Referendum sulle trivelle: la necessità di sensibilizzare su questo tema

In vista del Referendum che si svolgerà domenica 17 aprile, proviamo ad offrire qualche elemento che aiuti ad orientarsi.

L'appuntamento referendario, infatti, può divenire una occasione di crescita, di approfondimento, di confronto e di scelta, evitando scontri ideologici o posizioni strumentali.

Il referendum sul periodo di esercizio di un'attività industriale estrattiva può diventare un'utile occasione per sensibilizzare su un tema di grande attualità e non, come si è rischiato, il terreno di scontro tra poteri. È la prima volta nella storia repubblicana infatti che il referendum è stato promosso da alcune regioni. Forse anche come tentativo di condizionare la riforma costituzionale che nel titolo V prevede un ridimensionamento dell’autonomia regionale là dove è preminente l’interesse nazionale.

Nel merito occorre premettere che il passaggio alle energie rinnovabili non solo è opportuno, ma è doveroso. Occorre, quindi, rafforzare e sostenere gli sforzi del Governo e del Parlamento in questa direzione. Dalla ricerca scientifica a quella applicata, dagli investimenti industriali alle agevolazioni per gli utilizzatori.

 Ma, venendo al referendum, cosa siamo invitati a scegliere?

 Il quesito che troveremo sulla scheda è:

Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?

Proviamo a riflettere sulle ragioni e le conseguenze dei "sì" e dei "no".

La norma della Legge di Stabilità, di cui i promotori chiedono l'abrogazione, fissa la durata delle concessioni off-shore, situate a 12 miglia dalla costa, a 30 anni, prorogabile però per una o più volte per un periodo di dieci anni se il giacimento dovesse risultare ancora coltivabile. Nel caso prevalgano i «sì», le attività, invece, dovranno interrompersi alla scadenza della concessione trentennale. Nel caso di vittoria dei «no» oppure di mancato raggiungimento del quorum (corrispondente alla metà più uno dei cittadini aventi diritto al voto) tutto resterà com'è ora.

Va anche detto che in ogni caso il referendum non prevede l'immediata cessazione di estrazione di idrocarburi dalle piattaforme marine. In caso di vittoria dei «sì» gli impianti proseguiranno infatti la propria attività fino alla scadenza trentennale della concessione: la prima trivella - come è stato notato - si fermerà nel 2018, l’ultima nel 2034.

Anche il rilascio di nuove concessioni, già vietate dal “Codice dell’Ambiente” in vigore dal 2006, non sarà inibito dal risultato referendario, così come all'interno delle concessioni già rilasciate, potranno essere installate nuove piattaforme e scavati nuovi pozzi, fino allo scadere della concessione stessa.

Nell'insieme una situazione piuttosto intricata su cui dovrà inevitabilmente intervenire il legislatore e su cui, forse, sarebbe stato più opportuno un intervento che evitasse il referendum e i suoi costi.  Dobbiamo augurarci che, nel caso il quorum sia raggiunto, il risultato costituisca una utile indicazione per il legislatore.

Si può anche notare che la modifica che si vuole ostacolare, “fino all’esaurimento del giacimento”, è comunque prevista nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Allo stesso modo si può notare come il proseguimento di questa attività non sia in contrasto con le politiche di diversificazione energetiche e delle energie alternative.

La quota di gas e petrolio che questi impianti producono, inoltre, piccola o grande che sia, venendo meno, dovrà essere integrata da altre importazioni dall’estero.

In questi ultimi giorni, anche a seguito di una risposta data ad un giornalista dal presidente della Corte costituzionale, si è acceso un dibattito, nel quale sono intervenuti vari giuristi, per sostenere che il voto non è "obbligatorio", e che è legittimo anche astenersi e non partecipare. Discussione interessante sul piano giuridico che comunque non contrasta con una visione di senso civico che ritiene opportuno non rinunciare all’esercizio del voto.

D'altra parte la conflittualità di competenze tra Stato e Regioni su un tema così importante, e i diversi orientamenti in materia energetica, fanno intuire la difficoltà della politica di trovare soluzioni equilibrate e giuste, le quali, infatti, hanno portato alla consultazione referendaria.

Queste sono le ragioni per cui diventa difficile esprimere una posizione che tenga conto della realtà dei fatti senza, per questo, essere acquiescente verso la realtà presente. E' motivo di rimpianto il fatto che in questo, come in molti altri casi simili, si sia rinunciato, da parte dei protagonisti, a cercare una posizione di conciliazione tra le diverse esigenze dell'economia e dell'ambiente, affidando all'impreciso strumento referendario il compito di tracciare una linea, che forse avrebbe avuto bisogno di un più attento lavoro di cesello. Per questo, più che dare indicazioni di voto, ci pare di poter dire che, al di là della partecipazione e dell'esito del referendum, permane comunque la necessità di operare nell'ambito parlamentare per elaborare una o più proposte di legge. Ciò che ci preme maggiormente è richiamare l'attenzione sulla tematica referendaria, nella consapevolezza che la tutela dell’ambiente passa attraverso una sempre più vasta sensibilizzazione dell’opinione pubblica, così come attraverso sagge e lungimiranti scelte di politica ambientale ed economica, sollecitate peraltro da Papa Francesco nella Laudato si, dove si invita la comunità degli uomini ad andare verso una “conversione ecologica integrale” (n. 107).

Come Associazione che agisce nel campo della politica, ci sentiamo impegnati ad una più efficace azione affinché tutte le istituzioni, ad ogni livello, mettano in atto buone pratiche orientate a uno sviluppo sostenibile per la tutela della casa comune che abitiamo e che dobbiamo conservare per le generazioni che verranno.

 

Roma, 14 aprile 2016

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Data: 
Venerdì, 15 Aprile, 2016