Ridire la scelta religiosa, oggi

Martedì, 25 Giugno, 2019

1. Di fronte agli sviluppi della situazione politica ed ecclesiale c’è chi ritiene che la scelta religiosa [d’ora in poi s.r.] abbia fatto il suo tempo (se mai sia stata “cosa buona”) ed occorra andare ad un suo superamento. Che ne pensa?

Certo la s.r. ha accompagnato la formazione giovanile mia e di tanti attuali responsabili di AC. Però non interessa “difendere” quella scelta per nostalgia o per affetto, ma considerarne il valore e la fecondità per l’oggi e per il prossimo tratto di strada. E’ essenziale ribadire lo stretto rapporto tra rinnovamento del Concilio e scelta religiosa. Senza l’orientamento impresso dal Vaticano II, tale scelta religiosa non si sarebbe potuta facilmente concretizzare nella vita dell’Azione Cattolica, a cominciare dall’elaborazione del nuovo Statuto del 1969, né avrebbe potuto essere assunta -pur con molte incertezze- dalla stessa Chiesa italiana.

 

2.  Quindi una scelta ancora valida ?

Richiamare questo rapporto stretto e vitale tra Concilio e scelta religiosa (dell’AC e della Chiesa in Italia) non basta. Proprio in vista del prossimo anniversario del nuovo statuto dell’AC, si tratta di “ridire” oggi la scelta religiosa, considerando i cambiamenti avvenuti e i problemi – in parte nuovi – che la comunità ecclesiale e civile (e l’AC in essa) si trova ad affrontare. Mi pare che la scelta religiosa oggi sia una scelta non di “conservazione” di un “clima post- conciliare”, bensì una scelta “strategica” che guarda al futuro con  consapevolezza, quindi con preoccupazione e con fiducia.  

 

3. Cos’è cambiato rispetto agli anni del Concilio in cui nasce la scelta religiosa dell’AC ?

Non vi è più un collateralismo tra DC “partito di ispirazione cristiana” e associazionismo cattolico (in particolare proprio dell’AC). All’epoca si trattava di distinguere tra fede e politica, approdando ad un “legittimo pluralismo”, fin’allora considerato come pericoloso. Si trattava, più profondamente,  di non usare il potere per l’evangelizzazione. E di riconoscere la distinzione tra fede e politica, l’autonomia di quest’ultima, ponendo le basi per il superamento di una visione integralistica del rapporto fede/politica.

 

4. E oggi ?  La fine del collateralismo, della stessa DC e dei tentativi di ricostituirla, non rendono sorpassata la s.r.?

Non c’è più il problema di un compatto e dichiarato collateralismo, però vi sono tentativi di collateralismo in un contesto pluralistico, ossia di un uso (talora reciproco) del rapporto fede-politica tra chiesa e forze politiche. E’ ricorrente la tentazione di usare la religione a scopi politici e - viceversa - di usare il poter politico per sostenere gli interessi della chiesa.

 

5. Ma i cattolici si sono ormai svincolati dall’obbedienza ai pronunciamenti della gerarchia, che da anni sembra evitare interventi diretti nelle elezioni

Si registra una forte laicizzazione del modo di intendere la politica da parte di tanti cattolici, per cui il giudizio politico (ed il voto) non pare più raccordarsi con il magistero della chiesa e con i valori di fondo del cristianesimo; pur considerando che questa sorta di “emancipazione” dei cattolici italiani abbia anche risvolti positivi, in sé marca uno scollamento rispetto ad una storicizzazione autentica del magistero e la subordinazione di molti cattolici (anche sacerdoti e religiosi) alla mentalità diffusa (su questioni chiave come il lavoro, il senso della comunità, il rapporto diritti/doveri, i rapporti con le altre religioni e con la diversità, l’Europa, il valore della democrazia). I recenti risultati elettorali lo confermano in pieno: non pochi cattolici hanno votato Lega, nonostante i proclami di Salvini siano in palese contrasto con gli orientamenti del Papa, di gran parte dei vescovi e dell’associazionismo cattolico.

