della cultura cattolico democratica e popolare, un Forum annuale che chiamasse a raccolta tutte le associazioni e i tanti gruppi sparsi e frammentati in Italia. Incomunicabili e  gelosi l’un dell’altro. Che, di fronte al nascente individualismo, avevano forse  “paura di formare comunità”, come scrisse Fulvio De Giorgi nel suo “Brutto Anatroccolo”. Ma non se ne fece mai niente. Un gran peccato. Lunghissimi anni di silenzio totale, rotto solo dalla buona volontà di qualche incontro-dibattito organizzato da singoli e isolati amici e associazioni  di area – voglio ricordare l’encomiabile “Giro d’Italia”  di Ernesto Preziosi con la sua associazione Argomenti 2000” – senza una rivista o un giornale.

Se si sta pensando ad un nuovo partito ci sono alcuni dati  che dovrebbero fare riflettere. E che indicano il naturale retroterra socioculturale di un partito con questo profilo. Non è una novità, ma il c.d. mondo cattolico non è un mondo solido e granitico. Non lo è mai stato, sin dal Modernismo e sin da Sturzo. Zygmunt Bauman ci ha lasciato in eredità la sopraggiunta “liquidità”. Ma non ha mai approfondito il rapporto tra “liquidità”, pluralismo  e secolarizzazione. L’Istat ci informa che  “I giovani escono dalla famiglia sempre più tardi … e spostano in avanti le tappe di transizione allo stato adulto: più della metà dei 20-34enni (5,5 milioni), celibi e nubili, vive con almeno un genitore”.  Mentre registriamo questo protrarsi della fanciullezza  bambocciona, solo il 25/30% di quel 67% di italiani adulti frequenta oggi la Messa con assiduità. Un dato che si riduce al 13% per i “maschietti” tra i 18 e i 24 anni. Quando si dice che i giovani hanno abbandonato le Parrocchie, la Messa e  la Pastorale, ci si riferisce a questo misero 13%. Il voto di questi cattolici nelle ultime elezioni europee si è distribuito così: il 52%  non è andato per niente a votare; il 33% di chi si è recato alle urne ha votato Lega; il 27% Pd; il 14% M5s. Andiamo avanti. Alcuni  dati sui matrimoni con rito cattolico ci dicono inoltre che se,  fino a tutto il 1968, il 97 % dei matrimoni avveniva  in Chiesa, da quell’anno fatidico in poi questi matrimoni sono iniziati  a scendere progressivamente, fino ad arrivare al 63% del 2010. Un 37% dei matrimoni non si fanno dunque più in Chiesa. Effetto della secolarizzazione che preoccupava Lazzati?  Per i giovani e per l’associazione che storicamente li ha meglio rappresentati –  l’Ac –  la faccenda si complica. Se infatti a metà degli anni ’50  gli iscritti all’Ac (uomini e donne) erano 3.200.000, ai nostri giorni si sono ridotti a 280.000 circa.  Non ho i dati, ma alcuni amici  mi dicono che la FUCI, serbatoio perenne di classe politica e intellettuali cattolici di prim’ordine, si trova ai minimi storici. Così l’Agesci e le Acli. Mentre è il meritevole mondo del Volontariato che è in continua crescita: Salvini permettendo.  Infine le scuole diocesane di formazione all’impegno sociale e politico, una attività pensata per fornire una base culturale e tecnica, permeata di dottrina sociale della Chiesa e di valori cristiani: se nel 1987, subito dopo l’apertura dell’Istituto di Palermo di padre Arrupe e padre Sorge, c’erano ben 200 scuole sparse nelle varie diocesi italiane, oggi se ne contano 52.

Il signor Futuro                                                                                                                                                                            

Non è difficile notare che questi dati potrebbero aiutarci a individuare quel naturale contesto socioculturale, nonché serbatoio di voti,  per un nuovo partito cattolico di Centro. Anche se  bisogna sempre fare i conti con gli epigoni di C.L in salsa ateo-devota, e oggi salviniani mescolati nel brodo fondamentalista teocon  americano, importato in Italia con Steve Benson.  Antibergogliano dichiarato e tifoso del Cardinale Muller. Luigi Gedda con i suoi Comitati civici lasciamolo alla storia. Così  come quelli nominalistici di Renzi. Ma che occorra un certo tacito supporto dalla Cei, dalle diocesi,  dalle parrocchie e dall’associazionismo cattolico, mi sembra una cosa ovvia. E mentre rimango in attesa che qualcuno mi spieghi bene cosa significhi partito di Centro senza indicare sin dall’inizio le sue alleanze laterali, mi confondo di più quando si esclude di salire sul carro neoguelfo in difesa dei principi inviolabili ma non si comunica la specificità programmatica e  originale di un partito siffatto. Mi auguro di sbagliare, ma la mia impressione è quella che tuffarsi con un partito di soli “veterani” nel “cattocomunismo dossettiano” della  nostra  “Costituzione  bolscevica” –  così  l’ateodevoto  Giuliano Ferrara ha definito il cattolicesimo democratico e la Costituzione italiana –  significa  tuffarsi in uno stagno storico tranquillo e chiuso, frequentato da moderati ultra sessantacinquenni in pensione. Uno stagno della memoria che consola e lascia sereni, da affidare caso mai alla nostalgia di Proust verso il “tempo perduto”. Ma non alla politica del signor Futuro, in quanto ci vieta di vedere le alte e violente onde dei mari aperti che avvolgono oggi  i continenti, con i loro tsunami giornalieri. E’ stato Mimmo Lucano che, giù in quel Sud Magno Greco vivo e dimenticato, guardando alla società globale, all’accoglienza, alla solidarietà, ha dato una lezione di Futuro.  Anche per  questo, se non soprattutto per questo, credo che la zona Cesarini di un partito Cattolico democratico di Centro, sia stata superata da un pezzo. Proprio mentre le carte della secolarizzazione e del voto fluido anticasta e anti èlite si andavano mescolando. Sin dai processi formativi e dal prepolitico abbandonati. E sin dai giovani senza lavoro lontani oggi dalle parrocchie e dalle chiese, ma con la valigia in mano. Sin dal disinteresse per i Municipi rionali e i Comitati di quartiere. Se ancora esistono.

Può la sola legge proporzionale essere condizione sufficiente a far nascer un partito di  qualità? Può un partito del genere rivolgersi ai tanti che si astengono alle elezioni, osservandoli, con un forte abbaglio sociologico,  come ceto medio, e come potenziali elettori di un partito di Centro moderato col timbro cattolico democratico, forse nell’antico ricordo di quella buona borghesia cattolica Dc del secondo dopoguerra, e di quella “middle class” oggi salita sul discensore? E quando non vuole difendere il ruinismo con i suoi  principi inviolabili, c’è una originalità di un partito del genere? Chi e dove sono oggi gli elettori  cattolici democratici e popolari? Il Cardinale Camillo Ruini col suo noto fiuto politico clericale dice che non esistono. Ma forse lo dice per altre ragioni. Sul versante opposto il saggio padre Bartolomeo Sorge sin dal raduno di Todi ha preso le dovute distanze. E ha recentemente difeso il pluralismo. Distinguendo il  populismo livellatore, senza corpi intermedi e con capri espiatori, dal  popolarismo. E con il suo realismo critico cristiano ha anche parlato dell’importanza dell’impegno dei cattolici in politica, ma con un “popolarismo che collabori con partner politici di diversi orientamenti culturali” .  Niente di più. Ma neanche niente di meno.

Auguri.