Risultati elettorali del Pd e la capacità attrattiva per l’area cattolica

Domenica, 26 Giugno, 2016

Sono apparsi in questi giorni una serie di commenti ai risultati delle amministrative. Tanti interessanti, capaci di sollecitare un approfondimento, alcuni condivisibili, altri meno, ma tutti utili, anche per favorire una riflessione urgente sul PD.

Vorrei pertanto limitarmi ad aggiungere ai vari spunti di riflessione una piccola considerazione, volutamente limitata per così dire, ad un aspetto dell’attuale proposta del Pd.

Parto da una considerazione dovuta alla mia conoscenza dell'area cattolica nei vari territori: tanti giovani hanno scelto i 5stelle e, tra i loro eletti, figurano non pochi provenienti dalle fila dell'associazionismo cattolico. Persone valide, spesso assai radicate sul territorio che in più di un caso conosco personalmente.

Che dire? Vi sono aspetti positivi: l'effettivo pluralismo di un voto oggi sempre più secolarizzato, non più ideologico, consente di distribuire il consenso sulle varie offerte politiche; così come ritengo sarà positivo per l’evoluzione di quel movimento l'innesto di risorse valide e motivate.

Vi è però un interrogativo su cui vorrei fermarmi: perché non siamo stati in grado di attrarre quei consensi e quelle disponibilità all'impegno amministrativo? Alcune risposte che possiamo dare sono senz'altro legate alla situazione generale e alle dinamiche elettorali, altre ci rimandano a situazioni locali in cui, sinceramente, dovremmo riconoscere che la nostra proposta del candidato e la modalità con cui ci si è arrivati... non era certo la migliore possibile.

Forse, però, dobbiamo chiederci se la costruzione del PD, il modo in cui si è organizzato e si presenta con i suoi gruppi dirigenti, rispecchia quel pluralismo che ne ha caratterizzato il faticoso processo fondativo e che dovrebbe essere nel suo stesso dna. Ci dobbiamo chiedere se i temi e le scelte politiche del partito presentano una proposta davvero nuova e plurale capace di andare incontro al disagio sociale e in cui sia riconoscibile anche l'apporto di una cultura politica cristianamente ispirata: penso alla dimensione internazionale ed europea da rimotivare, alla visione dell’economia e dell’ambiente, al tema del welfare possibile, alle nuove prospettive di una politica di difesa, ecc.

La verifica si dovrebbe estendere anche alla formazione del gruppo dirigente: agli incarichi affidati negli organi, l’articolazione dei gruppi parlamentari, ecc.  Non si tratta di rivendicare spazi per una parte, quanto di riflettere con onestà sui ritardi, le mancanze, di quella costruzione di un partito “nuovo”, più che di un nuovo partito, che costituiva la parte più interessante e potenzialmente attrattiva del progetto Pd. In quel progetto poteva ben collocarsi l’apporto di contenuti politici ispirati dall’esperienza cristiana. Non mi riferisco, sia chiaro, ad appartenenze nominalistiche, ma alla capacità di far dialogare nella costruzione del nuovo soggetto anche un’elaborazione politica frutto della tradizione del cattolicesimo sociale e democratico, condizione importante anche se non unica, perché il Pd possa essere naturale riferimento della ricca presenza di tanti impegnati dalla parte degli “ultimi” nel variegato volontariato che si esprime nel campo educativo e culturale, come in quello sociale. La crisi strutturale, in atto da anni, ha generato istanze che chiedono risposte efficaci nella lotta alla povertà e alle disuguaglianze, è un punto su cui lavorare. Certo non l’unico, ma tra i più sensibili, basti pensare al consenso popolare che incontra il magistero di Papa Francesco.

Siamo ancora in tempo per farlo, con decisione, rendendo presenti nella proposta del PD questi contenuti; ma nell’approfondire l’analisi di questa battuta d’arresto si dovrà tener conto anche degli interrogativi posti.