 

6. Non si tratta di una novità particolare …

In parte è una vicenda già vista, ma forse non in questa misura. Ma c’è anche qualcosa di diverso: alcune forze politiche (in particolare Lega, FdI e alcuni gruppi dell’estrema destra) hanno assunto un ruolo più diretto nella dinamica politico-ecclesiale, non solo con inediti richiami alla devozione religiosa e alle forme del tradizionalismo cattolico, ma anche con interventi volti a dividere “popolo” da “gerarchia” (riproducendo in ambito ecclesiale la contrapposizione – fasulla – tra “popolo” ed “elite”).

 

7. Ma allora perché la s.r. sarebbe utile oggi ?  Non sarebbe meglio dare un’indicazione chiara, vista anche la confusione e l’ignoranza diffuse ?

Certo occorre riprendere a offrire criteri di giudizio, superando forme di neutralità che sfiorano l’indifferenza. Ma resta il problema di non usare il potere politico per l’evangelizzazione; peraltro tale linea è da alcuni serenamente teorizzata e si collega al filone dei c.d. “atei devoti”, per i quali il cristianesimo assume la natura di “religione civile”, funzionale a ribadire i valori dell’Occidente, specie in funzione antislamica.

 

8. A che si deve questa scissione tra valori cristiani e scelte elettorali ? 

I fattori sono diversi, da un lato dipende dal rapporto che ciascuno ha con la politica (quanto la considera, quanto la capisce, quanto e come ne è informato), dall’altro dipende dal rapporto che ciascuno ha con la fede, la religione, la chiesa (quanto ne è coinvolto, che immagine di Dio ha, quanto ne sa, in che modo è inserito nella comunità, …). In alcuni affiora anche un fastidio o un imbarazzo quando si cerca di porre in relazione la fede alla politica. Ma più in generale pesa il nodo di una cultura dominata dell’individualismo, quale positiva conquista del valore del singolo e della libertà personale e di coscienza. Spesso ciò finisce però per orientare una mentalità per cui il singolo mira a sganciarsi della dinamica comune; il che rischia di tradursi nella pericolosa illusione di “poter fare e vivere da soli”. Il venir meno del valore della comunità si collega con l’indebolirsi di elaborazioni politiche di tipo progettuale (o comunque con il loro scarso apprezzamento, se non addirittura con la incapacità di comprendere una visione ulteriore all’immediato). Ciò non è estraneo a espressioni di voto fortemente influenzate dalle sensazioni momentanee, da paure, da convinzioni non radicate (spesso generate da manipolazioni mediatiche e riprodotte superficialmente). Ciò genera un’oscillazione rapida e massiccia nelle scelte di voto (o nell’astensionismo, che resta una responsabilità assai grave per un cittadino).

 

9. L’azione culturale è quindi la strada per agire su questa scissione ?

Certo, senza dimenticare la formazione spirituale. Ma anche senza illuderci, perché l’azione culturale deve misurarsi con la tendenza alla semplificazione e ad una comunicazione rapida quanto superficiale. Inoltre, è pur vero che  “non abbiamo tutte le parole” per questo nostro tempo così in trasformazione. C’è quindi la necessità di interrogarci sulla ricerca di parole significative ed efficaci per il prossimo futuro. Ma è anche opportuno porre qualche punto di riferimento solido, per non farci trascinare dalla confusione “che tutto confonde” (e che è speculare alla pretesa di “avere tutte le risposte”).

Nel contempo l’azione educativa non può limitarsi alla trasmissione di contenuti politici, ma deve passare attraverso esperienze vitali che aiutino le persone a vivere i valori della partecipazione e della responsabilità, a cogliere il valore esistenziale di principi e regole democratiche, a sperimentare percorsi condivisi con altri, a provare la possibilità di cooperare e la complessità di progettare, di individuare soluzioni, di operare concretamente in situazioni reali. Per questo l’esperienza dell’associazionismo religioso e civile, del sindacato, dei partiti svolge un ruolo decisivo.

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D.10.  Come allora è possibile ridire oggi la scelta religiosa  ?

Anzitutto è un modo alternativo di concepire il potere politico, come servizio al bene comune e non  come sostegno e strumento per la difesa/propagazione della fede e della chiesa (o della sua “messa in sicurezza” di fronte alla crisi religiosa e di appartenenza ecclesiale). Ciò implica fare  i conti con i rischi di una “privatizzazione” della fede (magari in chiave devozionale e intimistica) e di una “pubblicizzazione” della chiesa; un rapporto che una sana scelta religiosa dovrebbe aiutarci a ribaltare.

