Si farà il governo?

Che ho, come sempre, più dubbi che certezze. Vorrei rispetto al dialogo Pd 5 stelle, cercare di valutare la situazione con realismo e non fermarmi sull’oggi o su quello che mi bolle in pancia.

Sicuramente il presente in politica è importante ma per essere tale ha bisogno di senso storico e di scrutare ciò che può accadere nel futuro.

Non credo che sia corretto porre la questione se il Pd deve stare all’opposizione o al Governo, mi sembra una ipocrisia se non si chiarisce quello che realmente si vuole e quali obiettivi ci si pone. Non mi convince nemmeno l’idea general generica degli interessi del paese. Un Partito guarda agli interessi generali partendo dalla sua condizione di parte che intende agire come tale all’interno di un tutto quali sono gli interessi generali.

Fatte queste precisazioni mi sono posto alcune domande:

1. Può il PD, in virtù della sua fede democratica e della sua ispirazione europeista, lasciare che si realizzi una saldatura tra 5 stelle e Lega che determinerebbe il formarsi di una nuova destra che sposterebbe l’asse da una democrazia aperta a una autoritaria, come sta succedendo in paesi europei, alcuni dei quali – ironia della sorte - hanno pure vissuto per decenni in regimi dittatoriali?

2. La questione delle migrazioni che sta generando rotture sociali richiede attenzioni umane e governo e una certa prudenza di movimento se non si vogliono accentuare le fratture che di fatto renderebbero problematico ogni progetto di accoglienza. Non dimentichiamo che la Lega ha idee fondamentalmente discriminatore che finisco per creare una situazione germinativa della xenofobia e del razzismo. Lasciamo che questo accada?

3. Ci si può permettere che un sistema di Welfare come il nostro che, pur con molti limiti, si fonda sulla solidarietà e il lavoro sia incrinato da una proposta di natura assistenzialista e individualista come il reddito di cittadinanza che mortifica il lavoro e la partecipazione di tutti al bene comune?

4. Quanto siamo consapevoli che l’umanità sta correndo dei grossi rischi. Affascinati, coinvolti e condizionati dal progresso tecnologico in tutti i campi del vivere, siamo distratti da ciò che sta succedendo. Eppure stiamo ballando sui bordi di un vulcano che non sappiamo cosa erutterà. Non voglio presentare una visione apocalittica, anche perché vedo che comunque il mondo progredisce, ma quando penso a quanto sta succedendo in Siria e alla tensioni presenti in Medio Oriente, al terrorismo che ha avuto l’improntitudine di erigersi a Stato, alla guerra in Afghanistan, in Somalia, in Eritrea,  alla diffusione delle armi nucleari e chimiche, al crescere delle spese militari e ai numerosi tentativi da parte di gente disperata di solcare incurante dei pericoli il Mar Mediterraneo, mi chiedo se un paese come l’Italia che è più piccolo della più piccola provincia cinese, può da solo fare fronte a queste situazioni e alla nuova globalizzazione con un rapporto debole e contrario alla dimensione unitaria europea?

5. Ci possiamo come società permetterci che si spinga con forza l’accelerazione sulla individualizzazione delle persone, incrinare i livelli di solidarietà e di partecipazione civile che sono animati dai corpi intermedi? Sono domande che possono sembrare retoriche, ma che sono reali.  Se questo è vero il tema di fondo non è se andare al Governo o fare opposizione, ma valutare con razionalità politica i problemi che abbiamo di fronte ed essere capaci di far vedere quali sono le differenze programmatiche.

Alla mia età si può sapere che nel corso della storia repubblicana ci sono stati momenti in cui gli opposti si affiancavano senza confondersi. Sono stato tra gli entusiasti dell’idea del compromesso storico, le differenze tra PCI e DC non erano di poco conto e nemmeno banali. Da sindacalista ho fatto accordi con governi che non mi piacevano e li ho fatti per intralciare certi processi.

La vita democratica vive di contraddizioni, di confronti, di alternative e di intese che non possono essere sempre viste come compromessi e spartizione di poltrone. Vedo che questi “nuovi” della politica alle poltrone ci tengono in modo esagerato.

Non credo però che basti, anche se è un passaggio importante, la Direzione Nazionale del PD per sciogliere i nodi del presente, serve un coinvolgimento più largo che non si rivolga solo agli apparati o agli iscritti ma anche ai simpatizzanti.

Di Savino Pezzotta