Tenersi per mano

Giovedì, 16 Luglio, 2020

Tenersi per mano….a volte può cambiare la storia sia personale che dei popoli. Sentire che il calore della mano che stringi è uguale al calore della tua mano provoca sensazioni di bene, innesca processi di riconoscimento prima impensati, avvertiti come improbabili se non impossibili. Percepire che la stretta che avvolge la tua mano ha la stessa forza di tenuta della tua stretta di mano e che da questa energia dipende la vicinanza o l’allontanamento di chi ti sta accanto, produce senso di fiducia, abbandono coraggioso nella libertà dell’altro. Se poi la stretta di mano diviene profezia di amicizia sulla soglia della storia che racconta di violenza, eccidi, persecuzioni e odio tra uomini vicini di casa eppure incitati a ritenersi nemici da colpire senza pietà, la voce della carezza, che pure quella stretta di mano reca in sé, diviene eco di speranza per i popoli che stanno a guardare: increduli, forse, eppure già in cuor loro pronti a scrostare dal cuore ragioni di ostilità che solo un gesto, un semplice gesto, una stretta di mano, dimostrano essere fatue come il passaggio luminoso di meteoriti che illuminano la notte rendendosi visibili solo ad alcuni, non a tutti. Ma la stretta di mano tra il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, e il Presidente della Repubblica Slovena, Borut Pahor, è stato gesto pubblico che ha voluto farsi vedere da tutti: sul baratro della fossa che così tante vite umane ha inghiottito senza scampo, senza pietà, senza misericordia: unico impegno ricoperto, dare la morte al “diverso” non per razza, come si potrebbe pensare, ma per nazionalità, per appartenenza ad uno Stato diverso. La “ratio” solo la vendetta per quanto subito nei giorni della Guerra: giorni di odio e di ottenebramento della ragione. Tenersi per mano reca in sé la forza evocativa dell’incontro e del riconoscimento. La stessa forza che le aspettative ed il sogno degli Anni Sessanta e Settanta dello scorso secolo sono emerse nel sentire dei giovani di tutto il mondo, soprattutto di quello Occidentale. Sergio Endrigo cantava nel 1966 “Girotondo intorno al mondo”, raccontando del sogno di tutte le ragazze del mondo strette per mano. Un inno, forse ingenuo, ma certamente sentito, di una intera generazione cha aspirava alla pace nel mondo, frutto di un impegno serio da parte di tutti: governati e popolo. L’onda lunga della “Pacem in terris” e la novità del Concilio Vaticano II facevano allora breccia nel cuore e nelle intelligenze di molti. Oggi quella eredità, ripresa con forza e coraggio da Papa Francesco nella “Laudato si”, e da quanti, politici, economisti, ambientalisti e uomini di pace e di cultura, uomini di fede, scorgono l’urgenza di una riconciliazione tra i popoli perché l’umanità si riconcili anche con il creato, si staglia con la forza della profezia sulla vita del mondo intero. Della profezia essa ha in sé tutta la fragilità della incomprensione e della non accoglienza da parte di molti, ma anche tutta la forza del monito all’ascolto, al discernimento. Due uomini, il Presidente Mattarella e il Presidente Pahor, hanno ricordato tutto questo: nella loro stretta di mano c’era, c’è ancora tutta la forza della profezia della pace, del “sentiero di Isaia” da riconoscere e percorrere, anche se ancora velato dalla sabbia dell’egoismo e dell’ingiustizia. Due uomini, uno, il Presidente Mattarella, più anziano dell’altro, portatore di una cultura, quella personalista, che privilegia e riconosce il valore della persona umana sempre comunque; che vede nel dialogo tra le persone e tra i popoli la strada maestra per la costruzione di un mondo migliore. Utopia? Scriveva La Pira che nel sogno, nell’utopia c’è il realismo più certo e concreto. Ecco in una stretta di mano, fatta sul baratro dell’orrore, c’è tutta la forza del sogno, dell’utopia e, perciò, del realismo dell’uomo di fede e del politico che sa guardare al bene, al bene di tutti e di ciascuno, alla pace, premessa e condizione necessaria per ogni sviluppo sostenibile dell’umanità intera.