Riflessione sulle prossime elezioni amministrative a Taranto

Mercoledì, 3 Maggio, 2017

Quale comunità si appresta tra poco meno di due mesi a recarsi al voto per eleggere il prossimo Sindaco? Qual è oggi l’identità condivisa dai  tarantini (se identità condivisa  esiste)? Secondo quali criteri la città deciderà per quale candidato sindaco votare? Le proposte attualmente  in campo (in funzione dei  percorsi che le hanno generate e senza fare valutazioni di merito sui nomi dei competitors) sono congrue rispetto ai bisogni attuali di Taranto o corriamo il rischio di ulteriori ennesimi errori?

Sono queste le domande a cui proviamo a fornire risposte attraverso questo scritto, senza ovviamente la pretesa di raccontare verità oggettive ma con l’unico desiderio di fornire un’ipotesi di lettura di quanto sta accadendo in queste ore nella nostra città.

Taranto è, agli occhi di tutti, il risultato di una politica di sviluppo basata su una monocoltura industriale, quella siderurgica, che ha pesantemente caratterizzato un intero territorio rendendo il processo di riconversione molto complesso non solo sul piano economico e ambientale, ma soprattutto sotto il profilo culturale, di visione e di elaborazione di un diverso modello di sviluppo che valorizzi altre risorse locali. Siamo una perfetta “one company town”, una città cioè che ha legato il suo sviluppo alla grande industria (arsenale prima, Italsider, - Ilva poi) subendo nel breve periodo crescite legate a mercati che la comunità locale non era in grado di controllare  e nel medio periodo grandissimi disagi e difficoltà sia sotto il profilo  ambientale che sotto quello  occupazionale.  Questo legame forte con la grande industria, la cultura di appalti e subappalti, lo sviluppo di assistenzialismi di vario genere, la presenza di indotti difficilmente capaci di diversificare e di relazionarsi con il mercato, una classe politica culturalmente incapace di traguardare nuovi scenari e autonomie di crescita,  ha creato una sorta di sospensione nella città di qualunque domanda su ciò che sarà: è come se per tanti anni la città avesse rinunciato ad interrogarsi e a costruire il  proprio futuro. Quindi Taranto, la città che tra  70 giorni si recherà a votare è una città dal futuro sospeso. In verità non mancano numerosi fermenti positivi, che però appaiono più figli di istanze di singoli o piccoli gruppi,  che tasselli collocati in un mosaico più ampio di programmazione condivisa. Dunque la questione reale è il futuro: Restituire Futuro e speranza ad una città in cui spesso in verità si fa fatica a fornire risposte ai bisogni dell’oggi, figurarsi pensare al domani. La Taranto che si appresta al voto è una città, ormai da tempo, svuotata di speranza. Una città che in maniera congenita ragiona più di pancia che di testa, che valorizza emotività, o qualche volta opportunismi, che insegue nuovi messia a cui consegnarsi prona, pronta  poi a rigettarli e condannarli al primo errore. Storia di sempre. La Taranto che va a votare è una città che trova identità condivise non solo nel marchio città spartana, ma soprattutto nel lamento, nella sofferenza, nell’autocommiserazione che paiono quasi unico terreno di incontro tra storie, vite e interessi spesso diversi. La Taranto che va a votare è una città senza identità certe e dal futuro sospeso.

 In molti: politici di rilevanza nazionale, mass media e anche importanti istituzioni in questa fase  mostrano attenzione (spesso in verità più declamata che reale) per la nostra città. Il governo nazionale ha istituito il tavolo per Taranto (cosiddetto tavolo cis) mettendo a sistema svariate risorse di finanziamento in verità, per la quasi totalità, già stanziate e ora accomunate in uno stesso tavolo. La stessa Regione Puglia ha licenziato nei giorni scorsi lo schema della legge speciale per Taranto frutto del lavoro del sottoscritto e di altri. Sono questi i luoghi in cui si sta provando a costruire il futuro di Taranto. Occorre però una cabina di regia, un’istituzione locale che non deleghi (come clamorosamente e inopinatamente è avvenuto  per esempio con Invitalia per la progettazione di Città Vecchia), che non sia distratta, dormiente, assente, o qualche volta addirittura ostativa, com’è successo in questi anni,  ma che sia  capace di proporre con forza le aspettative della nostra comunità. Abbiamo insomma bisogno di un sindaco e di una squadra capaci, per competenza e per senso di responsabilità, di rispondere alle esigenze dell’oggi, ma anche di traguardare in maniera concertata e condivisa il futuro. Non di simboli ma di competenze.

Avremmo sognato, e abbiamo cercato di costruire in questo periodo di grande difficoltà per la città, coesione comunitaria  e senso di responsabilità. Abbiamo lavorato finora, e lavoriamo ancora, in un’affannosa ricerca di sintesi tra i tanti candidati sindaci per attivare proposte unitarie che fossero in reale discontinuità con il passato e che valorizzassero speranza, competenza, responsabilità e onestà. La frammentazione non agevola di certo questi percorsi di cambiamento.  Abbiamo parlato di discontinuità rispetto a chi ha governato, male,  la città nel recente passato. Ma poi guardiamo al passato e pensiamo al periodo di Stefano sindaco (centro sinistra) come periodo negativo. Andando indietro pensiamo al periodo di Di Bello sindaco (centro destra) come periodo negativo e poi ancora al periodo di Cito sindaco (lista civica di destra) come periodo negativo. E allora hanno fallito tutti: il centro destra, il centro sinistra e la destra estrema. Ci chiediamo ma il problema vero di Taranto è la classe politica (sicuramente spesso inadeguata) o è forse anche una comunità (nella sua interezza)  non sempre adulta e capace di fare scelte lungimiranti ? Abbiamo il timore, e non lo neghiamo, che ancora una volta Taranto vada al voto, in un momento storico decisivo per il suo futuro, in maniera inadeguata, non preparata e sicuramente frammentata. La responsabilità di questa situazione è di tanti: a monte di agenzie educative non sempre capaci di  educare i tarantini ad una cittadinanza attiva e responsabile,  a valle di molti politici che,  per mero calcolo personale (talvolta anche per partite che con Taranto non hanno niente a che fare), hanno barattato le aspettative di cambiamento della nostra città in cambio di loro collocazioni delle loro aspettative di ruolo. Ora si tratta di scegliere se continuare a privilegiare calcoli di bassa lega o di investire in cambiamenti reali. Si tratta di scegliere se al centro c’è la necessità di fare squadra con le migliori competenze   per traguardare il futuro oppure  ci sono le ansie di protagonismo (o le collocazioni strategiche) di singoli e di gruppi. Se così fosse ciascuno si assume, davanti ai propri figli, la responsabilità delle scelte che fa.