In secondo luogo, la s.r. significa ricostruire un rapporto corretto e fecondo tra valori/magistero e capacità di giudizio/scelta politica:  stante la distinzione tra religioso e politico e stante il valore dell’autonomia della politica, essa si definisce non come indipendenza rispetto ai valori religiosi e morali, ma come ricerca del bene comune possibile, come tensione verso quell’”ordinare il mondo secondo Dio” indicato dal Concilio.

Da qui la visione della laicità cristiana nella politica e nell’economia, secondo la “distinzione” indicata da Lazzati (di perdurante ed esigente attualità), della moralità della politica e dell’economia, a maggior ragione di fronte ai molteplici fenomeni di corruzione e illegalità, di diseguaglianze e sfruttamenti, ma anche –positivamente- rispetto alle indicazioni dell’ “economia civile” e dei processi di integrazione politica tra stati, come l’UE.

Ridire la s.r. significa assumere il riferimento ai principi costituzionali come criteri di base per il giudizio politico su progetti e leggi (sia sul progetto generale di società che su temi specifici), principi comuni e da condividersi con tutti i cittadini, a prescindere dalle convinzioni religiose.

 

D.11. Che rapporto ha la s.r. con la vita concreta del cristiano ?

Essa è orientamento e “anima” di una formazione cristiana alla vita sociale (dei laici ma anche - e urgentemente -  dei sacerdoti e religiosi) riferita in modo esplicito al magistero della chiesa (ed in particolare alle encicliche di Francesco) e capace di aver cura di una crescita spirituale “incarnata”  nel nostro tempo e nella nostra storia. Sanare la separazione tra la dimensione del rapporto con Dio e quella del rapporto con i fratelli porta a misurarsi con il complesso ma essenziale rapporto con la società e la politica. C’è una valenza sociale e politica della parabole del buon Samaritano, che non può essere ridotta alla –pur necessaria e ineludibile– solidarietà interpersonale. Da qui il costruttivo inserimento in tali dimensioni del cristiano, chiamato “in questo tempo e in questa storia” a dare testimonianza, sotto la propria personale responsabilità, in partiti, sindacati, associazioni,…. .rivalutando il ruolo dei corpi intermedi, a cominciare dalla famiglia.

Ciò rinvia alla riscoperta - di estrema necessità – della dimensione comunitaria della vita, del senso di appartenenza alla comunità sociale e civile, del significato fondamentale della cittadinanza, del principio del “bene comune”, delle “virtù civili” ed in particolare del valore della democrazia, del conseguente significato dell’impegno politico, e del modo di intenderlo come forma-  tra le più alte - di carità.

 

D.12. Tutto questo non appare affatto facile per il singolo cristiano e  per tante comunità cristiane locali “al lumicino” o concentrate esclusivamente sulla dimensione liturgico-sacramentale … Quale servizio è chiamata a svolgere l’AC ?

Occorre aver chiaro che è necessario un raccordo tra valore profondo della scelta religiosa (scelta interiore prima ancora che “operativa”) e dimensione della “organizzazione” del laicato cattolico. Ciò è decisivo in questo tempo segnato da una frammentazione che finisce per spingere nell’isolamento e nell’insignificanza il contributo “associato” che l’apostolato laicale può e deve ancora e di nuovo offrire. Se ciò vale sul piano ecclesiale (e va nuovamente riproposto con chiarezza a vescovi e sacerdoti, oltre che agli stessi laici), ha un rilievo anche sul piano civile; infatti, il ruolo dell’associazionismo cattolico si innesta anche sul valore costituzionale dei corpi intermedi, quali soggetti essenziali per la crescita della coscienza politica delle persone e della progettualità sociale.

La testimonianza del cristiano ed in particolare del laico di Ac che deve fare i conti con la crisi della democrazia e contribuire – attraverso le professioni, l’educazione familiare, la formazione scolastica e come associazione di AC – ad una ripresa di educazione popolare sui temi civili, sul rapporto tra dimensione sociale e dimensione politica, sul rapporto tra singoli temi (famiglia, clima, …) e progetto di società, sul recupero della memoria storica. Questo richiede un più forte inserimento dei temi civili e socio-politici nella dinamica formativa dell’associazione e nei percorsi/ alleanze educative con altri soggetti ecclesiali e civili.