Turbolenza e fragilità

Giovedì, 28 Luglio, 2016

L’ultimo atto criminale si è consumato in una Chiesa. Si chiude il cerchio dell’odio verso il mondo occidentale vomitato da questa scheggia impazzita del cosiddetto Stato Islamico.

Stiamo vivendo un’epoca caratterizzata dalla fragilità, dalla turbolenza e dall’impotenza a tre livelli:

1. Nei rapporti di potere nel mondo arabo islamico, in cui l’occidente e le singole classi dirigenti europee sono impigliate come in un gioco di specchi tra interessi contrapposti il cui centro è la Siria, ma a cui si collega la situazione turca, egiziana, libica e dell’Africa sahariana.

2. Nelle situazioni economiche dei paesi europei, dove, al di là delle riprese più o meno visibili e a costi sociali enormi, sono andate in crisi le politiche di welfare di cui il maggior beneficiario era la classe media

3. Nella assoluta desertificazione della progettualità politica in assenza totale di visione.

 Siamo entrati nella crisi globale nella condizione peggiore in cui potevamo immaginare di trovarci: è cioè contemporaneità di gravi crisi ed inadeguatezza di risposte.

“Restiamo uniti non facciamo dominare l’ansia” sono gli ossessivi appelli mentre Sagunto è sola, in preda alle isterie nazionaliste.

 È ora di prendere delle decisioni politiche coraggiose!

 Se non vogliamo imbarcarci nella soluzione in questo momento apparentemente più semplice che è quella dei muri nazionalisti che ci farebbe piombare in un cupo futuro, dobbiamo riprendere con coraggio strade costruttrici di prospettiva positiva.

 La premessa è ammettere la realtà. E la realtà ci dice che rispetto alle tre aree di crisi che sono state ricordate la situazione è la seguente:

1. I paesi europei, con un approccio nazionalistico, senza andare alle cause remote, ma parlando degli avvenimenti dell’ultimo periodo dopo le cosiddette primavere arabe, hanno fallito totalmente nei confronti del mondo arabo mussulmano.

2. la politica economica europea è stata fallimentare sia dal punto di vista del superamento della crisi che nella lotta alla finanziarizzazione che è stata, assieme alla selvaggia globalizzazione, la causa vera della crisi.

3. senza una visione e una ripresa della costruzione politica europea tutte le altre ipotesi sono perdenti nel breve e nel lungo periodo avviando una decadenza inarrestabile e con essa la perdita di libertà ed autonomia.

 Quindi occorre:

 Riprendere più iniziativa politica verso il mondo arabo mussulmano, più diplomazia e politica e meno bombardamenti, per giungere all’isolamento dello stato islamico. Smettendo di utilizzare gruppi politico religiosi in funzione strumentale contro il nemico di turno.

Rilanciare lo sviluppo in Europa tramite gli investimenti e sospendere regole stupide.

 Ridare con urgenza priorità all’unificazione politica dell’Europa pensando anche a diversi livelli di integrazione nella libertà di adesione, ma nella assunzione di responsabilità e vincoli da parte di chi aderisce.

 Al mondo mussulmano che vive in Europa dobbiamo chiedere con forza e pretendere che asciughi il brodo di coltura in cui agiscono i terroristi. Non è positivo sentire direda persone che conoscevano il ragazzo di Rouen che “ce l’aveva da tempo in testa di colpire una chiesa” E’ vero nessuno lo difende, ma nessuno l’ha denunciato. Il rettore della moschea di Lione Kamel Kaptane l’ha ricordato recentemente “spetta a noi prendere le nostre responsabilità e fare pulizia, poiché non possiamo accettare che questo avvenga in nome dell’Islam”. È ora di agire!

 Lo scontro è politico economico, la religione ancora una volta è una maschera ideologica per giustificare e motivare dei disperati e fare la fortuna dei potenti. Dio in questo gioco tutto umano non c’entra.

Diversamente la religione diventa un grimaldello per aumentare lo scontro dentro e fuori la società europea. 

I cristiani non chiedono vendetta, ma si impegnano, con tutti gli uomini di buona volontà, a costruire un mondo che resti umano consapevoli come diceva Georges Bernanos, che anche “Il più miserabile degli uomini viventi, anche se non crede più di amare, conserva ancora la possibilità di amare”.